Il mondo assiste impotente ma anche molto meno partecipe del passato all’ennesima battaglia fra Israeliani e Palestinesi: ormai si diffonde la assuefazione e la rassegnazione per un conflitto che pare infinito fatto di battaglie inutili e inconcludenti
Le guerre vengono decise in battaglie più o meno grandi: ci sono vincitori e vinti. A volte i conflitti sono totali: più spesso invece il conflitto è limitato a particolari questioni: chi perde lascia al vincitore l’oggetto del contendere. Ma il conflitto che oppone Arabi ed Israeliani pare avere caratteri del tutto peculiari: le parti si affrontano in guerre e guerriglie che si succedono incessantemente: il conflitto a tratti sembra sopito per poi riaccendersi nuovamente. Soprattutto però pare che non importa chi vinca e chi perda: si aspetta semplicemente la prossima battaglia. Il conflitto continua implacabile, passa da una generazione all’altra, siamo ormai alla terza generazione, i soldati di oggi combattono la stessa guerra dei loro nonni.
Le catastrofi (nakba, come dicono gli arabi) si succedono alle catastrofi: il popolo arabo palestinese vive spesso ai limiti della sopravvivenza, nell’inferno di Gaza o nei campi miserabili nel Libano, gli Israeliani d’altra parte non riescono a trovare una situazioni di pace, di sicurezza, di normalità.
Tutto il mondo ,preoccupato per le conseguenze del conflitto, propone incessantemente piani di pace che regolarmente restano nel lungo libro delle buone intenzioni: l’ultima la suggestiva per quanto inutile preghiera comune promossa da papa Francesco
Eppure la cosa che pare ancora più incredibile è che la soluzione è
chiaramente sotto gli occhi di tutti: occorre semplicemente stabilire
due stati autonomi e sovrani.
Il paradosso, quindi, è che esiste una guerra che continua sempre,
comunque finiscano le battaglie, per un motivo che in realtà non esiste
perchè la soluzione è obbligata è inevitabile.
Un insieme di fattori rende impossibile la soluzione militare del
conflitto. Innanzi tutto non si tratta di due contendenti che lottano
da soli ma il mondo intero, in qualche modo, partecipa e rende
impossibile a ciascuna della parti una vittoria definitiva.
Nello sconfinato mondo arabo e mussulmano, i Palestinese trovano sempre
dei sostenitori per tanti motivi, anche vari e contrastanti: un fiume di
danaro si riserva sui Palestinesi e con esso un flusso ininterrotto di
armi e soprattutto un imponente flusso di benedizioni religiose. di
conforti fraterni e appoggi ideologici.
Nel passato il blocco sovietico fece proprio la causa palestinese ma il crollo del comunismo ha privato i Palestinesi di quell’aiuto Le correnti di estrema sinistra, i gruppuscoli residuali ma sempre vivi e attivi del vecchio comunismo vero e puro, hanno ereditato l’appoggio incondizionato ai Palestinesi: essi non hanno alcuna possibilità concreta di intervenire e pur tuttavia lasciano sperare ai Palestinesi che i popoli dell’Occidente siano con loro e quindi anche i governi, prima o dopo abbandonino gli Israeliani Gli Americani, gli unici che hanno effettivamente i mezzi economici e militari per intervenire sono schierati chiaramente a favore di Israele: pur tuttavia hanno interessi in tutto il Medio Oriente, molti alleati fra gli stati arabi e soprattutto temono uno esplodere della situazione delle conseguenze imprevedibili.
Da un parte quindi gli Americani aiutano effettivamente e
sostanzialmente gli Israeliani ma d’altra parte sono intervenuti nelle
guerre arabo-israliane del 56, del 68 e del 73 per fermare l’avanzata
israeliana oltre certi limiti e premono continuamente su Israele perchè
la repressione contro i Palestinesi non superi certi limiti.
Dal punto di vista puramente militare, attualmente, Israele
potrebbe distruggere la resistenza palestinese facilmente: potrebbe
rispondere al lancio dei razzi Kassam con attacchi aerei devastanti come
quelli avvenuti nella Seconda Guerra Mondiale, potrebbe rispondere a
ogni attacco suicida con deportazioni di massa e rappresaglie
indiscriminate, potrebbe materialmente cacciare tutti i palestinesi dai
Territori Occupati e da Gaza Ma questo non sarebbe permesso dagli
Americani, oltre che dalla comunità internazionale.
