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"L'assedio di Gerusalemme" di Giovanni De Sio Cesari |
Inserito il 07 giugno 2005 alle 08:43:00 da Andrea. IT - ASSALTI Indirizzo sito : Giovannidesio
L'assedio e la conseguente distruzione di Gerusalemme e soprattutto del
suo Tempio hanno avuto nella storia una risonanza enorme molto al di
sopra dell'effettivo valore storico della vicenda. Infatti certamente
l'episodio ebbe notevole valore politico: tramontò per sempre la
possibilità della indipendenza degli Ebrei e con esso in tutto
l'Oriente apparve chiaro che era impossibile sfuggire al potere
dell'Impero, il comandante romano Vespasiano diventò imperatore (segue)
e dopo di lui il figlio Tito : nel foro romano fu erette un
arco di trionfo che tuttora ne costituisce uno dei monumenti più
insigni. Ma in fondo si trattava di una delle tante campagne vittoriose
dell'esercito romano e non certo una delle più difficili: la vittoria
romana non era mai stata minimamente in dubbio. La sua risonanza pero
travalica il momento storico e si proietta attraverso i millenni fino
ai nostri giorni. Gerusalemme distrutta diviene un simbolo
indistruttibile per Ebrei, cristiani e mussulmani. Per gli Ebrei
infatti rappresenta un momento centrale della loro storia, un rimpianto
mai sopito, un dolore che non può avere termine. Il "muro del pianto"
(l'unico manufatto rimasto ) è il posto più sacro degli Ebrei, Il
saluto che gli Ebrei si sono scambiati per tanto tempo suonava "l'altro
anno a Gerusalemme!". Dalla sua distruzione infatti viene e a mancare
una terra per questo popolo e inizia l'infinito errare per terre
straniere sempre discriminati e con la minaccia sempre latente o
incombente delle persecuzioni. Per i cristiani Gerusalemme è il luogo
della crocifissione rappresenta la "civitas dei" (città di Dio), la
Gerusalemme Terrena è l'immagine della Gerusalemme Celeste, si carica
di infiniti significati mistici : la Crociata, la liberazione del Santo
Sepolcro è stato è il mito, purtroppo sanguinoso, di molti secoli. Per
i Mussulmani da Gerusalemme, dal luogo del Tempio il Profeta Maometto è
asceso al cielo e anche per essi è, sia pure in modo minore rispetto a
Ebrei e cristiani, essa assume aspetti mistici e simbolici. Quando
la Gerusalemme ideale viene confusa con la Gerusalemme reale nascono
implacabili guerre:all'ultima di essa stiamo ora assistendo:i negoziati
fra Israeliani e Palestinesi si sono bloccati proprio sullo status di
Gerusalemme e la lotta ha il carattere estremo che assume sempre quando
essa si appunta non su questioni reali e particolari ma su simboli
carichi di Assoluto. Vogliamo in questo articolo raccontare
l'assedio (uno dei molti) e la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C.
che ha allargato il suo valore simbolo della città da un piccolo popolo
(gli Ebrei) a tanta parte dell'umanità, ai tanti popoli cristiani e
mussulmani sparsi nel mondo.
