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02.11.2008
Le stragi del Congo
di Giovanni De Sio Cesari

Gran parte del territorio del nord del Kivu (Congo) è al centro di una battaglia fra i ribelli tutsi del generale Nkunda e governativi per il controllo del capoluogo, Goma.

I campi profughi sono stati assaltati, saccheggiati, dati alle fiamme: centinaia di migliaia di profughi in preda al panico sono alla ricerca disperata di un rifugio. In realtà i soldati regolari dell’esercito congolese (come i ribelli, d’altronde) sono masse disordinate che entrate nei villaggi, hanno saccheggiato tutto quello che trovavano, hanno sparato, ucciso, mutilato, violentato. e poi, anche per nascondere le prove di tante violenze, hanno appiccato il fuoco e distrutto tutto.

Si tratta comunque di notizie difficili da verificare: voci, testimonianze agghiaccianti ma poche fonti dirette e controllabili

Tutto avviene poi nella indifferenza quasi generale della opinione pubblica mondiale in quanto non vi sono dispute ideologiche e politiche alle quali appassionarsi ma solo drammi che si ripetono con una terribile e monotona frequenza.

In Congo è già operativa dal 2000 una missione Onu di peacekeeping, formata da oltre 16.000 effettivi provenienti da 49 paesi ma che appaiono impotenti: il comandante generale lo spagnol, Vicente Diaz de Villegas, dopo due mesi dalla nomina, si è dimesso il 27 ottobre per mancanza di mezzi e truppe sufficienti: in realtà. come in tante altre operazioni precedenti ( in Jugoslavia, ad esempio), non si tratta di truppe pronte effettivamente al combattimento e quindi la loro opera dipende dal benestare dei contendenti.

La proposta francese di inviare sul posto un contingente europeo è stata accolta con freddezza sia dai governi interessati (Ruanda e Congo) che dagli europei poco desiderosi di infilarsi in una situazione di cui è difficile sottovalutare la pericolosità, specie dopo le vicende poco rassicuranti del Medio Oriente (Afganistan e Iraq)

Ma a parte i fatti immediati esaminiamo brevemente quel che succede dietro ad essi.

Il centro dell’Africa è scosso da lotte tribali acuite a loro volta soprattutto dagli interessi economici dei paesi industrializzati. Vi sono immense risorse economiche minerali: ogni gruppo tribale e soprattutto ogni dittatore o semplice capo banda che riesce a manovrarle riesce a impossessarsene per venderle, o meglio a svenderle. alle holding occidentali alle quali si sono aggiunti negli ultimi anni anche i cinesi che mostrano ancor meno scrupoli: ad esempio Knuda chiede tra l’altro la revoca degli accordi stipulati con Pechino dal governo che affidano a ditte cinesi ingenti concessioni di sfruttamento minerario in cambio di infrastrutture per il valore di miliardi di dollari.

Se in Occidente si pagano le tangenti, in Africa si versano direttamente le somme nella tasca dei governanti come è avvenuto per Mobutu, il maggiore responsabile del disastro in cui è precipitato il Congo.

Passando in particolare al presente conflitto esso trae origine sempre dal più terribile scontro tribale della recente storia africana: quello tra Hutu e Tutsi, del 1994 quando in soli 100 giorni gli Hutu uccisero forse un milione di Tutsi prima che le milizie di questa etnia guidate da Paul Kagame riprendessero il sopravvento.

Alcuni milioni di Hutu, allora, si riversarono in Congo per sottrarsi alla vendetta Tutsi : trovarono però ad attenderli altre popolazioni Tutsi che risiedevano in Congo.

Scoppiò quindi una guerra civile nella quale Laurent Désiré Kabila a capo di milizie tutsi abbattè il regime del dittatore Mobutu: il conflitto si concluse ufficialmente con gli accordi di pace del 2003, ma, soprattutto nell’est, non si è mai smesso di combattere, neanche dopo le elezioni generali del 2006 che hanno confermato alla guida del paese Joseph Kabila, nel frattempo succeduto al padre assassinato nel 2001.

I “signori della guerra” continuano a lottare per il controllo di immense risorse naturali sulle quali in questi anni hanno messo le mani anche i paesi confinanti .

Dal 1998 a oggi si stima che in Congo la guerra ha ucciso non meno di quattro milioni di civili ma nessuno, in realtà, è in grado di contarli effettivamente.

Gli avvenimenti odierni sono dovuti alla guerra civile fra i ribelli del Cndp, guidati dal generale dissidente Nkunda, che affermano di agire per difendere la comunità tutsi, e le forze governative congolesi, accusate di collaborare coi miliziani hutu.

Ma forse non bisogna fare troppo attenzione alle sigle e ai comunicati: in realtà la lotta è sempre per accaparrarsi le risorse minerali, che, per i paesi che le posseggono senza avere la capacità di gestirle, diventano una vera propria maledizione.


















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