INDUISMO
Giovanni De Sio Cesari
Si da comunemente il nome di induismo alla tradizione religiosa propria dell’India: Il temine fu coniato nell’800 dagli Occidentali e indica più che un credo religioso definito, una serie di culti e credenze originari dell’india che possono essere molti diversi. Se facciamo un confronto con le tre altre religioni più diffuse la mondo, cristianesimo, islam e buddismo notiamo caratteristiche proprie e peculiari. E’ l’unica che non ha un fondatore storico: le sue origini si perdono nell’antichità remota. E’ l’unica che non ha carattere apostolico: induista si nasce non si diventa (come per l’ebraismo), non vi sono quindi missionari o proselitismo. Tuttavia credenze e filosofie ispirate all’Induismo sono abbastanza diffuse e conosciute in Occidente nel quale, quindi vi sono persone che vi aderiscono sia pure in modo piuttosto vago e problematico. Mantiene una effettiva diffusione popolare al pari dell’islam mentre solo una parte di quelli che si dichiarano cristiani o buddisti sono poi effettivamente credenti e praticanti (forse un 20% per ambedue le religioni). Condivide, quindi, con l’Islam anche punte e gruppi di integralisti fanatici: I recenti atti di terrorismo hanno messo in primo piano i gruppi islamici ma anche in india non mancano fondamentalisti e fanatici. Sono frequenti le persecuzioni contro i convertiti al cristianesimo in tutta l’india con disordini, assalti e chiese e comunità cristiane, assassini fatto che però poca risonanza hanno sui media occidentali. Nella grande varietà dei gruppi e delle credenze possiamo tuttavia individuare due elementi comuni che ci sembrano caratterizzare l’induismo: il panteismo e le caste.
PANTEISMO
Nel pensiero religioso occidentale noi siamo abituati a pensare che Dio sia ben distinto dalle creature e che lo spirito sia distinto dal corpo (materia): anzi la nostra religione si fonda propria su queste distinzioni mentre il pensiero ateo risolve tutto nella materia Nell’induismo invece troviamo quello che noi definiremmo un panteismo assoluto che nega ogni differenza sostanziale fra Dio e la natura, fra spirito e materia. Centrale allora è la credenza nel Brahman (da non confondere con il dio Brhama): essa sarebbe la forza che tutto pervade, che tutto regge e che si manifesta come materia e spirito, come dei e come uomini. Il tutto quindi è mosso da una ferrea legge immanente del divenire che tutto crea e tutto dissolve in cicli che possono essere brevi o lunghissimi anche di milioni di anni. Gli dei differiscono dagli uomini e dalle creature terrene perchè la loro vita è molto più lunga ma anche essi come gli uomini sono soggetti al divenire e alla fine del ciclo cosmico saranno dissolti nel Brahman. Il panteon indiano è molto vasto e comprende un numero pressoché infinito di divinità che vengono cantate negli antichi poemi indu (i Veda): Visnu. Kali, Siva, Brahama e infinite altri. Ogni cosa ha una anima : le anime quindi vagano nel cosmo secondo una legge naturale: le anime degli uomini alla morte possono incarnarsi in altri uomini o anche in animali: possono andare anche in luoghi di delizie ( paradisi) e di tormenti ( inferni) ma sempre per un tempo determinato alla fine del quale dovranno reincarnarsi. Quindi le azioni buone e cattive sono sempre ricompensate: non c’è, però, un atto volontario, un giudizio divino ( come per noi) ma solo una legge naturale oggettiva come quella che fa affondare o galleggiare i corpi nell’acqua. Chiaramente le anime non sono propriamente immortali perchè tutto poi torna al Brahman cosi come gli dei. Da queste credenza nasce pure il rispetto per gli animali, talvolta per alcuni animali ( mucche o scimmie) che, a preferenza, ospiterebbero anime degli uomini o anche per tutti gli esseri viventi di qualunque genere perche tutti comunque dotati di anime. Una caratteristica figura dell’induismo è il sadhu” (santone) una mistico che cerca direttamente di attingere al Brahman, all’essenza divina. Si tratta di uomini (le donne sono escluse) attualmente valutati ad alcuni milioni, che lasciano la famiglia e ogni altro bene , si dedicano ad attività di meditazioni, di preghiera,di concentrazione a volte anche singolari come resistere al dolore, al fuoco alla fame e sete: in questi casi vengono definiti anche “fachiri” secondo un termine islamico che significa “pezzente” I sadhu vagano per le vie dell’India devotamente assistiti dalla popolazione, nel rispetto generale.
CASTE
Su questo insieme di credenze si fonda l’ordinamento sociale tradizionale delle caste. A differenza delle altre grandi religioni che proclamano la uguaglianza di tutti gli uomini, gli induisti invece ritengono che esistono diversi gruppi ereditari di uomini situati in una gerarchia sociale: il sistema delle caste. Storicamente,si ritiene, la caste sono nate dalle invasioni degli indo europei (arii) nel secondo millennio avanti cristo che conquistarono l’India sottomettendo (o mescolandosi) ai primitivi abitatori di stirpe dravidica (dalla pelle scura) Si costituirono cosi delle comunità gerarchicamente disposte che attendevano a compiti diversi( sacerdoti, guerrieri, commercianti, artigiani ,contadini) Al di fuori di esse ci sono gli intoccabili, i paria, gli ultimi della terra i quali sono impuri quindi non possono avere rapporti con gli altri senza trasmettere la loro impurità: vengono emarginati e costretti ai lavori impuri, degradanti. Il sistema a un certo punto si connette con le credenze induiste. Si ritiene infatti che l’anima si reincarni secondo una legge di compensazione in base al male o al bene che ha compiuto. Quindi una anima si incarnerà in un paria se avrà commesso delle azioni orribili e si incarnerà in una classe superiore se avrà ben meritato. Questo significa che anche le caste inferiori accettano il sistema sperando che se si comporteranno adeguatamente nella prossima vita potranno reincarnarsi in una casta superiore. La credenza ampiamente diffusa e condivisa ha reso l’India un paese particolarmente stabile in cui le masse non sperano nelle rivoluzioni violente ( come in Europa o in Cina) ma nella prossima vita. Dopo l’influenza occidentale del colonialismo britannico l’India ha cercato di superare questa antica credenza. Gandhi parlò dei paria come harijans (figli di Dio) e si batte per il supermento delle differenze sociali. Alla proclamazione dell’indipendenza il sistema delle caste è stato abolito legalmente in tutta l’India. Tuttavia esso continua ad avere effetti: la gente comune nei villaggi nell’India profonda continua a crederci, gli intoccabili restano pur sempre ai margini nella vita. Dal punto di vista giuridico si è creato tutta una legislazione sociale compensativa che intende favorire le caste inferiori e i paria definititi “dalit” ( oppressi): l’effetto è che ad avvantaggiarsene sono le caste inferiori e quindi il sistema paradossalmente viene mantenuto in piedi proprio dagli appartenenti alle caste più basse che possono cosi godere di vantaggi non marginali.