UN ASSEDIO SENZA PIETA' L'assedio
di Gerusalemme ebbe una carattere tragico e terribile,non ci fu posto
per la pietà, nel leggere la sua cronaca non possiamo non avere un moto
di raccapriccio per avvenimenti tanto terribili . Ma perché i Romani
generalmente generosi ,repressero con tanto violenza la rivolta dei
Giudei? Cerchiamo di capirne le ragioni. La Palestina fu sempre per
i Romani una provincia difficile da amministrare: gli Ebrei non si
integrarono mai nel tessuto dell'impero a differenza degli altri popoli
e aspettarono sempre un "messia" un inviato di Dio che li guidasse alla
indipendenza:questa aspettativa escatologica rendeva gli Ebrei o meglio
una parte più intransigente di essi (noi diremmo gli "integralisti")
sorda a ogni valutazione realistica. Era impensabile che gli Ebrei
potessero sconfiggere l'Impero Romano, impensabile che l'Impero Romano
potesse permettere la indipendenza degli Ebrei: ma queste
considerazione apparivano addirittura blasfeme per i movimenti
"integralisti" dei Farisei, ,Zeloti, Sicari: Il Dio di Israele che
aveva punito il Faraone con le dieci Piaghe d'Egitto e aveva travolto
il suo esercito in fondo al mare non temeva certo i Romani. Ogni
rovescio per quanto grave veniva considerato come una prova di fede da
superare, ogni successo per quanto piccolo un pegno del favore della
volontà divina. Quando l'uomo presume di conoscere la volontà di Dio
perde la capacità di capire gli avvenimenti : due mila anni fa come
adesso si entra in un circolo vizioso per cui qualunque avvenimento
favorevole o sfavorevole viene interpretato come un segno divino,
dappertutto e qualunque cosa succede si vedono conferme e solo conferme
della propria convinzione. I Romani non potevano permettere
l'indipendenza della Palestina non tanto per l'importanza della
provincia in se ma soprattutto perchè ,se avessero accettato il
principio della secessione delle province, l'Impero si sarebbe presto
dissolto: certamente i Romani avevano affrontato ben altre potenze per
arrendesi di fronte alle modeste forze giudaiche. Essi pero non avevano
alcun interesse a esasperare la guerra, non volevano,distruggere un
popolo ma farlo entrare nella compagine dell'Impero: cercarono pertanto
sempre sino alla fine il compromesso, mostrando moderazione e clemenza
(la proverbiale clemenza di Tito) Ma il campo avverso era dominato
dai ribelli che avevano solennemente giurato davanti al loro Dio che
mai si sarebbero arresi ai Romani: non potevano mancare al loro
giuramento: la morte o la vittoria:e se la vittoria appariva al momento
impossibile tuttavia essa sarebbe arrivata un altro giorno, quando
sarebbe piaciuto al Dio SABAOTH ( Dio degli eserciti) :per il momento
la morte era la soluzione agognata ,soprattutto ,come i moderni
Kamikaze ,se potevano portare nella morte anche qualche nemico : dalla
morte sarebbe nata la vittoria e la vita del loro popolo . I Romani
erano abituati a combattere contro nemici che una volta persa la
speranza della vittoria cercavano di conservare la vita nella fuga o
nella resa: bastava quindi rompere l'ordine dell'esercito nemico perché
questo diventasse una massa di fuggitivi e di supplici: i Romani si
mostravano in genere clementi e cosi si era formato l'Impero: debellare
superbos e parcere subiectis (abbattere i forti ma risparmiare i vinti) Ma
ora i Romani combattevano contro un nemico che aveva giurato di
morire,che "voleva" morire: alla fine non ebbero scelta: uccisero tutti
i ribelli, distrussero il Tempio, spianarono la città fin dalle
fondamenta: spezzarono così per sempre ogni volontà di resistenza e
quando, dopo 70 anni, questa parve ancora rinascere non ebbero
esitazione: cacciarono definitivamente i Giudei superstiti dalla loro
terra e li dispersero nel mondo.
