Pubblicato
IN DIES il 12/01/2025
Chi ha vinti a Gaza
Giovanni De sio Cesari
A Gaza è stata concordata una tregua che appare comunque molto
fragile perché intesa diversamente dai due contendenti. Da una
parte, HAMAS vorrebbe che fosse il preludio a una cessazione delle
ostilità con l’implicito riconoscimento del suo ruolo nella lotta
contro Israele (e quindi una sua vittoria), dall’altra Israele, e
soprattutto i suoi estremisti religiosi, la vedono come una semplice
tregua per salvare gli ostaggi ancora in vita, scaduta la quale le
ostilità riprenderanno fino alla distruzione di HAMAS.
La domanda essenziale allora è questa: chi ha vinto a
Gaza, HAMAS o Israele?
Non è facile dirlo: se la vittoria in un conflitto significa che una
delle parti ha raggiunto il fine, vediamo quali siano stati in
questi terribili 500 giorni i fini che si riprometteva ciascuna
delle parti.
Da parte di Israele
Lo scopo delle azioni belliche è stato sempre
l’annientamento di HAMAS, autrice del terribile 7 ottobre,
assicurando così la sicurezza di Israele.
Spesso si dice che non vi sia proporzione fra le vittime israeliane
e quelle palestinesi. Ma allora gli israeliani, in risposta al 7
ottobre, avrebbero dovuto prendere a caso 1.200 palestinesi,
assassinarli, decapitare i bambini, violentare orribilmente le donne
prima di ucciderle, prendere alcune centinaia di ostaggi.
Chiaramente è un’assurdità. L’azione israeliana non vuole essere una
vendetta, ma un mezzo di dissuasione perché non si ripeta: mostrare
che il tentativo di distruggere Israele da parte di HAMAS porta solo
disastri per quelli che lo tentano e quindi annientare HAMAS.
Ma questo non è successo. HAMAS, sia pure decapitata
e decimata, continua ad avere l’appoggio della popolazione malgrado
la immane tragedia che si è abbattuta su di essa. Ma il problema è
capire chi sia il responsabile.
Se le città della Germania e del Giappone furono spianate dai
bombardamenti alleati nella II G.M., diamo la colpa agli Alleati o
ai governi di quei Paesi che scatenarono il conflitto? e,
soprattutto, quando la sconfitta ormai era inevitabile, continuarono
per due anni ancora provocando la maggior parte delle vittime?
La colpa viene addossata a quei governi e, infatti, la loro visione
politica è praticamente sparita dal mondo (tranne qualche
irrilevante eccezione).
HAMAS non dovrebbe nemmeno arrendersi: basterebbe
passare il governo a quello più moderato di Abu Mazen e tutto
sarebbe finito. Ma essi hanno continuato a resistere e la gente non
si è affatto ribellata a essi.
Si dice spesso che i responsabili siano solo i terroristi di HAMAS e
che i palestinesi sarebbero solo delle vittime innocenti, ma vediamo
un po’ i fatti.
Nella Palestina araba si sono tenute una sola volta le elezioni. L’ANP
era in maggioranza, ma a Gaza si affermò HAMAS. Le due zone si
divisero allora, e da Gaza i rappresentanti dell’ANP furono gettati
dalle terrazze. Da allora HAMAS ha governato in modo incontrastato
Gaza, con il favore generale, mentre l’ANP rimase piuttosto
impopolare in Cisgiordania. Gli occidentali, però, riconobbero come
governo l’ANP e dichiararono HAMAS un’organizzazione terroristica.
Lo strano risultato è che, poiché HAMAS sono
terroristi (come le Brigate Rosse), allora solo i suoi membri sono
responsabili delle sue azioni. Nel caso del 7 ottobre, le azioni
contro Gaza sarebbero come se si bombardassero i quartieri dove si
nascondevano le Brigate Rosse: si dice che i gazawi non c’entrano
niente.
Invece si tratta di una guerra scatenata da Gaza, guidata dal
governo incontrastato di HAMAS, così come la Germania scatenò,
guidata da Hitler, la Seconda Guerra Mondiale.
Non è che gli alleati andassero a bombardare i nazisti (cosa
impossibile, tra l’altro), ma colpirono la Germania.
Non si ha nessuna notizia di una Gaza che si ribelli ad HAMAS, ma
sembra che lo sostenga, anche nella estrema rovina in cui si trova.
