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30.11.2008 Mumbai: un “11
settembre”? di Giovanni De Sio
Cesari
In una città sconvolta dagli avvenimenti si contano i
morti e si cerca di capire cosa è accaduto e perché e come è potuto
accadere. E’ presto per dare una risposta che forse non sarà mai
completa, come in genere avviene in questi avvenimenti.
Tuttavia c’è un interrogativo che dall’India rimbalza in
tutto il mondo: i fatti tragici di Mumbai sono assimilabili a quelli
dell’11 settembre a New York?
Più che dare una risposta
possiamo fare delle riflessioni in proposito.
Innanzi tutto
non si tratta di un FATTO ISOLATO come non fu fatto isolato l’11
settembre: gli attentati in India negli ultimi anni hanno avuto un
crescendo con episodi che hanno avuto anche un maggiore numero di
vittime: la spettacolarità degli avvenimenti di Mumbai ha posto il
problema all’attenzione pubblica mondiale, che non aveva percepito
la gravità degli attentati precedenti: questo probabilmente era il
fine proprio degli attentatori.
Dal punto di vista del
PASSATO STORICO noi tendiamo a pensare che l’avversario dell’ Islam
sia stato il mondo cristiano ma in realtà l’Islam si è confrontato
con ancora maggiore asprezza con l’ induismo. Le invasioni islamiche
si sono riversate in India per mille anni: come i mussulmani del
medio oriente sono in realtà i discendenti dei cristiani, cosi
quelli indiani sono i discendenti degli induisti.
Il dominio
inglese si instaurò proprio in seguito alle lotte fra mussulmani e
induisti che avevano portata l’India allo stremo. La dominazione
degli inglesi si mantenne per circa due secoli quasi pacificamente
perché essi non essendo né musulmani né induisti potevano
agevolmente mantenere la pace religiosa che infatti non fu rotta per
quasi due secoli
Nella STORIA RECENTE Il conflitto riesplose
infatti proprio con la fine dell’impero britannico. Il movimento di
Gandhi si opponeva a qualunque partizione fra induisti e mussulmani.
Si formò però una “lega musulmana” sotto la guida di Mohammad Ali
Jinnah che pretese invece la divisione in due stati distinti: la
Unione Indiana e il Pakistan (paesi dei puri). Era il fallimento di
tutta l’opera di Gandhi che infatti si rifiutò di festeggiare
l’indipendenza, fece ogni sforzo per scongiurare la tragedia e finì
egli stesso vittima di un estremista induista che gli rimproverava
di proteggere i mussulmani, i nemici di sempre, gli invasori, gli
oppressori.
La divisione innescò un tragico scontro fra indù
e mussulmani, con una tragica pulizia etnica che costò, forse, un
milione di vittime.
Nel Pakistan occidentale restavano
pochissimi induisti mentre il loro numero era più consistente nel
Pakistan orientale (attualmente Bangladsh), valutato intorno al 15%.
Ma in India restava invece una comunità vastissima di
mussulmani, attualmente valutata in circa 150 milioni che fa sì che
l’India, paradossalmente, possa considerarsi il più grande paese
mussulmano del mondo.
Nasceva poi la disputa del Kashmir
rivendicato da entrambe le nazioni: nel 1949 la regione fu spartita
fra Pakistan e India ma la questione si trascina senza una soluzione
soddisfacente per i mussulmani ed è stata fino ad ora causa di
sanguinosi scontri guerriglie e repressioni.
Nel 1971 nel
Bengala orientale mussulmano scoppiò una ribellione: l’India la
appoggiò, ne conseguì una guerra indo pakistana vinta facilmente
dall’India e si formò lo stato del Bangladesh.
Le relazioni
fra i due stati sono state sempre difficili e ambedue i paesi benché
poveri e sottosviluppati si dotarono di armamenti atomici: per
ragioni geopolitiche gli Americani appoggiarono il Pakistan, alleato
in funzione antisovietica mentre l’India, per riflesso, guardava
piuttosto a Mosca.
NEL MONDO D’OGGI l’India ha seguito
sostanzialmente, anche se non senza contraddizione, la via della
democrazia e attualmente può considerasi la più popolosa democrazia
del mondo. Tutto il paese ha seguito poi modelli occidentali: la
lunga dominazione inglese non ha lasciati forti risentimenti:
l’India è il paese ex coloniale che non ha il complesso del
“colonialismo” e ne discute con pacatezza soppesandone i vantaggi e
gli svantaggi.
In Pakistan invece la democrazia è rimasta
solo allo stato formale e non ha mai messo veramente radici, come in
nessun paese mussulmano, d'altronde ha messo invece fortemente
radici il fondamentalismo islamico: dal Pakistan più ancora che dal
Medio Oriente arabo vengono le spinte più forti: in Pakistan sono
cresciuti poi servizi segreti inclini profondamente al
fondamentalismo che il potere legale non è assolutamente in grado di
controllare.
Come è noto i talebani furono creati da servizi
pakistani, reclutando gli studenti afgani delle scuole coraniche
(talebani, in lingua locale) e anche attualmente essi trovano aiuto
ed assistenza nelle zone tribali di confine nelle quali pare
nascondersi lo stesso bin Laden.
CON LA GLOBALIZZAZIONE negli
ultimi anni l’India ha cominciato uno spettacolare sviluppo
economico di poco inferiore a quello cinese del quale però le
minoranze islamiche sono generalmente meno partecipi. A differenza
della Cina, che resta comunque sempre un mondo a parte, l’India
tende sempre più integrarsi nel mondo occidentale del quale ha
persino in comune la lingua degli scambi cioè l’inglese che è la
lingua di tutti gli indiani con un minimo di cultura.
Agli
occhi dei fondamentalisti islamici l’India assume tutte quelle
caratteristiche che attribuiscono agli occidentali; diventa al pari
degli americani il grande satana come si espresse Khomeini.
Ad esempio a Mombai vi è la cosi detta Bollywood cioè la
produzione di film che hanno grande successo anche nel Medio Oriente
islamico: si tratta di storie sentimentali che per noi occidentali
sono molto castigate, diremmo quasi edificanti, ma che per
l’estremismo islamico sono immorali, minano la purezza del credo
islamico.
Mumbai diventa allora la New York dell’India.
Colpirla con attacchi spettacolari ha lo stesso significato di
quello dell’ 11 settembre: la lotta dei credenti contro i
miscredenti cioè del bene contro il male, la grande battaglia finale
di Armageddon: ogni fine particolare diventa secondario,
irrilevante.
Non siamo cioè più al terrorismo che persegue
un qualche fine particolare come ad esempio la liberazione del
Kashmir ma è semplicemente la lotta a satana: da qui una lunga
sequela di attentati che negli ultimi anni hanno insanguinato
l’India e che non sembrano avere uno scopo, un significato per chi
non penetra quel particolarissimo mondo culturale che sta alla base
del fondamentalismo islamico, dei cosi detti Jihadisti.
Il
risorgere dell’intolleranza e del fondamentalismo islamico ha
riacceso i contrasti con l’induismo che sembravano sopiti: ma come
insegna la storia i contrasti possono sempre risorgere, anche a
distanze di secoli di pacifica
convivenza.
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