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11.10.2008 Afghanistan:
l’impossibile vittoria di
Giovanni De Sio Cesari
Filtra la notizia che anche i servizi
segreti USA avvertono che le forze della coalizione NON stanno
vincendo in Afganistan. Già qualche giorno fa, il Capo di Stato
Maggiore delle forze armate degli Usa, l’ammiraglio Mike Mullen,
durante un’udienza di fronte alla Commissione di Difesa della Camera
dei Rappresentanti, aveva dichiarato che non è realistico pensare a
una vittoria definitiva sui talebani come già avevano dichiarato
altri esponenti militari occidentali.
Se tali notizie vengono
rese pubbliche è evidente che implicitamente si condivide
l’iniziativa di Karzai che continua nella sua ricerca di un
compromesso con i talebani, con incontri più o meno segreti a Gedda,
con la mediazione dell’Arabia Saudita.
Ma perché mai i
talebani sono cosi forti da tener testa ai potenti eserciti
occidentali? In realtà si tratta solo di bande male armate e peggio
organizzate.
Non è semplice comprenderlo per un Occidentale
che naturalmente interpreta situazioni e personaggi con categorie
occidentali. Occorre invece partire dal contesto sociale e storico
dell’Afganistan in cui gli attori e le situazioni di questo dramma
agiscono e solo attraverso di essi appaiono comprensibili:
altrimenti si rischia di pensare che l’Afganistan sia preda
incomprensibilmente di una specie di follia collettiva.
Quando un occidentale pensa all’Afganistan si raffigura uno
stato che abbia più o meno le caratteristiche politiche di uno stato
moderno occidentale: un potere centrale che controlla tutto il
territorio, leggi e norme giuridiche valide dappertutto e una
burocrazia numerosa ed efficiente che amministra ogni aspetto della
vita nazionale. Ma questo modello non corrisponde allo stato afgano
come a molti altri stati asiatici e africani.
Per
comprendere lo situazione afgana occorre invece pensare al modello
di stato del nostro medioevo. In esso vi era un potere centrale che
nominalmente aveva la sovranità: tuttavia l’effettivo esercizio
dell’organizzazione della società era gestito a livello locale da
una miriade di poteri particolari: feudatari, comuni, clero che
riconoscevano senza problemi il potere di re e imperatori purché
questi non pretendessero di intervenire effettivamente negli affari
locali.
Per ristabilire il proprio potere ogni tanto i
sovrani organizzavano spedizioni militari che in genere avevano
successo solo temporaneo: ritirate le truppe, il particolarismo
riprendeva il sopravvento perché era legato alla struttura
dell’organizzazione sociale e politica.
Anzi, a volte, il
potere centrale si eclissava completamente e le singole unità locali
prendevano piena autonomia. Solo dal ‘500 si iniziarono a formarsi
quelli che gli storici definiscono “stato assoluto moderno” nel
quale il centro esercita effettivamente il proprio potere su tutto
il territorio: il processo fu lungo, difficile, a tratti sanguinoso
e durò molti secoli.
L’Afganistan attuale ha strutture che
lo avvicinano molto più a uno stato del nostro medioevo che a uno
stato moderno. Le vicende degli ultimi anni, come della storia
precedente, va compresa a partire da questa fatto.
Innanzi
tutto l’Afganistan non costituisce una entità etnica ma vi convivono
molte etnie diverse che si estendono anche nei paesi confinanti e
che sono in continua lotta fra di loro: Pashtun, i più numerosi,
Darii ( cioe iraniani), Tagiki (di antica origine iraniana), Usbeki
(turcomanni), Hazara (di origine mongola).
Come nel nostro
medioevo, la forza veramente unificante è la fede religiosa da tutti
indistintamente professata con molta intensità.
Il potere
effettivo però sta nelle mani dei Khan, i capi locali: questi non
accettano di essere sostituiti nel loro potere da funzionari del
governo: un khan è un khan per discendenza e coraggio e valore:
sente di meritare il proprio potere, gli altri glielo riconoscono:
chi viene da Cabul è un estraneo quasi come un americano o un
russo.
Per questo i tentativi fatti dai re afgani nell ‘800 e
nel ‘900 di unificare e modernizzare il paese sono tutti
falliti.
Nel ‘78 una fazione comunista prese il potere ma non
tentò nemmeno di imporsi con le proprie forze e richiese
l’intervento massiccio delle forze militari sovietiche. Tutto
l’Afganistan esplose allora in una rivolta generale appoggiata, per
opposti motivi politici, dall’Occidente, dall’Iran di Khomeini e dal
Pakistan. La guerra, durata quasi dieci anni, fu disastrosa e
inconcludente. I russi e la fazione comunista da essi sostenuta
mantennero il controllo di Cabul e delle principali città ma tutto
il resto del territorio restò nelle mani di bande di ribelli locali
ciascuna autonoma nella regione in cui operava. La guerra non era
solo contro i Russi o contro il comunismo ma sostanzialmente dei
gruppi locali contro il potere centrale appoggiato dei Russi:
infatti quando questi si ritirarono in Afganistan i gruppi che
avevano combattuto contro i Russi continuarono a combattersi fra di
loro con violenza forse ancora maggiore.
