Speranze e timori per il Medio Oriente
Tutta l’opinione pubblica occidentale segue le rivolte arabe come un grande film hollywoodiano, un specie di poema epico annunciata come una storia irresistibile del trionfo umano, con i rais arabi nella parte dei cattivi e i rivoltosi nella parte dei buoni, (della democrazia , della libertà dello sviluppo): tutti, ovviamente, tengono per i buoni e si rallegrano della loro vittorie in Tunisia e Egitto e si rattristano per l’insuccesso in Libia che si spera fortemente che sia semplicemente momentaneo
A questo stato d’animo si accompagna, però, anche l’ansia e il timore sulla direzione che gli avvenimenti prenderanno che sono ovviante piu presenti a livello di esperti e di governi
Il fatto è che in Occidente è radicata la convinzione che in Medio Oriente sono possibili solo due prospettive: o governi islamisti fanaticamente nemici dell’Occidente e della modernità oppure dittature corrotte e impopolari ma comunque moderniste e filo occidentali. Una tale convinzione è nata nel 1978 con la rivoluzione iraniana nella quale una rivoluzione salutata come democratica inaspettatamente è divenuta una repubblica teocratica, l’unica al mondo, che ha minacciato di espandersi in tutto il Medio Oriente ed è stata fermata dalle armate irachena di uno dei peggiori dittatori del Medio Oriente: Saddam Hussein La convinzione si è poi riaffermata divenendo una vera paranoia con l’11 settembre . In verità la dottrina di Bush voleva portare la democrazia in Medio Oriente tramite l’effetto domino che avrebbe dovuto partire dall’Iraq invaso. Ma la cosa non ha funzionato: l’effetto domino ha sparso più il terrorismo che la democrazia che resta in Iraq e ancora di più in Afganistan un semplice fatto formale.
Anche le esperienze democratiche, quando si sono avute nel mondo arabo, hanno premiato sempre i fondamentalisti islamici. E’ avvenuto con le elezioni amministrative in Algeria il cui annullamento causò una terribile guerriglia fratricida, è avvenuto in Palestina dove le elezioni hanno premiato soprattetto HAMAS , un ramo dei Fratelli Mussulmani egiziani , è avvenuto nello stesso Egitto con il successo nelle elezioni dei candidati vicini ai Fratelli Mussulmani a cui era stato permesso di partecipare.
Il timore quindi che serpeggia in Occidente è che, prima o dopo, i partiti islamisti di Egitto e di Tunisia possano vincere le elelezioni e guidare i governi in senso anti occidentale. E’ vero che i giovani protagonisti delle rivolte sono quanto mai lontani da ogni fanatismo religioso e decisamente orientati verso la democrazia europea: tuttavia essi non hanno una organizzazione, ne programmi chiari e sono solo una parte del paese.
Per tutte queste considerazioni l’Occidente oscilla fra la cautela (Germania, Italia) e l’appoggio deciso e fattivo alle rivoluzioni ( Francia, Inghilterra ) con la speranza di accaparrarsi l’alleanza dei governi che nasceranno
Dobbiamo tener presente che le rivoluzioni non sono
ancora finite. In Egitto, ci sono ancora proteste in piazza Tahrir e il
paese è ancora senza una costituzione. in Tunisia scioperi, proteste e
disordini continuano ad imperversare, In Libia la guerra civile infuria.
Negli altri paesi si manifestano disordini, proteste,le
aperture si alternano a repressioni, nessuno può dire quali
governi si salveranno e quali invece saranno sommersi dall’onda.
Tutto ancora è in gioco di giorno in giorno, le situazioni restano sempre piuttosto fluide, in continua evoluzione.
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