I cinesi preoccupati per il protezionismo
Gli economisti cinesi sembrano vivamente preoccupati che misure in senso protezionistico dei pesi più economicamente sviluppati possano limitare seriamente le massicce esportazioni che sono il volano dei prodigiosi tassi di sviluppo del paese L’editoriale di oggi, 30/08/10 del maggior giornale cinese, il Reminim Ribao (Quotidiano del popolo) se ne fa interprete.
In esso si afferma che, vista l’incertezza della ripresa globale, gli Stati Uniti, l’Unione europea e il Giappone hanno recentemente adottate nuove misure di protezionismo commerciale che vengono giudicate come un mezzo per trasferire i conflitti interni in altri paesi: questo diventata la più grande minaccia verso gli esportatori cinesi,
Il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha introdotto 14 misure per inasprire le leggi commerciali per l’importazione fra cui quelle per rendere più difficile per le singole imprese di essere esentate dal dazio nazionale, gli adeguamenti a metodi di calcolo anti-dumping con la modifica dei criteri per determinare se i prodotti vengano venduti a prezzi artificialmente bassi.
L’Unione europea ha proposto una tassa temporanea anti-dumping fino il 43,5 % sulle fibre di vetro importate dalla Cina, la recente relazione Nikkei in Giappone prevede un normativa più severa anti dumpng
Gli esperti cinesi prevedono che tali misure andranno inasprendosi con il tempo:
I dati del Ministero cinese del Commercio ha mostrato che
entro il luglio 2010, oltre 80 categorie di prodotti cinesi si
trovano di fronte a misure americane di contrasto e 59 altre
categorie sono oggetto di misure antidumping o di dazi compensativi da
parte dell’Unione europea.
Si rileva che le preoccupazioni dei cittadini degli Stati
Uniti per il lavoro sono diventate una inarrestabile pressione
politica che spinge l’amministrazione Obama a prendere
provvedimenti sempre più limitativi della libertà commerciale.
Obama ha promesso in gennaio di quest’anno di creare 2 milioni di nuovi
posti attraverso la crescita. fino al raddoppio, delle
esportazioni degli Stati Uniti in cinque anni. Tuttavia,
le esportazioni degli Stati Uniti sono cresciute solo del 9,1% nel
secondo trimestre e hanno contribuito solo per 1,08 punti
percentuali al tasso di crescita del PIL, il più basso in quattro
stagioni. Nello stesso periodo, le importazioni hanno raggiunto il 32,4 %
Nei prossimi mesi, gli Stati Uniti saranno costretti a scegliere tra
protezionismo o impennata dei deficit commerciali con l’aumento della
disoccupazione. Sarà quasi certamente scelta la prima possibilità ma se
si avanti cosi – uno scenario probabile – si potrebbe scatenare un altro
giro di vita del protezionismo a livello mondiale, che sarebbe
particolarmente dannoso per i paesi esportatori mentre un
meccanismo aperto di scambi multilaterali e il rispetto delle regole
dell’OMC sono di grande importanza a stimolare la ripresa del commercio
globale e frenare il protezionismo commerciale.
Vien proposto un maggiore interesse per i mercati dei pesi emergenti.
In realtà, pero viene anche notato che le esportazioni verso i
paesi emergenti hanno avuto già uno sviluppo maggiore che verso i paesi
più sviluppati: da gennaio a luglio le esportazioni cinesi sono
cresciute del 43,2 verso l’ASEAN, del 40,1 verso
l’India e addirittura del 70,7 verso la Russia.
In realtà l’unica soluzione effettiva è lo sviluppo del mercato interno cinese al quale tutti guardano, cinesi e non cinesi. Tuttavia è chiaro che senza la spinta delle massicce esportazioni cinesi verso l’Occidente la Cina non avrebbe tassi di sviluppo cose elevati e il tempo necessario a raggiungere i livelli economici occidentali si misurerebbero in secoli e non in decenni, come i i cinesi attualmente sperano.
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Foto dell’autore :una moderna strada di Shanghai,la città nata dalle esportazioni
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