LA RIVOLTA E LA REPRESSIONE Nel
66 d. C. le autorità romane misero mano al tesoro del Tempio: questo
fatto fu la scintilla di una rivolta generale dei Giudei che ebbe un
iniziale successo e anche le forze inviate dai Romani dovettero
ritirarsi. Il comando passò quindi a Domiziano che con ingenti forze
marciò sulla Palestina. Fu chiaro allora che i Romani non avrebbero
ceduto e che la sorte della ribellione dei Giudei era segnata: la
maggior parte della Giudea si sottomise ma gli elementi più estremisti
continuarono la guerra fino alla fine: Vespasiano divenne nel frattempo
imperatore succedendo a Nerone e questo fatto fece interrompere la
guerra per circa un anno. Essa riprese quindi sotto il comando di Tito,
figlio di Vespasiano e stretto collaboratore del padre che pose nel 70
d.C. l'assedio a Gerusalemme. Poiché il fatto avvenne nel periodo della
Pasqua ebraica un gran numero di pellegrini rimasero intrappolati nella
città sotto assedio
GIUSEPPE FLAVIO Durante le operazioni
militari i Romani assediarono e presero la città di Jotopata. A capo
della guarnigione ribelle si trovava Giuseppe (Joseph) Matatias ,membro
di una illustre famiglia. I ribelli preferirono tutti uccidersi
vicendevolmente ma Giuseppe ,invece, si consegnò ai Romani. Portato al
cospetto di Vespasiano gli predisse che sarebbe diventato imperatore e
questo gli salvò la vita. Effettivamente, poco dopo, Vespasiano divenne
imperatore. Giuseppe collaborò attivamente con l'esercito romano nel
tentativo di convincere i Giudei a sottomettersi ai Romani. Dopo la
guerra Giuseppe venne a Roma ,divenne cliente (cioè un protetto)
dell'imperatore e assunse il nome dell'imperatore ( Giuseppe Flavio,
appunto). Ricevette terre e favori e scrisse una storia della guerra
giudaica oltre che una storia generale degli Ebrei in Aramaico e queste
opere poi tradotte in greco ci sono pervenute e costituiscono la fonte
principale delle nostre conoscenze moderne su quegli avvenimenti.: per
questo motivo .e non per l'importanza militare riportiamo l 'episodio
LA FAME La
maggior parte delle vittime dell'assedio non fu dovuta alle armi ma
alla fame che può quindi considerarsi forse la vera protagonista
dell'assedio. I Romani infatti cinsero d'assedio la città e resero
impossibile ogni rifornimento. Le scorte si esaurirono presto e allora
la popolazione fu presa dalla disperazione. Tutti si contesero i pochi
avanzi: prima con il danaro e poi con a violenza. Lottarono fra di loro
gli amici e i parenti e a volte il marito tolse il cibo dalla bocca
alla moglie e la moglie al marito e quello che è ancora più terribile,
i genitori ai figli. Prevalevano i più forti sui più deboli e i ribelli
armati riuscivano a sostenersi perché toglievano il cibo agli inermi,
Quando si trovava qualche cosa da mangiare ci si rinchiudeva subito in
casa per consumarlo. Ma quando si vedevano le porte chiudere subito
irrompevano gente disperata e armata che toglievano ai malcapitati i
bocconi ancora in bocca. A volte i bambini restavano attaccati ai
bocconi con forza e venivano alzati con essi. Molti armati poi,
cominciarono a torturare terribilmente i concittadini nella speranza
che essi avessero nascosto da qualche porte un poco di cibo e molti
morirono cosi nei tormenti. Si racconta che una donna impazzita per
la fame uccise e cucinò il proprio figlio. Ne mangio una parte e
un'altra la conservò per quelli che la tormentavano. Quando questi
entrarono in casa offri loro la parte restante: questi pero dall'orrore
fuggirono. La storia si riseppe anche nel campo dei Romani che furono
presi da orrore e da pietà. La gente moriva: dapprima i parenti
rendevano loro qualche onore funebre ma a volte cadevano essi stessi
sui loro cari morti per la debolezza e presto fu impossibile ogni
cerimonia. Allora i cadaveri furono lanciati dalle mura nei fossati e
Gerusalemme fu circondata da una massa di cadaveri. I ribelli nelle
loro sortite erano costretti a camminare su questo orrendo tappeto. Alla
fine fu impossibile anche gettare i cadaveri alle mura e allora si
stiparono nelle case e si chiusero le porte. La maggior parte della
gente così moriva orribilmente: ma i ribelli avevano giurato di non
arrendersi e mantennero il loro giuramento fino alla fine, sordi e
ciechi a ogni pietà.