L’arrivo dei
talebani si situa in questo contesto. In effetti essi erano
sostenuti da Pakistan e Arabia Saudita e agitavano l’unico ideale
comune agli afgani: quello religioso tradizionale e quindi radicale.
Tuttavia nemmeno essi riuscirono a unificare il paese: le minoranze
Tagiche e Usbeche benché anche esse non meno radicali dal punto di
vista religioso, mantennero una resistenza impavida e indomabile.
Gli avvenimenti dell’11 settembre portarono al centro
dell’attenzione del mondo questo paese quasi dimenticato in quanto
aveva avuto la ventura di essere il rifugio di al Qaeda, indicata
come l’ispiratrice ideale, se non proprio operativa, di
quell’attacco all’America che aveva stupito il mondo. Gli americani
non trovarono difficoltà ad abbattere il governo centrale di Cabul
dei Talebani, d’altra parte già squalificato per fanatismo religioso
eccessivo e grottesco che arrivava perfino a vietare la TV e gli
aquiloni, troppo anche per un paese arretrato e tradizionalista come
l’Afganistan. Bastò infatti un buon aiuto militare e Tagiki e Usbeki
disfecero in pochi giorni le forze talebane ed entrarono in
Cabul.
Ma le minoranze etniche non potevano governare: allora
fu designato Karzai appartenente della maggioranza Pashtun.
Il suo governo si è insediato facilmente a Cabul ma
estendere il suo potere effettivo in tutto il paese e tutt’altra
cosa.
Il governo talebano in realtà era guidato dal Mullah
Omar, un personaggio quasi evanescente, che non è mai comparso in
primo piano. Tuttavia pare che fosse sostanzialmente quello che noi
diremmo un “prete di campagna”: un uomo semplice che non conosceva
nulla altro che il corano e che riteneva, in perfetta buona fede,
che tutto possa essere risolto seguendo esattamente le sue
prescrizioni. L’idea che le parole del corano possano essere
reinterpretate alla luce della civiltà degli infedeli occidentali
gli sarà sembrata una enormità, una assurdità. I teorici del
fondamentalismo (come lo stesso bin Laden) hanno conosciuto la
civiltà occidentale, la hanno rifiutata e il loro estremismo è
frutto di un rigetto assoluto e cosciente.
Il mullah Omar
dell’Occidente non sa assolutamente nulla, non immagina nemmeno che
si possa vivere diversamente da come ha sempre vissuto la sua gente
da tante generazioni.
Il problema è che gli afgani in grande
maggioranza, hanno mentalità simile alla sua: la modernità è cosa
non solo empia ma incomprensibile all’afgano medio: pensare che le
donne possano avere gli stessi diritti degli uomini prima ancora che
essere contrario alle prescrizione del Profeta è cosa assurda, una
follia incomprensibile
Sono per cultura dei fondamentalisti.
I talebani sconfitti al centro risuscitano necessariamente
in periferia, tutta ancora immersa in una tradizione religiosa
ancestrale quindi integralista e fondamentalista, come forse in
nessun altro paese islamico.
Riusciranno gli eserciti
occidentali a mettere ordine e stabilità nel caos afgano?
Non vi sono riusciti i sovrani locali nel ‘700 e nell’800,
né gli inglesi, né i riformatori kemalisti del ‘900, né i comunisti
sostenuti dall’armata rossa , né gli stessi talebani: come pensare
che ci riuscirà il debole governo Karzai sostenuto da forze
occidentali potenti, è vero, ma che non hanno l’animo di condurre
una guerra repressiva, infinita e sanguinosa come invece erano pure
disposti i Russi?
Gli occidentali come gli imperatori
medioevali, possono condurre campagne vittoriose: ma al momento in
cui si ritirano i poteri dei Khan e la tradizione religiosa
risorgono più forti di prima.
Allora la soluzione migliore,
anzi l’unica effettivamente praticabile, è quella di trovare una
composizione con le forze particolaristiche e religiose
rappresentate dai Khan e dai talebani. Il disegno americano di
impiantare in Afganistan un qualcosa che assomigli a una democrazia
laica e moderna si rivela un sogno irrealizzabile.
----------------------------------------------------------- Note ----------------------------------------------------------- La foto è tratta dal sito
www.repubblica.it
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