In pratica gli Americani mettono Israele in grado di resistere
agli avversari ma impediscono loro di vincere D’altra parte anche se gli
Arabi un giorno vincessero effettivamente sul piano militare tuttavia
la sopravvivenza di Israele sarebbe garantita dagli Occidentali.
In pratica chiunque vinca le battaglie non è importante: perché nessuno può vincere la guerra .
Alla fine di ogni battaglia tutti gridano di aver vinto: in realtà è vero perchè nessuno ha perso veramente.
D’altra parte è chiaro che gli attentati, sia quelli del
passato che quelli recenti o il lancio di missili Kassam non possono
sconfiggere gli Israeliani: certo gli ebrei non andranno via dalla
Palestina per questo: la pratica del terrorismo può essere utile per
indurre uno stato a ritirarsi da territori che non rappresentano un
interesse vitale, come ad esempio può essere avvenuto in Viet-nam e in
Afganistan ma certamente non costringerà mai gli Ebrei a evacuare la
Palestina.
Si tratta quindi una tattica che mantiene vivo il conflitto ma che non porta certamente alla vittoria.
Ma anche gli Israeliani non riescono, dopo oltre trenta anni, a vincere la loro lotta contro il terrorismo.
Israele risponde in modo violento e deciso per dimostrare che comunque
il terrorismo non paga, che non può ottenere la vittoria e che la
conseguenza dei loro atti è soprattutto quella di infliggere maggiori
sofferenze proprio a quei Palestinesi che esso proclama di voler
difendere
Si vuole che i Palestinesi si convincano della dannosità del terrorismo,
che abbandonino la guerra contro Israele e ne accettino la esistenza.
Ma questa politica non raggiunge affatto gli scopi prefissi.
Gaza, la Palestina (come anche il Libano), in realtà, non sono
entità con un governo autorevole e responsabile, in grado di
governare e imporre effettivamente la propria volontà. La popolazione,
la gente comune non è in grado, anche se lo volesse, di impedire atti di
terrorismo. Viene quindi ritenuta responsabile per qualcosa
che non è in grado di impedire. L’effetto sperato dagli Israeliani è
che alla fine essi si rendano conto che l’unico modo per uscire da
questa angosciosa situazione è quella di combattere essi stessi il
terrorismo e i terroristi.
Ma in realtà questa reazione psicologica non avviene affatto.
Infatti il palestinese oppresso, in miseria, che vede morire i
suoi figli non addossa affatto la colpa ai “terroristi” ma agli
Israeliani: non considera affatto l’azione israeliana come effetto di
quella dei “terroristi” ma anzi fa il collegamento inverso: l’azione
terroristica è vista come vendetta di quanto ha subito. Non è
l’attentato suicida o il lancio di Kassam che ha causato l’attacco di
Israele ma, al contrario, essi sono la reazione all’attacco israeliano.
La politica israeliana finisce con il raggiungere il risultato opposto a
quello sperato.
Ambedue quindi le tattiche, il terrorismo e la rappresaglia, non
conseguono risultati ma è anche vero che le parti non hanno alternative
da un punto di vista militare.
Un effetto insolito di questa guerra è l’inversione del fenomeno della conta delle vittime: nelle guerre, in generale, si gonfiano le cifre dei caduti del nemico e si minimizzano le proprie : i Palestinesi invece, al contrario, enfatizzano le proprie perdite: ogni caduto palestinese sembra essere una vittoria perche esalta sempre più il furore e l’odio dei Palestinesi e la commozione presso l’opinione pubblica internazionale.
Comunque finirà la battaglia di Gaza non cambierà nulla: tutti dichiareranno di aver vinto , molti saranno morti, moltissime le sofferenze: l’unica conseguenza reale è che il conflitto si sarà ancora una volta rinnovato e rinvigorito Ma è proprio questo che vogliono le parti che lo hanno scatenato: Hamas riaffermerà cosi la sua giustificazione e Israele troverà ancora un motivo per non abbandonare gli insediamenti ma anzi per espanderli,