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27.11.2008 Terrorismo a
Mumbai di Giovanni De Sio
Cesari
Mumbai (India): alle 22 locali di ieri, 26 novembre
2008, improvvisamente sono stati lanciati attacchi terroristici
simultanei contro stazioni ferroviarie, aeroporti, ospedali, un
centro ebraico e alcuni lussuosi hotel (l’Oberoi e il Taj Palace),
questi ultimi con l’evidente scopo di colpire gli occidentali, 40
dei quali, fra cui pare alcuni Italiani, sono stati presi in
ostaggio.
Fra i primi a cadere è stato lo stesso capo
dell’antiterrorismo indiano, Hemant Karkare, e numerosi poliziotti.
Dopo il primo momento di sorpresa, l'esercito e le forze
speciali hanno reagito. E’ stata fatta irruzione negli hotel,
devastati dalle esplosioni, liberando gli ostaggi ed eliminando i
terroristi.
Le televisioni indiane hanno trasmesso immagini
di scontri armati, fiamme e morti per le strade.
Il bilancio
delle vittime pare di oltre 100 morti e 250 feriti.
La
rivendicazione degli attentati è stata fatta da un gruppo che si
autodefinisce “Mujaheddin del Deccan” (regione dell’india) la sigla
però è poco importante. In realtà i gruppi terroristici si formano
per le singole operazioni per poi dissolversi: ma se è difficile
stabilire la effettiva identità degli attentatori, nessun dubbio che
si tratti della galassia delle organizzazioni terroristiche di
matrice islamica che noi, comunemente, in Occidente, riferiamo ad Al
Qaeda: in realtà si tratta di gruppi sempre momentanei che traggono
solo ispirazione dal più famoso Osama Bin Laden: una specie di
franchising, come è stato detto.
Altri sanguinosi e
devastanti attentati si erano avuti in India negli ultimi anni: il
più grave due anni fa proprio a Mumbai, alle ferrovie cittadine, che
provocarono circa 200 vittime ed oltre 800 feriti, un altro a
Vanarasi, sede di un famoso tempio indù, e l’ultimo a Nuova Delhi
nello scorso settembre.
Analogamente a quanto avvenuto in
Occidente per l’11 settembre e per Atocha in Spagna, non vi sono
vere e proprie rivendicazioni e nemmeno richieste precise.
E’ vero che in India vi è sempre il problema del Kashmir mai
risolto definitivamente: ma gli attacchi terroristici sembrano avere
un orizzonte più vasto e indefinito.
Più che un fine preciso
intenderebbero creare una situazione di tensione e di guerra che
favorirebbe, per riflesso, l’integralismo islamico: è la stessa
tattica usata per l’Occidente: più che colpire l’America o l’India i
terroristi, che chiamano se stessi “el alayum”, cioe i veri
islamici, vorrebbero imporre ai propri correligionari un islam
“puro” come quello delle origini (salafita).
Il pericolo è
che gli elementi indù possano accettare la sfida e attaccare a loro
volta le comunità islamiche presenti in India che contano 200
milioni di individui con effetti destabilizzanti per l’India e per
il mondo intero.
Per scongiurare tanta catastrofe le
autorità religiose e civili delle due comunità in India fanno ogni
sforzo per condannare le violenze.
Dopo gli attentati ai
treni del 2006 fu proprio il presidente dell'Unione islamica
indiana, Abdul Kalam, a guidare la popolazione nella commemorazione
nelle stazioni colpite dai terroristi, mentre, con suggestiva
cerimonia, le sirene sparse per tutta la città, tutte insieme,
suonavano in una città in totale silenzio.
Dopo l’attentato a
Varanasi, città sacra degli indù, la madrassa (scuola islamica)
della regione ha lanciato una fatwa (sentenza islamica) contro "i
terroristi ed i militanti in generale" che usano come bersaglio "i
luoghi santi dell'India e la sua popolazione innocente” facendo
presente che “non vi è posto per il terrorismo nell'Islam e chi
uccide anche una sola persona, compie un peccato grave esattamente
come lo sterminio dell'umanità intera".
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