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03.08.2008 L’aria di
Pechino di Giovanni De Sio
Cesari
Alla morte di Mao, Pechino era una immensa distesa di
casupole in vicoli maleodoranti, senza servizi igienici, nelle quali
si soffriva il freddo (-15 d’inverno) e il caldo (+40 d'estate), in
cui l'unico mezzo di trasporto erano le biciclette. Allora
chiaramente non c'era inquinamento.
Ora gli hutong (i vicoli)
sono rimasti solo in qualche zona per attrazione turistica: i
turisti ci passano con pittoreschi riscio e dei figuranti (pagati
dall'ente turismo) li invitano a entrare per raccontare la vita di
un tempo.
La gente invece abita nei grattacieli (appartamenti
dignitosi, niente lussi) ma tutti hanno l'aria condizionata mentre
le strade sono percorse da un fiume ininterrotto di macchine ed è
possibile attraversarle solo con degli appositi ponti
pedonali. Dappertutto poi spuntano immensi complessi industriali.
A questo si aggiunge che, per motivi naturali, la nebbia è
molto comune.
Per tutti questi motivi Pechino è perennemente
sotto una cappa di smog: solo la pioggia, che cade comunque a
catinelle in questa stagione, pulisce l’aria e rende la città
visibile e vivibile.
In occasione dei giochi olimpici le
autorità hanno fermato molte industrie, limitato il traffico con
tutte le spese, i danni, che tali provvedimenti comportano.
Tuttavia non pare che tali provvedimenti siano ancora
sufficienti: la speranza maggiore rimane pur sempre nelle abbondanti
precipitazioni che non dovrebbero mancare.
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