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03.10.2008
Karzai: un appello per la pace
di Giovanni De Sio Cesari

Nel giorno della fine del Ramadan, il presidente afgano Hamid Karzai ha rivolto un accorato appello per la pace ai Talebani e al loro leader, il mullah Omar: "Venite nella vostra madrepatria e costruite il vostro Paese - Non abbiate paura degli stranieri, noi staremo davanti a loro in modo che non possano danneggiarvi”.

Il Mullah Omar tuttavia ha risposto sprezzantemente: nel giorno del 'Eid el FitIn (che cade il giorno dopo la fine del ramadan), in un messaggio, ha “definito ladri, contrabbandieri e criminali indegni della fiducia del popolo, sia l'esercito che le forze di polizia di Kabul” senza fare alcun cenno all’appello di pace avanzato da Karzai.

In realtà è già da un po’ di tempo che Karzai cerca un negoziato anche con la mediazione dell’Arabia Saudita e, anche se smentiti ufficialmente, forse ci sono stati pure dei primi contatti. Il fine di Karzai è chiaro: staccare i Talebani da Al Qaeda, fatto che da una parte tranquillizzerebbe gli Occidentali e dall’altra potrebbe porre fine all’eterna guerra civile afgana, stabilizzando il paese, ormai allo stremo.

Ma a parte le vicende immediate è possibile una simile prospettiva?

Facciamo una rapida analisi delle posizioni dei Talebani e di Al Qaeda.

Il nucleo dei Talebani fu costituito dagli studenti afgani che frequentavano scuole coraniche in Pakistan (da qui il nome: ”taleban” significa infatti semplicemente “studenti”) con l’aiuto determinante del Pakistan (e quello tacito degli USA). Essi erano improntati alla ideologia che in Occidente si indica genericamente con fondamentalismo islamico. Essi si definiscono semplicemente “Al-islamiyyun" (i mussulmani sottintendendo i “veri“) e si rifanno alle origini (salaf da cui salafiti o salafisti) dell’Islam a cui vorrebbero ritornare senza alcun compromesso con le novità venute dall’Occidente. Essi considerano la maggioranza degli altri mussulmani come "falsi" mussulmani; criticano Nasser e Burghiba, Kemal Ataturk e Banisadr non solo dal punto di vista delle scelte politiche ma li accusano di essere dei "Kufirum " (miscredenti). Il problema, tecnicamente, si dice che sia quello del "taglid "(chiusura): nel 1400 si disse che ogni commento al Corano era ormai esaurito e quindi si proclamò la "chiusura" a nuove interpretazioni. Le scuole pakistane frequentate dai talebani erano infatti quelle fondate alla fine dell’800 in contrasto con quelle dette di “Deoband”, che si ispiravano invece alla concezioni moderne di origine occidentale .

A questo punto c'è da chiedersi che cosa c'entra il terrorismo di al Qaeda, il jihad contro l'Occidente con il Salafismo. Approssimativamente in Occidente il "fondamentalista" islamico è quasi sinonimo di terrorista: in realtà il rapporto è molto complesso e vario.

Va notato a questo punto che niente sembra accomunare di per sé il mussulmano che vuole essere particolarmente pio con il terrorista anti occidentale. Seguire i dettami del Corano in modo puntuale, stare attenti che negli animali macellati non resti alcuna traccia di sangue, che non si mangi nulla del maiale, che le preghiere vengano recitate nel modo più corretto non ha alcuna attinenza con il mettere bombe sui treni o far crollare i grattacieli. Anche in Occidente vi sono molti movimenti religiosi cristiani che contestano alcuni aspetti della modernità, che si battono contro l'egoismo liberista e contro la pornografia, ma certo non vengono percepiti come pericoli. Nessuno penserebbe al Papa come un pericoloso sovversivo perché si dichiara contro il consumismo e richiama fedeli e non fedeli a una rigorosa morale sessuale.

In realtà, storicamente, il Salafismo non è stato sempre "nemico" dell'Occidente. In tempi recenti la monarchia wahabita dell'Arabia è stata la più fedele alleata degli USA nell'area medio orientale e, in genere, i movimenti più religiosi sono stati alleati di fatto con l'Occidente in chiave anticomunista. I Talebani stessi, come abbiamo visto, hanno preso il potere in Afganistan con l'appoggio se non proprio degli Usa di due alleati storici degli Usa stessi, cioè il Pakistan e l'Arabia Saudita.

Il problema è che il conflitto fra i tradizionalisti e gli innovatori, come era forse inevitabile in un mondo non democratico, è passato dal piano puramente culturale al confronto politico e militare. In Iran esplose la rivoluzione sciita, una vera rivoluzione popolare, come concordano tutti gli osservatori. In qualche altro paese prevalse qualche regime integralista ma nel complesso le élites rivolte all'occidente hanno mantenuto il potere. Anche nei paesi dove esso si era affermato, i frutti non erano stati quelli sperati e alla fine degli anni ‘90 l'integralismo politico ispirato all'Islam sembrava in declino. A questo punto alcuni gruppi hanno ritenuto che il vero nemico da colpire non fossero i regimi arabi laici ma gli occidentali considerati loro protettori: è nato cosi il fenomeno che spesso definiamo della Jihad (della Guerra Santa, come nella traduzione impropria occidentale).

Gruppi che fanno genericamente riferimento ad Al Qaeda hanno cioè alzato il tiro colpendo gli Usa e gli Occidente nella speranza di indurli a non intervenire più nel Medio Oriente e di unire tutti il mondo arabo musulmano in una guerra comune contro l'occidente e fare apparire i regimi arabi non islamici come una emanazione dell'Occidente, del grande Satana.

Il conflitto a nostro parere è tutto interno al mondo mussulmano ed è debordato al di fuori di esso quando la parte fondamentalista ha coinvolto gli Occidentali in un conflitto che non li riguardava e che essi difficilmente riescono a comprendere.

Non necessariamente quindi i fondamentalisti (talebani) debbono essere nemici dell’Occidente (jihadismo).

In particolare nell’Afganistan, il più arretrato e tradizionale paese islamico, la laicità e la democrazia non possono veramente attecchire: se a Kabul ve ne può essere qualche traccia nelle lontane e turbolente province, tali idee, più ancora che diaboliche perché contrarie allo spirito del Corano, appaiono incomprensibili, assurde, folli.

L’unico modo per riportare una pace in Afganistan è venire a patti con lo spirito tradizionalista ovunque assolutamente predominante, staccandolo però dai pericolosi impulsi del jihad anti occidentali che ha provocato l’intervento militare.

Inoltre si pensi pure che al Qaeda in realtà è formata da stranieri.

In fondo è la stessa strada che le autorità irachene appoggiate dagli Americani stanno tentando in Iraq cercando l’accordo con i clan sunniti per isolare le forze di Al Zawahiri.

Se la strada sia effettivamente percorribile si vedrà in seguito: certamente l’idea di importare la democrazia e la laicità in quei paesi si è rilevata del tutto utopistica.




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