Tuttavia si può pure pensare che, passato l’impatto della battaglia, i palestinesi di Gaza, di fronte all’immenso disastro subito, possano man mano abbandonare quell’ideologia di HAMAS e aprirsi a un dialogo che riconosca Israele: non lo sappiamo, solo il tempo potrà dircelo. Sarebbe una vittoria di Israele.
Comunque ora gli israeliani non hanno raggiunto il
proprio fine: HAMAS continua a controllare Gaza, con essa Israele ha
dovuto trattare per riavere quello che resta dei propri cittadini
presi in ostaggio, ha dovuto liberare un numero altissimo di
condannati dalle sue carceri.
Per questo gli estremisti religiosi si sono ritirati dal governo e
comunque si chiede che si tratti solo di una tregua per liberare gli
ostaggi e che allo scadere di essa la guerra riprenderà ancora, come
prima e più di prima.
Da parte di HAMAS
Se Israele non è riuscita a eliminare HAMAS, questa
allora si proclama vincitrice: ha resistito per 500 giorni
all’invasione israeliana.
Tuttavia il prezzo pagato è stato immenso. Sarebbero morti 60.000
persone, forse, tutto il territorio è stato devastato, distrutte le
abitazioni, la sua gente ha sofferto la fame, la sete, la mancanza
di ogni cosa, soprattutto il terrore della morte che viene dal cielo
senza possibilità di scampo.
Come mai hanno allora potuto resistere tanto?
Bisogna comprendere la mentalità che guida HAMAS e tutti quelli che
la seguono. Per noi occidentali, la questione palestinese è
semplicemente una piccola striscia di territorio occupata dagli
ebrei, ma per gli arabi è una guerra metafisica fra i credenti e i
miscredenti, fra il bene e il male, che non potrà non finire con la
vittoria: non contano le armi ma solo la volontà di Allah il
misericordioso che darà la vittoria quando giudicherà degni della
vittoria i credenti. E comunque tutti quelli che trovano la morte in
questa guerra santa godranno immediatamente delle beatitudini del
paradiso.
Non crediamo che il controllo completo e indiscusso
di HAMAS su Gaza sia imposto con la forza. Diciamo che, come per
tutti i regimi illiberali (dal fascismo al maoismo), se manca la
libertà di espressione, le masse si convincono di quello che dice
chi ha il potere di parlare.
Come diceva Goebbels: una sciocchezza ripetuta all’infinito diventa
una verità (e lo stesso Goebbels ne rimase vittima).
Se però guardiamo al fine generale che HAMAS si riprometteva, scatenare cioè una guerra grande e generale di tutti gli arabi contro Israele e giungere quindi al suo annientamento, vediamo che questo fine non solo non si è affatto conseguito ma nemmeno avvicinato, anzi diremmo quanto mai allontanato. Già, infatti, in questa guerra tutti i governi arabi sunniti non hanno fatto proprio nulla per aiutarli, guardando forse agli Accordi di Abramo con il riconoscimento di Israele.
HAMAS è stata sostenuta solo dagli iraniani e loro proxy come Hezbollah, Houthi siriani, ma forse per motivi propri di contrasto ai sunniti. La possibilità poi di una distruzione di Israele appare sempre più una chimera del tutto irrealistica.
Per noi Occidentali
Noi vediamo la questione da altri punti di vista: non
conta la battaglia di Gaza in sé ma le prospettive delle due parti.
Israele può resistere perché noi occidentali non possiamo certo
ammettere la distruzione di Israele, con una seconda shoah. Tuttavia
nello stesso tempo l’Occidente impedisce poi agli israeliani di
conseguire una vittoria definitiva come quella sulla Germania, che
ha estirpato le idee naziste dalla storia.
Sembra paradossale che Gaza sia mantenuta dagli aiuti occidentali e
difesa dalla estrema rovina dalla coscienza occidentale, e che pure
quelli ci considerino come i loro nemici.
La nostra critica fondamentale a Israele è la mancanza di un chiaro
piano israeliano. Occorre offrire agli arabi un’alternativa ad HAMAS
che non può che essere quella dei due stati che tutto il mondo
richiede: senza di esso HAMAS resta a Gaza e continuerà prima o dopo
ad attaccare Israele. Tanti morti per nulla allora.
HAMAS comunque non ha nessuna prospettiva di poter
annientare Israele.
Il punto essenziale di tutta la questione a noi pare proprio il
riconoscimento pieno e sincero di Israele da parte araba. Senza di
esso si ripeteranno conflitti e i palestinesi, più deboli,
passeranno da catastrofe in catastrofe, così come è avvenuto da 75
anni.