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Lotta e collaborazione tra i
popoli
di: Giovanni De Sio
La
collaborazione dei popoli non è più solo un ideale etico : esso diventa sempre
di più una necessità. Ma il mondo sembra non comprenderlo:gli appelli della
Chiesa e del suo massimo rappresentate hanno si l'onore delle cronache ma
restano così poco ascoltati nella realtà politica ed economica. Per molti
motivi, certamente, per l’egoismo dei molti è verissimo, per la mancanza della
cristiana carità, è innegabile.Tuttavia vi è pure un motivo ideologico che qui
brevemente cerchiamo di delineare.
Una ampia e lunga e capillarmente diffusa pubblicistica ha inculcato nella
coscienza moderna le basi della lotta fra popoli e civiltà ricacciando la
collaborazione internazionale in uno spazio di testimonianza, di buona
volontà,quando ancora non la ha bollato come subdolo mezzo per disarmare e
colpire i più poveri.
Il ragionamento usato è molto semplice e convincente : alcuni popoli sono
ricchi, consumano la maggior parte delle risorse: quindi questo significa che
altri popoli , la maggioranza dei popoli deve essere povera.
Il mercante d'armi interpretato da Sordi nel film '' Finchè c' è guerra c'è
speranza '' rivolto ai figli diceva : ''Se voi volete tante e tante cose allora
noi dobbiamo pure depredare qualcuno, e allora lo togliamo ai più deboli e
indifesi popoli della terra''. Si diceva in linguaggio politico-sociologico che
la povertà dei più è funzionale alla ricchezza dei pochi
Da questo punto di vista la lotta fra popoli come la lotta fra classi è
inevitabile anzi cosa giusta e santa e chi vi si oppone anche con le intenzioni
buone è ''oggettivamente'', come si diceva in termini marxisti, un nemico dei
poveri e degli oppressi, un nemico particolarmente pericoloso perchè strumento
cieco della oppressione dei ricchi. Conseguentemente il missionario poteva
essere considerato più pericoloso del mercenario perchè il secondo era
facilmente identificabile come nemico dagli oppressi ma il primo appariva invece
un amico.
Ma le cose stanno veramente cosi?
Il presupposto del ragionamento è che le risorse siano limitate e che quindi se
alcuni consumano molto altri dovranno consumare poco. Ma già nell'800 Marx mise
in luce che le crisi economiche moderne non nascono, come quelle antiche, dalla
penuria ma dall'abbondanza; precisamente dall'eccesso dell'offerta rispetto alla
domanda. Costatiamo ogni giorno che le crisi economiche sono dovute difficoltà
di assorbimento dei mercati che siano acciaierie che chiudono e quote latte in
eccesso.
La povertà non deriva dalla penuria delle risorse ma dalla incapacità di
sfruttarle: basti pensare a paesi poverissimi come il Congo che hanno risorse
naturali immense
Noi ci poniamo la domanda : ''Perchè c'è tanta umanità che soffre la fame, la
sete, la carestia,lo sfruttamento del lavoro minorile, la guerra endemica.?''
Personalmente io però credo che ci poniamo la domanda sbagliata a cui poi segue
necessariamente una risposta sbagliata. La vera domanda a mio parere è questa:
''PERCHE' noi occidentali NON soffriamo la fame, la sete, la carestia, la guerra
endemica? o meglio, perche NON le soffriamo PIU' ?
Fame, carestia, lavoro minorile sono stati sempre presenti anche in Europa fino
a non molto tempo fa : basta ricordare la sterminata letteratura ottocentesca
sulla miseria delle classi lavoratrici
A metà dell'800 in Irlanda la carestia uccideva circa un milione di persone e
altri tre o quattro milioni sopravvissero perchè ebbero la possibilità di
emigrare in massa in America. E questo avveniva nell'ambito dell'Inghilterra, la
superpotenza del tempo, il cui impero dominava un quarto dell'umanità, e che
aveva un avuto un grandioso processo di industrializzazione. Può sorprendere
constatare come i nostri libri di testo di storia dei licei diano ampio spazio
ai moti liberali del 48-49 e ignorino completamente la tragedia avvenuta in
Irlanda: all'epoca la morte per fame era considerato da noi come in tutto il
mondo un evento naturale, ''normale'', ineliminabile che era dolorosissimo ma
non stupiva più di tanto.
A un certo punto della storia l'Occidente ha iniziato un progresso politico,
economico, umano che ci ha dato un tenore di vita e quindi una visione della
vita nella quale non trovano più posto fame, sete, lavoro minorile, epidemie e
guerre endemiche che diventano quindi incomprensibile.
Capire quello che è successo in Occidente, a mio parere, è la chiave vera per
sconfiggere miseria, fame lavoro infantile e guerra.
Gli occidentali non sono migliori degli altri, nemmeno peggiori, non sono più
intelligenti e nemmeno più stupidi: ma fra di loro ha preso forma una cultura
che fra immense difficoltà e contraddizioni li ha portati a superare certi
aspetti che sembravano invece connaturati alla esistenza umana.
L'idea molto comune nel terzo mondo come anche in Europa che il riscatto dei
poveri debba avvenire attraverso la lotta all'Occidente appare del tutto privo
di fondamento: il superamento della povertà arriverà quando il terzo mondo avrà
assimilato quegli aspetti fondamentali che hanno permesso all'Occidente di
superarla.
Un breve riferimento storico. Alla fine dell'800 in Estremo Oriente si affacciò
la civilltà occidentale: il Giappone la accolse pure adattandola alle proprie
tradizioni e divenne una grande potenza:la Cina la rifiutò e per oltre un secolo
ha conosciuto la fame, la povertà la guerra ininterrotta.
Il futuro del mondo a nostro parere non sta quindi nella lotta di classe che
diventa lotta di popoli: ma sta nella collaborazione, nello scambio di idee e
tecnologie, nella collaborazione. Solo così i popoli poveri possono raggiungere
un livello accettabile di vita e solo così i popoli occidentali possono
conservarlo perchè è anche altamente improbabile che un piccola parte
dell'umanità possa godere di un buon livello di vita in mezzo a una massa di
disperati in un mondo che si fa sempre ogni giorno più piccolo.
Purtroppo gli appelli alla pace e alla collaborazione la condanna della guerra
paiono infruttuosi: ma noi come cristiani speriamo: la misura dell'opera della
Chiesa ha ritmi ampi che si misurano più sui secoli che sugli anni
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