Cina: la maledizione del nascere donna
Nella Cina tradizionale nascere donna era una maledizione: si dovettero addirittura promulgare leggi che vietassero ai mariti di picchiare le proprie mogli che partorissero delle femmine perché anche questo avveniva.
Nei ceti più poveri e nei tempi di carestia, le bambine venivano addirittura abbandonate e lasciate morire. Perchè mai?
In realtà anche nella nostra civiltà la nascita di un maschio era nel passato cosa più gradita dei quella di una femmina tanto che un tempo si diceva agli sposi “auguri e figli maschi”.
Il figlio maschio infatti veniva considerato come il continuatore della famiglia, poteva lavorare e produrre mentre la femmina veniva vista come un debito perche ad essa bisognava accordare una congrua dote.
Tuttavia da noi vi era una preferenza per il figlio maschio ma la figlia femmina non era certo una maledizione: si faceva feste per tutte e due.
La differenza nasceva dalla diversità di struttura della famiglia cinese rispetto a quella europea. La famiglia cinese aveva una struttura patriarcale molto più accentuata che la nostra nella quale invece la coppia aveva sempre un suo riconoscimento e una sua autonomia. La donna cinese, nel momento in cui si sposava perdeva praticamente quasi ogni rapporto con la sua famiglia di origine: questa pertanto aveva il compito di allevarla fino a all’età del matrimonio dopo di che la perdeva quasi completamente. La donna produceva allora, soprattutto i figli, ma per un’altra famiglia e i suoi genitori una volta diventati anziani non potevano sperare di essere da lei assistiti. La donna entrava invece pienamente nella famiglia dello sposo e quindi diveniva soggetta non solo e non tanto al marito ma anche e soprattutto ai suoceri.
Si capisce facilmente come le suocere in particolare fossero incline a trattare duramente le nuore con le quali non vi era nessun legame di affetto naturale, un po’ per la naturale gelosia di mamme e poi soprattutto facevano pagare alle giovani nuore tutto quello che esse avevano dovuto sopportare, quando a loro volta, erano state giovani spose: una specie di girone infernale quindi in cui si diventava prima vittime e poi carnefici.
Nelle famiglie occidentali invece la donna, anche se prende il nome del marito e lo continua nei suoi figli, non perde affatto il rapporto con la famiglia di origine che si mantiene sempre vivo. I rapporti fra nonni e nipoti sono identici sia per via parte femminile che maschile. La cura dei genitori anziani ricade soprattutto sulle figlie e solo indirettamente sulle nuore. Verso i suoceri è previsto un generico rispetto come a persona più anziana ma nessuna subordinazione anzi le nuore fanno subito sentire che le suocere debbono “farsi i fatti loro”. Spesso anche in modo piuttosto rude.
Nel presente, in Cina le vecchie tradizioni sono state sradicate. Il comunismo soprattutto ha lottato tenacemente e con successo per inserire le donne nel lavoro e nella politica a parità con l’uomo. Attualmente in Cina le donne possono ricoprire ogni ruolo e lavorano praticamente tutte come gli uomini in ciò favorite dalla prescrizione del figlio unico. Sono ora i nonni, materni o paterni senza distinzione, a prendersi carico dell’allevamento dei nipoti, come avviene un po’ dappertutto nella società moderna.
Tuttavia la preferenza per il figlio maschio resta sempre forte in Cina: la politica del figlio unico impedisce alle coppie che abbiano avuto una femmina di poter pensare di avere anche un maschio. Questo fatto fa sì che, a volte, nel momento in cui una coppia conosce attraverso la ecografia di aspettare una femmina ricorra all’aborto. Sarebbe proibito per legge comunicare ai genitori il sesso del nascituro: ma chiaramente è una prescrizione poco realistica.
Il risultato è che in Cina il numero dei maschi supera abbondantemente quelle delle femmine: a un certo punto i giovani cinesi non troveranno più mogli e bisognerà quindi “importarle” dai paesi limitrofi più poveri del sud est asiatico.
Il fenomeno è già cominciato e presumibilmente si amplierà sempre di più.