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12.12.2008 Mumbai: non era
facile prevenire l'attacco
di
Giovanni De Sio Cesari
Nuova Delhi, 11 novembre: il primo
ministro indiano, Manmohan Singh, ha difeso il governo dall’accusa
di non essere stato in grado di prevenire i devastanti attacchi a
Mumbai: ha comunque ammesso l’ impreparazione dell’India a gestire
adeguatamente questo genere di assalti. Come primo passo il governo
indiano ha deciso di affidare alla marina militare il compito di
sorveglianza delle coste: dal mare infatti sono giunti i terroristi.
Il primo ministro, comunque, ha ribadito che il terrorismo
può essere efficacemente combattuto e sconfitto solo dall’ azione
comune di tutti gli stati: “la volontà politica della comunità
internazionale si deve tradurre in azione concreta ed efficace“, ha
dichiarato.
Ma effettivamente sarebbe stato possibile
prevenire l’azione terroristica di Mumbai? E’ corsa voce che alle
autorità indiane fossero giunte molte segnalazioni e che esse furono
ignorate.
In effetti bisogna, però, tener conto che di
segnalazioni ne arrivano sempre tante e quasi tutte infondate: solo
dopo gli avvenimenti si può riconoscere che alcune di esse, fra il
mare di fasulle, erano invece vere.
Gli ambienti
dell’estremismo jihadisti sono particolarmente difficili da indagare
e controllare: infatti e’ praticamente impossibile infiltrare agenti
che sarebbero facilmente riconosciuti se non veramente animati dallo
zelo religioso. Soprattutto però il jhadismo non è un fenomeno
organizzato gerarchicamente come lo era il comunismo ai tempi di
Stalin ma semi-spontaneo come lo fu l'anarchia nell' 800 in
Occidente: piccoli gruppi si formano per un’ azione e poi svaniscono
per riformarsi altrove.
Il richiamo ad al Qaeda è solo un
modo occidentale di inquadrare gli avvenimenti: non esistono
gerarchie, nè bin Laden è veramente a capo di una vera
organizzazione: il richiamo dei terroristi ad al Qaeda, quando c’è,
ed è molto raro che ci sia, è da intendersi semplicemente in senso
ideologico e non operativo.
Per altro è vero che iniziative
come quelle di Mumbai non sono azioni improvvisate come poteva
essere quello degli attentati alla metropolitana di Londra: per
l’impresa di Mumbai occorre ottimo addestramento, pianificazione
accurata e conoscenza approfondita del campo di azione e anche delle
fonti finanziarie.
Ma questi elementi si trovano sparsi
comunemente non solo nell’area mediorientale ma anche in Occidente
ed è su questi che bisogna concentrare la lotta.
Se non è
possibile prevenire il singolo attacco, è però possibile “asciugare
il mare” in cui i jihadisti si muovono. Occorre quindi
monitorare innanzitutto le fonti finanziare più o meno occulte,
quegli ambienti che forniscono il supporto diretto, quelle zone
grigie che forniscono una complicità generica passiva, quelle
complicità da parte di organi statali che tollerano spazi liberi per
addestramenti attualmente diffuse nel Pakistan (ma non solo nel
Pakistan).
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