Sono passati 20 mesi da quando un giovane qualunque, in paesino qualunque della Tunisia si diede fuoco per protestare contro un sopruso che aveva subito dalla polizia. Le fiamme di quel rogo si estesero in pochi mesi in tutto il mondo arabo dando spunto alla cose detta ”primavera araba” .Ormai la spinta di quegli avvenimento tende ad esaurirsi e ci pare quindi il momento di tracciare un primo sommario bilancio.
Innanzi tutto vanno compreso i motivi profondi della rivolta. Le folle sono scese in piazza per chiedere democrazia e libertà ma il senso di queste richieste deve esser decifrato storicamente . Nella seconda meta del secolo scorso il mondo arabo generalmente si indirizzò verso un acceso nazionalismo che socialmente si poneva come socialismo arabo ( Nasser. Baath, Gheddafi). In effetti si trattava di una via alternativa al comunismo dell’URSS nella lotta al capitalismo occidentale: non si poteva aderire al marxismo ateo per motivi culturali ma si manteneva con l’URSS rapporti di alleanza che apparivano naturali. Nei decenni in cui, però, il socialismo reale perdeva, come si disse, la sua spinta propulsiva, lo perdeva anche il socialismo arabo. I regimi nazionalisti socialisti arabi cominciarono a degenerare in dittature sanguinarie, oppressive e soprattutto corrotte. Il socialismo reale è caduto perchè non ha retto il confronto con l’Occidente. Qualcosa di simile avviene nel mondo arabo. Cadute le illusioni nazionalistiche, gli arabi guardano all’altra sponda del Mediterraneo e scoprono un mondo ben più prospero e progredito e libero dei loro paesi, Nasce allora l’idea che bisogna imitare le istituzioni europee (piu o meno come avveniva nei paesi europei ex comunisti). Ma quello che si vuole veramente è un mondo prospero come quello occidentale pur mantenendo le tradizioni islamiche
La Primavera Araba ha successo in Tunisia e in Egitto, paesi nei quali le forze armate non sono disposte a reprimere nel sangue dei loro concittadini la rivolta che monta. Tuttavia gli elementi più democratici e laici occidentalizzati sono preponderanti sono in alcune fasce della popolazione, giovani e istruiti ,ma estranee alla grande maggioranza. Pertanto alle elezioni in Tunisia si afferma un partito islamico moderato come pure avviene, anche se in modo più problematico in Egitto. dato il potere che vi hanno da sempre i militari. Si tratta di movimenti politici che prendono a modello il partito islamico di Erdogan in Turchia: potremmo definirlo una sorta Democrazia Cristiana islamica . Si salva la ispirazione fondamentali dell’islam ma si isolano gli elementi estremisti, jihadisti . In altri paesi, però, le forze armate reagiscono violentemente contro la rivolta e si finisce con l’essere risucchiati in preesistenti conflitti etnico- religiosi. E il caso della Libia in cui Gheddafi non accetta di farsi da parte e ottiene l’appoggio di alcune tribù della Tripolitania mentre la rivolta coinvolge soprattutto quelle della Cirenaica : con l’aiuto occidentale Tripoli alla fine è espugnata. In Yemen e Bahrain la rivolta si trasforma in un conflitto fra sciiti e sunniti e altri gruppi . In Siria Assad trova appoggio massiccio nell’esercito e il conflitto divampa fra alawiti , sunniti e altri gruppi e clan. In altri paesi arabi ,Giordania, Marocco, Algeria i regimi al potere disarmano le proteste effettuando alcune delle riforma richiesta. In altri ancora, Arabia saudita, Emirati, l’alto livello economico dovuto agli introiti del petrolio confina la protesta a pochi elementi idealisti e isolati.
In conclusione quindi solo in Siria continua ancora una guerra civile sempre piu sanguinosa anche se si pensa che il potere degli Assad non potrà resistere all’infinito In tutto il resto del mondo arabo la rivolta ha o avuto successo o è stata riassorbita in qualche modo: ci vorranno, però, degli anni per sapere quale sarà stato il suo reale impatto sul Medio Oriente.
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