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11.08.2008 Continua il
conflitto in Georgia di Giovanni
De sio Cesari
Febbrili consultazioni e discussioni all’ONU per il
momento non sortiscono l’effetto di fermare le operazioni militari
in Georgia, malgrado che i georgiani si siano ormai ritirati
dall’Ossezia del sud tuttavia gli attacchi russi continuano.
La situazione, per esser compresa, va inquadrata nel
contesto generale di un Caucaso da sempre area di instabilità: in
esso infatti convivono decine di etnie, tutte strettamente
intrecciate territorialmente e tutte in perpetua tensione con tutte
le altre, tutte per altro profondamente convinte di avere tutta la
ragione e di essere superiori a tutte le altre. Inoltre si sono
aggiunti, in epoca recente, i grossi interessi internazionali
connessi alle estrazioni petrolifere o al passaggio dei relativi
oleodotti. Fino a che è esistita l’Unione Sovietica tutte le
tensioni sono state tenute a freno dal centralismo politico ma esse
sono esplose un po' dovunque quando, con il suo crollo, la regione
si è polverizzata in una serie di stati indipendenti e di territori
autonomi o federati. Nel caso particolare, la Georgia ingloba in sé
territori autonomi fra cui l'Ossezia del sud, abitata da gruppi
etnici diversi. L'Ossezia del sud in realtà non è nemmeno un
territorio separato ma una serie di villaggi disposti a scacchiera
con altri abitati da georgiani. L'Ossezia del sud, pur essendo di
diritto parte integrante della Georgia, tuttavia, in pratica, si
comporta come stato indipendente. Viene sostenuto dalla Russia a cui
aderisce come stato federato l'Ossezia del nord, abitata dallo
stesso gruppo etnico (simile ai Ceceni): la cittadinanza russa è
stata concessa, inoltre, a quasi tutti i suoi abitanti. Per contro,
la Georgia è sostenuta dagli Stati Uniti, da cui riceve aiuti
miliari ed economici, e partecipa attivamente alla campagna
dell’Iraq. Lo scontro vero, quindi, è fra l'influenza americana e
quelle russa.
In questo contesto esplosivo l'8 agosto,
mentre iniziavano le olimpiadi a Pechino, i georgiani hanno
scatenata una violenta offensiva militare contro l'Ossezia del sud
per ricondurla effettivamente (e non solo teoricamente) sotto la
propria sovranità. L’intervento delle forze russe è stato immediato:
non solo hanno ricacciato le truppe georgiane dalla Ossezia ma hanno
attaccato direttamente la Georgia dall’aria e dal mare.
La
Russia di Putin non è più, infatti, un paese allo sbando come ai
tempi di Eltsin ma una nazione che ha tassi di sviluppo economico
vicini a quelli mitici della Cina e che intende recuperare il suo
ruolo internazionale e il suo orgoglio di grande potenza. Non si è
fatta quindi sfuggire l'occasione, improvvidamente offertale dal
dissennato attacco georgiano, per ribadire il suo ruolo nella
regione e in genere la sua influenza su tutto quel mondo ex
sovietico nel quale gli americani sembrano voler estendere invece la
propria influenza.
Febbrile è, quindi, l'attività della
diplomazia occidentale per fermare la guerra e con essa il successo
russo.
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