I FUGGITIVI Molti cittadini tentarono
di fuggire dalla città assediata ma pochi ebbero buona fortuna. Innanzi
tutto i ribelli non lo permettevano specie all'inizio dell'assedio
perché lo consideravano un tradimento. Un maggiorente della città di
nome Mattias, che pure aveva aiutato i ribelli, sospettato di volere
fuggire, fu immediatamente condannato a morte con i suoi tre figli:
implorò che, per i suoi passati meriti ,fosse ucciso prima dei figli:
non gli fu accordato: furono prima uccisi i suoi tre figli e per ultimo
su di essi cadde anche il padre. Bisognava dare un esempio terribile
che scoraggiasse ogni idea di resa. In seguito pero i ribelli non si
opposero più: molti fuggirono dalla città. All'inizio i Romani
permettevano loro di passare le linee e allontanarsi ma in seguito
sospettarono che fra di essi potessero esserci dei ribelli che poi li
avrebbero colpiti alle spalle e anche vollero far capire che volevano
la resa generale, unica condizione che avrebbero accettato. I Romani
allora crocifissero tutti intorno alle mura della città fino a 500 al
giorno: la fila dei crocifissi circonda tutta la città: "non vi era più
spazio per le crocifissioni e non più croci per le vittime". In una
fase ulteriore non ci furono più crocifissioni: tuttavia i fuggitivi
ebbero ancora sorte terribile: era in uso al tempo ingoiare monete
d'oro e pietre preziose per nasconderle e poi recuperarle nelle feci
(attualmente una pratica simile viene usata da corrieri della droga). I
soldati Romani si accorsero che qualcuno dei Giudei faceva così e
allora uccidevano tutti per frugare nelle loro viscere. Pochi trovarono
effettivamente qualcosa ma tanti Ebrei persero la vita anche se almeno
ufficialmente queste azioni erano severamente vietate .Ma, si sa
nell'antichità il saccheggio era la ricompensa più importante che i
soldati si aspettavano e nessun comandante accorto le poteva proibire.
Alcuni furono accolti dai Romani ma ebbero pure morte orribile: si
gettarono sul cibo ma morirono perché "scoppiò loro lo stomaco" dice
Giuseppe Flavio: in realtà, secondo i medici moderni, per improvvisa
anemia cerebrale dovuto all'improvviso afflusso del sangue allo stomaco
o per mancanza di succhi gastrici dovuta alla lunga inattività delle
relative ghiandole. Verso la fine dell'assedio i Romani accettarono i
fuggitivi ma per venderli come schiavi.
I PRIMI ASSALTI Gerusalemme
aveva poderose fortificazioni. Era circondata da una triplice cinta di
mura tranne che sul lato nord che aveva un solo muro ma che era
inaccessibile per uno strapiombo. Di rinforzo alle mura vi erano più di
cento torri e alcune di esse ,l'Antonia per esempio, erano vere e
proprie fortezze. Tito inviò Giuseppe per offrire la resa promettendo a
tutti il perdono ma dalle mura si rispose con insulti e lanci di frecce
e di pietre. I Romani erano maestri nell'arte dell'assedio e iniziarono
le operazioni. Presero tutto il legno che trovarono e cominciarono a
costruire macchine di assalto e a lanciare contro i Giudei ogni sorta
proiettili .I Giudei non sembrarono essere all'altezza di competere in
questo con i Romani, tentarono una sortita ma furono, sia pure con
difficoltà, respinti. Di notte una delle torri crollò creando grande
apprensione nei Romani che credettero all'inizio che fosse opera dei
nemici. Individuati un punto debole nel primo muro i Romani lo
superarono entrando nei primi quartieri della città. I Romani non
intendevano distruggere o infierire sulla popolazione sempre
aspettandosi una resa generale dopo che avevano dimostrato
l'impossibilità di una difesa. Ma i Giudei invece inaspettatamente
tornano all'assalto e piombano dal secondo muro sui Romani. Questi si
trovano in difficoltà nelle strette vie che non conoscono e hanno solo
una stretta apertura nel primo muro per ricevere rinforzi. Riescono a
stento a ricacciare i Giudei e diroccano quindi tutto il primo muro.
