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13.01.2009 Cinesi in Sudan
per peacekeeping di Giovanni De
Sio Cesari
Nyala, capitale del Darfur del sud, 12 gennaio
2009. E’ ripartito verso la Cina il primo gruppo del contingente di
genieri cinesi delle forze di peacekeeping che erano nel paese dal
novembre 2007. Un aereo speciale aveva portato domenica i primi 160
soldati cinesi del secondo contingente per sostituirli.
Il
18 ottobre erano stati rapiti nove tecnici cinesi e due autisti
sudanesi nella zona di Kordofan attigua quella del Darfur dove
infuria la guerra fra le etnie; 5 di essi sono stati uccisi e degli
altri non si hanno notizie.
I rapitori richiedono un accordo
per partecipare ai grossi proventi per lo sfruttamento dei ricchi
giacimenti di petrolio. Attualmente opera nella zona una ditta
statale cinese che si avvale della partecipazione anche di imprese
dell’India e della Malaysia.
Per la situazione nel Darfur è
stato messo un embargo internazionale al Sudan ma ad esso non
aderisce la Cina (assieme ad altre nazioni fra cui la Russia): i
ribelli accusano la Cina quindi di aiutare il governo di Kartum
considerato responsabile del genocidio nel Darfur anche con
fornitura di armi. Già nei mesi precedenti si erano avuti attacchi
alle istallazioni e erano stati rapiti 4 dipendenti indiani poi
rilasciati.
La Cina persegue in tutta l’Africa una politica
economica aggressiva per accaparrare le risorse in competizione con
le società occidentali.
Essa si presenta politicamente come
una nazione non colonialista, proclama invece una solidarietà con
quelle popolazioni affermando che intende instaurare rapporti
paritari vantaggiosi per tutte e due le parti: il termine comune
cinese è “win win” che significa metà e metà (fitty-fifty come si
dice in inglese).
In realtà i cinesi non hanno preclusioni
ideologiche, non richiedono diritti umani, non si immischiano negli
affari locali, non hanno insomma le “ubbie” dell’opinione pubblica
occidentale.
Nel Sudan, quindi isolato a livello
internazionale, la Cina non pone problemi ed è diventato il primo
partner commerciale e si avvia ad esserlo anche in altri paesi
dell’area.
La concorrenza cinese all’Occidente non è più
solo nei mercati di importazione ma anche nell’acquisto di materie
prime. Ed è, in tutte e due i casi, una concorrenza molto
temibile.
Foto Xinhua: soldati cinesi nel deserto
del Sudan
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