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06.02.2009
Violenze in Pakistan
di Giovanni De Sio Cesari
Peshawar, ieri, giovedì 5 febbraio, un sanguinoso attentato si è
verificato nella moschea sciita di Dera Ghazi Khan, in Pakistan: una
bomba è stata fatta esplodere in mezzo a una processione di fedeli
provocando la morte di 30 persone e un numero imprecisato di feriti.
Si parla di un attentato suicida ma non è stato trovato il corpo
dell’attentatore: le autorità hanno sospeso l’intero corpo di polizia
del luogo per negligenza. Non si sa con esattezza chi siano gli autori
dell’attentato da nessuno rivendicato ma nessun dubbio che vanno
ricercati nell’ambito delle tensioni religiose fra la maggioranza
sunnita e la minoranza sunnita (circa il 20 % della popolazione).
Ma la vera notizia importante è che questa non è una notizia: in altri
paesi del mondo un fatto del genere sconvolgerebbe l’opinione pubblica
nazionale e internazionale: pensate se in Italia scoppiasse una bomba
fra i pellegrini di Padre Pio o di Pompei. Ma una bomba in Pakistan
pare routine comune: la violenza politica religiosa semina morti
ovunque, a caso, nei mercati come nei luoghi di culto.
Il governo pare del tutto impotente a frenare la deriva, l’esercito che
ha veramente il potere, appare diviso e partecipa esso stesso ai
conflitti interni. La situazione non è molto diversa da quella
dell’Iraq o dell’Afganistan con la differenza essenziale che il
Pakistan non è un piccolo paese marginale ma un gigante con 160 milioni
di abitanti e con armamento nucleare.
In India dopo l’attentato di Mumbai c’è chi chiede addirittura lo
smembramento del Pakistan: ma una cosa del genere sarebbe un vero
disastro per la stabilità internazionale.
Nella foto, tratta da “The frontier post “ quotidiano di Peschawar: dimostrazioni islamiste
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