IL DISCORSO DI GIUSEPPE Su
incarico di Tito, Giuseppe allora tenta di convincere i suoi
connazionali con un lungo e appassionato discorso: mostra la
impossibilità della vittoria, la potenza imbattibile dell'Impero a cui
sarebbe inutile opporsi. promette per tutti clemenza e perdono solo che
fossero tornati all'obbedienza di Roma. Con il loro atteggiamento i
ribelli saranno essi e non i Romani i responsabile della distruzione di
Gerusalemme e soprattutto del Tempio che essi dichiarano di voler
difendere , li invita a avere pietà della loro nazione ,dei loro
compatrioti, delle loro inutili sofferenze.Visto vano il richiamo alla
ragione e alla realtà, Giuseppe passa ad argomenti di carattere
religioso che spera possano fare breccia:mostra,in verità molto
speciosamente, citando la Bibbia e tradizioni ebraiche, che a Dio
spetta la difesa del suo popolo e non alle armi. Tutto inutile: i
ribelli hanno giurato di morire, manterranno il loro giuramento decisi
a portare nella morte non solo il maggior numero possibile di nemici ma
anche tutti quelli della loro gente che vorrebbero arrendersi e che ai
loro occhi sono solo dei traditori che non meritano di vivere. Niente
può fare loro cambiare idea: desiderano la morte ,la avranno e
trascineranno in essa un piccolo numero di nemici ma una massa immensa
della loro gente e per sempre faranno del loro popolo un popolo di
senza terra. Un colpo di pietra scagliato dalle mura dei Giudei tronca
il discorso di Giuseppe: questi viene dato per morto ma in effetti è
solo stordito e si rimette presto.
IL SECONDO MURO Riprende
con maggiore violenza l'assedio. I Romani costruiscono una grande torre
di fronte alla torre- fortezza Antonia: i Giudei però costruiscono un
cunicolo che dalle loro linee passa sotto la torre: fanno quindi
crollare la volta e la torre romana rovina al suolo. Fanno quindi una
sortita disperata che mette in rotta i Romani. I Giudei si precipitano
fino agli accampamenti Romani e qui vengono a stento fermati dai
reparti messi a loro guardia. Allora i Romani decidono di costruire un
vallo che circondi completamente tutta la città impedendo ogni via di
salvezza e ogni sortita. Vengono abbattuti tutti gli alberi della
regione e i legionari costruiscono con grande fatica un'opera immensa.
Costruiscono altre potenti macchine di guerra e abbattono il secondo
muro. Ma dietro di essi i Giudei hanno costruito un altro muro:i Romani
lo attaccano in forze ma sono respinti. Di notte tornano pero
all'assalto e questa volta, dopo un accanito combattimento riescono a
superarlo. Ancora Giuseppe tenta di convincere i difensori ad
arrendersi ma, come sempre, inutilmente. Tito si offre di permettere
una festa religiosa che doveva tenersi in quei giorni ma tutto è vano.
Allora i Romani abbattono l'Antonia e preparano una ampio cammino per
attaccare il Tempio e avanzano in forze.
L'INCENDIO DEL TEMPIO A
questo punto i soldati Romani cominciarono a penetrare nell'interno del
recinto del Tempio. I Giudei pero riempiono una parete di ingresso di
materiale infiammabile. Arretrano quindi e quando i soldati si
precipitano dentro essi la incendiano. I soldati finiscono così
intrappolati fra il fuoco e nemici e cadono tutti senza che i compagni
possano portare loro aiuto. Finito l'incendio i Romani penetrano nel
Tempio e appiccano essi il fuoco a tutto il Tempio. I soldati
massacrano tutti quelli che trovano senza fare alcuna distinzione fra
armati e inermi, fra uomini donne e bambini. Mucchi di cadaveri si
formano e crescono man mano ai piedi degli altari, per le sacre scale
rotolano corpi e colano rivoli di sangue. I Romani poi passano ai
luoghi vicini e tutto incendiano e distruggono. Tito a stento riuscì a
vedere i luoghi santi prima che fossero distrutti completamente. I
soldati depredarono tutti gli oggetti che trovarono che furono quindi
dispersi: alcuni sacerdoti in seguito, consegnarono a Tito altri
oggetti che avevano nascosti in nicchie segrete. Tutti i tesori
dell'arte, frutto di secoli di lavoro, andarono irrimediabilmente
persi. Secondo Giuseppe Flavio la distruzione del Tempio fu dovuta
all'esasperazione dei soldati e fu fatta contro la volontà di Tito: la
cosa però è poco credibile perché l'assedio di Gerusalemme aveva anche
lo scopo della distruzione di questo simbolo supremo proprio
dell'ebraismo che era sempre un punto di aggregazione della
insofferenza verso l'Impero. Giuseppe Flavio vuole addossare ai ribelli
tutta la colpa della distruzione del Tempio per motivi di propaganda
politica.
