Pubblicato su www.cattolici.net   sabato 1/5/04     HOME

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Lotta e collaborazione tra i popoli
di: Giovanni De Sio

 

La collaborazione dei popoli non è più solo un ideale etico : esso diventa sempre di più una necessità. Ma il mondo sembra non comprenderlo:gli appelli della Chiesa e del suo massimo rappresentate hanno si l'onore delle cronache ma restano così poco ascoltati nella realtà politica ed economica. Per molti motivi, certamente, per l’egoismo dei molti è verissimo, per la mancanza della cristiana carità, è innegabile.Tuttavia vi è pure un motivo ideologico che qui brevemente cerchiamo di delineare.
Una ampia e lunga e capillarmente diffusa pubblicistica ha inculcato nella coscienza moderna le basi della lotta fra popoli e civiltà ricacciando la collaborazione internazionale in uno spazio di testimonianza, di buona volontà,quando ancora non la ha bollato come subdolo mezzo per disarmare e colpire i più poveri.
Il ragionamento usato è molto semplice e convincente : alcuni popoli sono ricchi, consumano la maggior parte delle risorse: quindi questo significa che altri popoli , la maggioranza dei popoli deve essere povera.
Il mercante d'armi interpretato da Sordi nel film '' Finchè c' è guerra c'è speranza '' rivolto ai figli diceva : ''Se voi volete tante e tante cose allora noi dobbiamo pure depredare qualcuno, e allora lo togliamo ai più deboli e indifesi popoli della terra''. Si diceva in linguaggio politico-sociologico che la povertà dei più è funzionale alla ricchezza dei pochi
Da questo punto di vista la lotta fra popoli come la lotta fra classi è inevitabile anzi cosa giusta e santa e chi vi si oppone anche con le intenzioni buone è ''oggettivamente'', come si diceva in termini marxisti, un nemico dei poveri e degli oppressi, un nemico particolarmente pericoloso perchè strumento cieco della oppressione dei ricchi. Conseguentemente il missionario poteva essere considerato più pericoloso del mercenario perchè il secondo era facilmente identificabile come nemico dagli oppressi ma il primo appariva invece un amico.
Ma le cose stanno veramente cosi?
Il presupposto del ragionamento è che le risorse siano limitate e che quindi se alcuni consumano molto altri dovranno consumare poco. Ma già nell'800 Marx mise in luce che le crisi economiche moderne non nascono, come quelle antiche, dalla penuria ma dall'abbondanza; precisamente dall'eccesso dell'offerta rispetto alla domanda. Costatiamo ogni giorno che le crisi economiche sono dovute difficoltà di assorbimento dei mercati che siano acciaierie che chiudono e quote latte in eccesso.
La povertà non deriva dalla penuria delle risorse ma dalla incapacità di sfruttarle: basti pensare a paesi poverissimi come il Congo che hanno risorse naturali immense
Noi ci poniamo la domanda : ''Perchè c'è tanta umanità che soffre la fame, la sete, la carestia,lo sfruttamento del lavoro minorile, la guerra endemica.?''
Personalmente io però credo che ci poniamo la domanda sbagliata a cui poi segue necessariamente una risposta sbagliata. La vera domanda a mio parere è questa: ''PERCHE' noi occidentali NON soffriamo la fame, la sete, la carestia, la guerra endemica? o meglio, perche NON le soffriamo PIU' ?
Fame, carestia, lavoro minorile sono stati sempre presenti anche in Europa fino a non molto tempo fa : basta ricordare la sterminata letteratura ottocentesca sulla miseria delle classi lavoratrici
A metà dell'800 in Irlanda la carestia uccideva circa un milione di persone e altri tre o quattro milioni sopravvissero perchè ebbero la possibilità di emigrare in massa in America. E questo avveniva nell'ambito dell'Inghilterra, la superpotenza del tempo, il cui impero dominava un quarto dell'umanità, e che aveva un avuto un grandioso processo di industrializzazione. Può sorprendere constatare come i nostri libri di testo di storia dei licei diano ampio spazio ai moti liberali del 48-49 e ignorino completamente la tragedia avvenuta in Irlanda: all'epoca la morte per fame era considerato da noi come in tutto il mondo un evento naturale, ''normale'', ineliminabile che era dolorosissimo ma non stupiva più di tanto.
A un certo punto della storia l'Occidente ha iniziato un progresso politico, economico, umano che ci ha dato un tenore di vita e quindi una visione della vita nella quale non trovano più posto fame, sete, lavoro minorile, epidemie e guerre endemiche che diventano quindi incomprensibile.
Capire quello che è successo in Occidente, a mio parere, è la chiave vera per sconfiggere miseria, fame lavoro infantile e guerra.
Gli occidentali non sono migliori degli altri, nemmeno peggiori, non sono più intelligenti e nemmeno più stupidi: ma fra di loro ha preso forma una cultura che fra immense difficoltà e contraddizioni li ha portati a superare certi aspetti che sembravano invece connaturati alla esistenza umana.
L'idea molto comune nel terzo mondo come anche in Europa che il riscatto dei poveri debba avvenire attraverso la lotta all'Occidente appare del tutto privo di fondamento: il superamento della povertà arriverà quando il terzo mondo avrà assimilato quegli aspetti fondamentali che hanno permesso all'Occidente di superarla.
Un breve riferimento storico. Alla fine dell'800 in Estremo Oriente si affacciò la civilltà occidentale: il Giappone la accolse pure adattandola alle proprie tradizioni e divenne una grande potenza:la Cina la rifiutò e per oltre un secolo ha conosciuto la fame, la povertà la guerra ininterrotta.
Il futuro del mondo a nostro parere non sta quindi nella lotta di classe che diventa lotta di popoli: ma sta nella collaborazione, nello scambio di idee e tecnologie, nella collaborazione. Solo così i popoli poveri possono raggiungere un livello accettabile di vita e solo così i popoli occidentali possono conservarlo perchè è anche altamente improbabile che un piccola parte dell'umanità possa godere di un buon livello di vita in mezzo a una massa di disperati in un mondo che si fa sempre ogni giorno più piccolo.
Purtroppo gli appelli alla pace e alla collaborazione la condanna della guerra paiono infruttuosi: ma noi come cristiani speriamo: la misura dell'opera della Chiesa ha ritmi ampi che si misurano più sui secoli che sugli anni