Neoliberismo e corruzione araba
Nella
caduta dei regimi egiziano e tunisino l’attenzione popolare si è
focalizzata sugli immense ricchezze accumulate dai rais, dalle
loro famiglie e, in generale dei circoli che gravitavano intorno al
potere Si danno cifre enormi che comunque non potranno mai
essere veramente controllate e potrebbero essere anche assolutamente
esagerate ma anche magari minori di quelle effettive.
La caccia ai miliardi accumulati dai funzionari corrotti pero potrebbe
anche portare fuori strada negli sforzi volti a ricostituire il sistema
politico. La corruzione del regime di Mubarak e di Ben Ali
potrebbe essere attribuita soltanto alla disonesta di un certo numero di
persone e basterebbe allora cacciarle via per risolvere il problema.
Ma il vero problema era che i membri di alto rango del governo non sono
stati i ladri in senso comune del termine, non hanno necessariamente
rubare direttamente dal tesoro. Piuttosto, essi si sono arricchiti
attraverso una fusione di politica e affari in occasione della svolta
liberistica che ha attraversato tutto il mondo ed è arrivata anche
nel mondo arabo fra la soddisfazione degli economisti occidentali
Il liberismo infatti è una teoria economica che propone che il
benessere umano può essere assicurato solo liberando le libertà
individuali e le capacità imprenditoriali in un contesto istituzionale
caratterizzato da forti diritti di proprietà privata. Garantire la
regolarità dei mercati dovrebbe essere la principale funzione
dello Stato. Ma l’applicazione della teoria
neoliberista nel mondo reale dei paesi in via di sviluppo nei
quali manca una forte classe medie imprenditoriale porta a gravi
deformazioni. E’ inevitabilmente che quelli che hanno accesso più vicino
al governo sono nella posizione migliore per trarre profitto dalle
privatizzazioni di quei settori economici prima gestiti dallo
stato ai tempi del socialismo arabo. Cosi le
privatizzazione sono andate a beneficio di persone politicamente
ben collegate, che hanno potuto acquistare beni di proprietà dello stato
per un prezzo irrisorio, monopolizzato fonti diverse dal turismo agli
aiuti esteri ricavando enormi utili realizzati dalle società
Funzionari e affaristi erano così strettamente intrecciati
che spesso era difficile per un investire straniero distinguerli
D’altra parte le leggi che prescrivevano che le società straniere
dovevano avere dei soci locali si risolvevano nel fatto che le
prime nominavano come soci apparenti e formali personalità del governo
che non mettevano nè capitali nè tanto meno capacità ma che garantivano
ad esse la possibilità di operare liberamente. Per questo le elite
politiche finivano con il possedere tutte le ricchezze del paese,
formalmente del tutto legalmente. Quando si dice che tutte le attività
economiche della Tunisia erano di proprietà dei familiari di Ben
Ali si dice che essi hanno potuto beneficiare del loro potere politico
per prenderne il controllo non che le abbiano propriamente rubate
ad altri.
il Fondo Monetario Internazionale ha lodato l’Egitto come un faro di
successo del libero mercato, ma misurando solo il PIL ha dato
un’immagine distorta dell’economia egiziana. La stragrande parte
della popolazione ha sofferto salari stagnanti o in discesa rispetto
all’inflazione mentre la disoccupazione dilagava soprattutto fra i
giovani istruiti.
Il neoliberismo non è riuscito ad offrire benessere per la
grande maggioranza degli Egiziani : questa è è stata la causa
principale della rivoluzione nel senso che ha spinto milioni di
persone che non erano organizzate a scendere spontaneamente nelle strade
per chiedere la democrazia. Ma la democrazia è vista soprattutto come
premessa alla giustizia sociale, alla attenuazione delle
scandalose differenze economiche. In realtà la democrazia occidentale
sono liberiste e neo liberiste: da qui anche il successo travolgente dei
partiti islamisti che mettono in primo piano la giustizia sociale, la
solidarietà sociale secondo i dettami dell’islam