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07.07.2009 Xinjiang;le
autorità cinesi accusano Rebiya Kadeer di Giovanni De Sio Cesari
La stampa cinese accusa oggi Rebiya Kadeer, la leader
del Movimento Uighura Mondiale, di aver preparato e diretto i
disordini dall’estero, dall’America ,dove si trova in
esilio
Donna uighura di umili origini, Rebiya Kadeer divenne
in breve una affermata donna di affari dopo il 1980 quando, cioè, la
Cina, abbandonando il maoismo, iniziò il cammino delle riforme
economiche sotto la guida di Deng Xiaoping
Rebiya Kadeer
riesce cosi a far parte dell’Assemblea della Consulta del Popolo
Cinese. Denuncia però gli abusi, la repressione culturale, politica
e poliziesca in atto nel Xinjiang :per questo viene arrestata nel
1999 e condannata per attività antipatriottiche. Nel 2005 viene
rilasciata dalle autorità cinesi su pressione americana.
Ora
le autorità cinesi la accusano di aver programmato e diretto i
disordini ma ella a quanto pare, nega ogni partecipazione.
In
realtà le autorità cinesi sono impensierite più dal movimento di
Rebiya Kadeer che dai fondamentalisti islamici. Rebiya infatti,
definita nella sua biografia come la “guerriera gentile” è molto
simile, come figura al Dalai Lama, in grado quindi di catture le
simpatie occidentali e mondiali mentre i fondamentalisti sono
riguardati universalmente con avversione e paura. Il “Quotidiano del
popolo”, quindi, assimila nella stessa condanna, sia Rebiya Kadeer
che il Dalai Lama ambedue accusati di avere le mani macchiate di
sangue mentre, a parole, predicano la non violenza e la moderazione.
In realtà la situazione del Tibet e dello Xinjiang è molto
simile, sotto molti aspetti: in ambedue i casi sono territori
periferici dell’antico impero cinese resisi indipendente nel 1909 e
poi rientrati nello compagine cinese nel 1949. In tutte e due i
casi, più ancora che il dominio cinese, il problema è dato
dall’immigrazione cinese in quei paesi che, data la piccolissima
consistenza dei due gruppi, minaccia di renderli minoranze nelle
loro terre .
Tuttavia il Dalai Lama ha fama internazionale da
sempre, la cultura tibetana è un vero mito in tutto il mondo: invece
quasi nessuno conosce questo oscuro popolo degli Uighuri e il fatto
che siano mussulmani li rende sospetti di fondamentalismo islamico.
Da quanto trapela dalla strettissima censura cinese si è
trattato più che di una sollevazione popolare contro il governo
cinese, di uno scontro etnico fra Uighuri e Han che è sfuggito di
mano alle autorità.
Il numero dei morti, 156, a quanto
annunciato, pare troppo alto per uno scontro tra forze dell’ordine e
dimostranti: pare più plausibile che si è trattato invece di scontri
generalizzati fra le due comunità. D’altra parte anche in Tibet pare
che la maggior parte delle vittime fosse dovuto allo scontro fra le
etnie più che a interventi delle forze dell’ordine
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