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25.10.2008 Il premio
Sakarov a Hu Jia di Giovanni De Sio Cesari
Il 23 ottobre il Parlamento europeo ha attribuito il
Premio Sakharov, per la libertà di pensiero, al dissidente cinese Hu
Jia, che era stato anche proposto qualche settima prima per Nobel
della pace e nel 2007 incluso dal settimanale Time tra le 100
personalità più influenti del mondo.
Con il premio sono
stati anche assegnati 50 mila dollari, ma si teme che le autorità
cinesi blocchino la somma.
Hu, 34 anni, è noto nel Paese e
nel mondo per le sue battaglie per i diritti civili: in particolare
a favore dei malati di Aids, per la libertà religiosa nel Paese ( Hu
è cristiano), per una revisione della situazione del Tibet e
soprattutto per avere criticato il governo per le violazioni di
diritti commesse durante l’organizzazione delle Olimpiadi quali lo
sfratto coatto di interi quartieri e l’arresto illegale di chi
presentava al governo petizioni di protesta.
Hu Jia è stato
arrestato varie volte: attualmente si trova in carcere dal 27
dicembre 2007, condannato a tre anni e mezzo per “sovversione contro
lo Stato" per aver partecipato, nel novembre del 2007, con una
webcam ad una conferenza organizzata a Bruxelles dal Parlamento
Europeo, nella quale aveva denunciato le violazioni dei diritti
umani in Cina.
Anche la moglie Zeng Jinyan 24 anni,
professoressa di inglese, si trova agli arresti domiciliari con la
sua bimba di due anni e mezzo, che, di fatto, rimane anche lei agli
arresti non potendo uscire di casa. La donna viene aiutata
materialmente da vicini compassionevoli, sul suo blog è stato
pubblicato un lungo articolo dal titolo :”Per favore, ditemi: è un
verdetto giusto?.”
Le autorità cinesi si sono mostrate
estremamente contrariate per l’assegnazione del premio e minacciano
velatamente ritorsioni affermando che una simile scelta potrebbe
“danneggiare le relazioni con la comunità europea”. Parlano anche di
una “grossolana interferenza negli affari interni della Cina con la
premiazione di un criminale detenuto, senza considerare le nostre
ripetute proteste”.
La persecuzione di cui è oggetto
Hu Jia non è un fatto isolato nella Cina di oggi ed appare
gravissima secondo la sensibilità delle democrazie occidentali.
Tuttavia bisogna vederle anche nell’orizzonte storico e
culturale cinese. La repressione del dissenso in Cina viene
perseguita, comunque, in modo moderato, morbido e non sopprime del
tutto la sua stessa esistenza come il caso, appunto di Hu, dimostra.
Nulla di paragonabile a quanto avveniva ai tempi di Mao quando la
repressione feroce e spietata si poteva abbattere inesorabile su
chiunque, e nessuno, a nessuno livello, in nessuna situazione, ne
era al sicuro: una cappa di terrore che avvolgeva tutta la Cina.
Basta pensare a coloro che, credendo al discorso di Mao detto dei “
cento fiori” del 1956, avanzarono critiche e sparirono in mezzo
milione, si calcola, nei Laogai (letteralmente:” rieducazione con il
lavoro”, in realtà :campi di lavori forzati) e solo dopo venti anni
i superstiti riemersero alla morte di Mao, oppure al milione di
guardie rosse che non si resero conto che il vento era cambiato e
furono inviate in zone remote e inospitali “per imparare dal popolo
“ ma in realtà a morire di stenti.
Quella Cina terribile non
esiste più ma la democrazia e i diritti umani restano lontani dalla
realtà cinese. La scelta antidemocratica è stata fatta nei giorni
drammatici di Tian an men: fu proprio Deng Xiaoping ,il creatore
della Cina moderna, a volere ostinatamente la repressione quando
invece la dirigenza del partito era divisa e inclinava per un
accoglimento delle richieste degli studenti fra i quali scendeva
Zhao Ziyang, il successore designato alla direzione, e prorompeva in
lacrime (non è sconveniente per un cinese). In quella occasione le
truppe di Pechino inviate a sedare le proteste di fatto rifiutarono
di usare la forza: fu necessario far venire da regioni lontane
reparti di soldati che non parlavano la lingua di Pechino perché si
giungesse alla repressione armata nella quale morirono centinaia di
persone (centinaia, comunque non milioni, come nelle repressioni
maoiste)
In seguito, però, mentre la Russia crollava in un
baratro economico e politico dal quale solo ora pare riprendersi, la
Cina iniziò quel boom economico che dura fino ad ora e che, come
prevedono alcuni analisti, la porterà, un giorno, forse, ad assumere
una leadership mondiale. Pare difficile quindi in queste condizioni
che i cinesi siano inclini ad accettare le regole democratiche
occidentali che d’altra parte non fanno parte della loro storia,
antica e recente.
Alle democrazie e ai diritti umani di
stampo occidentale invece il leader cinese Hu Jintao (per caso lo
stesso cognome del dissidente; in Cina il cognome precede sempre il
nome) contrappone il concetto di " società armoniosa" rifacendosi al
concetto confuciano di “da tong ", secondo il quale vi deve essere
armonia nella diversità: ciascuno (dall'imperatore al contadino)
deve eseguire correttamente il compito assegnatogli per la felicità
di tutti.
Forse sarebbe meglio tradurre il termine cinese con
“società solidale”: in ogni caso non si tratta della democrazia e
dei diritti umani secondo il punto di vista occidentale.
Nella foto Hu Jia con la moglie
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