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08.06.2009 Libano:
elezioni e profughi palestinesi di Giovanni De Sio Cesari
I risultati delle votazioni in Libano hanno visto
un certo successo della linea che può definirsi filo occidentale
rispetto a quella che fa capo alla Siria e all’Iran .
Ma la
situazione in Libano non cambia sostanzialmente: ogni gruppo etnico
religioso mantiene la sua autonomia e, soprattutto, le sue milizie
armate mentre il governo ha un potere più simbolico che reale.
Un problema cruciale del Libano è quello dei profughi
palestinesi che sono circa 400.000 e che costituiscono circa il 10
per cento della popolazione. Naturalmente non ha partecipato alle
elezioni e rimane sempre al margine della vita civile ed economica
del paese e anche per questo costituisce un potenziale
destabilizzante come recentemente si è evidenziato: tra maggio e
settembre del 2007, il campo di Nahr al-Bared è stato teatro di un
violento conflitto tra il radicale Fatah al-Islam (vicino ad Al
Qaeda) e l’esercito libanese che vi operò una sanguinosa
repressione, con l’approvazione implicita di tutte le fazioni
libanesi.
Tuttavia, Nahr al-Bared era un'eccezione alla
regola: tutti i grandi campi profughi rientrano nell'ambito delle
sfere di influenza di Fatah, Hamas e altri gruppi minori, pure essi
in contrasto spesso armati.
La presenza di armati
palestinesi sul suolo libanese è una potenziale fonte di instabilità
ma, d’altra parte, nel paese tutti i gruppi sono armati.
Di
tutti i profughi palestinesi nel mondo arabo, coloro che hanno preso
rifugio in Libano hanno sofferto di più e vivono nelle peggiori
condizioni, in povertà assoluta, del tutto dipendenti dagli aiuti
internazionali.
Infatti i palestinesi rifugiati in Siria o
in Giordania, pur non godendo della pienezza della cittadinanza,
tuttavia hanno accesso al mercato del lavoro, al sistema educativo e
sanitario mentre quelli del Libano non possono praticamente uscire
dai loro campi strettamente sorvegliati e sono esclusi drasticamente
da tutto; sono vietate loro anche l’esercizio di 70
professioni(recentemente ridotte a 20) fra cui medico avvocato,
ingegnere ed è perfino proibito loro di leggere, in pubblico, i
giornali.
I maggiori sostenitori della causa palestinese
sono attualmente gli sciiti (hezbollah) ma i rifugiati palestinesi,
però, per la quasi totalità, sono sunniti. Quindi il loro
inserimento nella complicata compagine libanese altererebbe gli
equilibri a sfavore degli sciiti: nel paese non vi è stato alcun
censimento ufficiale dal 1932 che potrebbe determinare il numero di
cristiani e musulmani delle varie confessioni per non alterare quel
delicato equilibrio.
Gli sciiti quindi si oppongono a ogni
inserimento, ufficialmente con la motivazione che esso indebolirebbe
la lotta di liberazione della Palestina. D’altra parte l’OLP ha
sempre rifiutato la integrazione dei Palestinesi nei paesi arabi
perché, in questo modo, in pratica non avrebbe più senso la lotta di
liberazione.
Tuttavia, il futuro dei profughi palestinesi in
Libano sarà tra i primi punti all'ordine del giorno del nuovo
parlamento del Libano.
Il Sabra Shatila Fondation, con
l’appoggio di organizzazioni dei diritti umani e di parlamentari
libanesi presenterà un progetto di legge in Parlamento che intende
"cancellare, in una votazione, decenni di illegale e immorale
trattamento di oltre il 10 per cento della popolazione del Libano ".
Il testo recita: ".. tutti i profughi palestinesi in Libano
devono immediatamente acquisire, ricevere e godere della piena
fiducia e di credito di tutti i diritti civili libanesi ad eccezione
della cittadinanza o naturalizzazione."
L'alternativa non
può che significare che i campi profughi del Libano saranno sempre
un focolaio di ulteriore frustrazione per i loro abitanti, e
potrebbe rivelarsi un terreno fertile per l'estremismo futuro.
Ma il problema ci richiama quello più vasto di una accordo
generale per risolvere la questione
palestinese.
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Nella
foto da al Jazeera: la desolazione di un campo in Libano
vedi anche :
http://www.giovannidesio.it/brevi/hezboallah.htm
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