L'ULTIMO ASSALTO Tito offre ancora la resa. Ma i
ribelli rispondono che hanno giurato di non arrendersi mai e dicono che
possono solo accettare di uscire da Gerusalemme. La risposta pare una
provocazione a Tito in effetti, però,era l'unica che potevano dare e la
tragedia si avvia al suo inevitabile fine. I Romani danno l'ultimo
assalto e investono il terzo muro. La resistenza dei Giudei è debole,
si disperdono. I Romani allora si precipitano all'interno del muro e
uccidono senza nessuna distinzione tutti quelli che incontrano,
incendiano tutti gli edifici. Gli ultimi irriducibili si nascondono nei
cunicoli scavati sotto la roccia. Qui alcuni muoiono di fame, altri si
uccidono.Quando alla fine i Romani ,sfidando il fetore, che ne esce, si
calano all'interno troveranno solo qualcuno ancora vivo. I capi
Giovanni e Simone vengono catturati vivi, forse all'ultimo momento è
mancato loro il coraggio di uccidersi o forse hanno atteso troppo:
vengono incatenati. In seguito saranno portati a Roma per il trionfo di
Tito e dopo messi a morte secondo la crudele tradizione romana.
LA FINE DI GERUSALEMME Tutti
i superstiti dell'assedio tranne quelli ai quali che all'inizio era
stato permesso di andare via, rimasero in potere dei soldati Romani:
questi uccisero i deboli, i vecchi e risparmiarono quelli più sani,
particolarmente quelli che avevano meno di 17 anni per venderli come
schiavi anche se il prezzo ormai era bassissimo. Altri prigionieri
considerati particolarmente "pregiati" furono inviati "in regalo" in
tutte le città dell'oriente e molti finirono la loro vita nelle arene
degli anfiteatri. Secondo Giuseppe Flavio i prigionieri furono 97.000
ma i morti in tutto l'assedio sarebbero stati un milione e centomila.
La seconda cifra appare ai moderni del tutto esagerata mentre forse la
prima può avvicinarsi alla realtà: non sapremo mai quante furono
effettivamente le vittime. Tito ordinò quindi che tutta Gerusalemme
fosse distrutta. Tutti gli edifici ancora in piedi furono diroccati,
tutto fu spianato completamente. Solo alcune torri furono risparmiate
per essere usate dai soldati che sarebbero rimasti sul posto. Dice
Giuseppe Flavio che un visitatore non avrebbe mai creduto che in quel
posto fosse sorta una città. Secondo la predizione evangelica non restò
"che pietra su pietra": in realtà non rimasero nemmeno quelle perché
tutto fu portato via ed infatti non troviamo praticamente nessuna
vestigia della antica città a parte un muro di contenimento della
spianata del Tempio, il famoso "muro del pianto". Nel luogo fu poi
fondata una città ellenistica denominata Aelia Capitolina nella quale
era interdetto l'ingresso ai Giudei. Solo con l'affermarsi del
Cristianesimo Gerusalemme riprese il suo nome e il suo significato
religioso e con esso anche purtroppo il tragico destino di simbolo di
scontro fra le civiltà.
Anno 70 d.C. Contesto: guerra Giudaica-Romana Comandanti: Tito per i Romani, Giovanni e Simone per i Giudei Consistenza degli eserciti: Romani: 40 mila uomini Ebrei circa 40 mila uomini Civili coinvolti: forse 500 mila
Estensore prof. Giovanni De Sio Cesari www.giovannidesio.it[i]
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