Pubblicato su www.cattolici.net   sabato 24/7/04       HOME

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UNA SCUOLA PER GLI ISLAMICI
di:
Giovanni De Sio

L’iniziativa di costituire una classe a parte per Islamici in un liceo italiano ha dato origine a un dibattito di una certa ampiezza ma ,a nostro parere, molto minore di quanto l’avvenimento stesso richiede. Infatti si è parlato di una semplice misura pratica per agevolare la frequenza scolastica a un certo numero di giovani. Ma l’avvenimento deve essere visto in una prospettiva più ampia e soprattutto bisogna tener conto della prospettiva di un “ certo” islam che quella misura ha più o meno implicitamente o esplicitamente richiesto. Accenniamo allora alla prospettiva islamica.
Secondo la tradizione islamica infatti il mondo viene diviso in due parti nettamente distinte : la terra dall’Islam e la terra degli infedeli indicati con i termini “dar al islam”(terra dei credenti) e “dar al harbi”, letteralmente “ terra della guerra” , cioè dove è lecito portare la “jihad”, la guerra santa, che puo anche essere più pacificamente detta “dar al-kufr” (terre degli infedeli). Va notato che la “umma” ( cioè la comunità dei credenti corrispondente più o meno alla nostra “chiesa” ) non coincide con “ dar al islam: ( terra dell’islam). Infatti le “genti del libro”(cioè cristiani e ebrei) sono accettati in terre islamiche come “dhimmis” ( cioè protetti) in cambio di un tributo (“gizyàh”) che sostituisce il tributo coranico imposto ai mussulmani ( “zakat”) Questo convivenza è avvenuta da sempre e spesso viene indicata come un esempio di tolleranza religiosa. In effetti pero si tratta di qualcosa di molto diverso dal concetto moderno di libertà religiosa: Innanzi tutto è consentita la conversione all’Islam ma non il passaggio e nemmeno il ritorno ad altra religione che viene definito” niddah “è punito, almeno teoricamente, con la morte. In secondo luogo è una garanzia consentita a una comunità preesistente e non al singolo. Infatti per esempio in Arabia dove non esistevano comunità cristiane non è in nessun caso ammessa la presenza del culto cristiano, nemmeno agli stranieri ( per esempio al lavoratori filippini ) . Non si tratta quindi di assicurare a tutti un la libertà di credo come avviene in Occidente, concetto assolutamente estraneo alla tradizione islamica, ma semplicemente di permettere a comunità non islamiche di sopravvivere pagando un contributo del quale non è importante l’ammontare quanto il valore simbolico.
D’altra parte si ammette che gli islamici possano trovarsi in “dar al Kufr” (terra degli infedeli) ma solo per motivi particolari tra i quali però ora viene anche riconosciuta la esigenza di lavoro che ha dato luogo alla attuale imponente ondata di immigrazione in Occidente. Ma quale è l’atteggiamento che un fedele islamico deve avere in terra di infedeli? Esiste una credenza radicale : L’Islam è superiore e nulla deve elevarsi al di sopra dell’Islam Il concetto fondamentale è che il musulmano non deve lasciarsi assorbire dalla cultura del paese di adozione.
Come recita molto incisivamente un manuale per gli emigranti:
“Vita del musulmano in dar-al harbi
ll musulmano deve sentire ogni giorno tra lui e la società impura in cui vive una barriera .(Corano 9,28- I politeisti non sono che impurità) Questa barriera deve impedire al musulmano di integrarsi, fondersi con questa società. Deve avere il sentimento di trovarsi in una società ingiusta , che non è la sua, che vi si trova temporaneamente per necessità fintantochè non sarà in grado di fuggirla. Il mussulmano viene aiutato dalle fatwa (sentenze di dotti islamici ) a mantenere la sua integrità e purezza nei paesi di miscredenza”

Secondo la La Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo nell'Islam (1981) all’art.23: La Dimora dell’Islam è Una.E’ la Patria di tutti i musulmani, nessuno è autorizzato a mettere ostacoli al suo dispiegarsi (barriere geografiche o frontiere politiche)

Da ciò deriva la tendenza proprio dei musulmani a chiedere nei paesi di immigrazioni statuti particolari con l’intento implicito di ricreare una propria comunità chiusa agli influssi esterni del paese in cui si trova
In questa prospettiva si colloca la richiesta di una scuola particolare nella quale i giovani possano formarsi come in una società chiusa.
La scelta di avere proprie scuole e organizzazione puo apparire una scelta di libertà doverosa verso tutti e quindi anche verso i mussulmani. Ma per quanto detto non è cosi: in effetti la creazione di organismi separati, soprattutto di una scuola separata annulla la libertà individuale dei mussulmani. Ormai gli immigrati, come è giusto che sia, si apprestano a divenire i cittadini italiani a pieno titolo. Lo Stato deve assicurare a tutti i suoi cittadini la propria libertà personale: la creazione di corpi separati per cultura in pratica vanifica in concreto tale libertà perché fissa ciascun individuo alla sua cultura di nascita. E’ quello che avviene nei paesi mussulmani in cui i soggetti della tolleranza non sono gli individui, ma i gruppi organizzati e riconosciuti. Ma la nostra libertà ha per soggetto, l’uomo il singolo uomo che può liberamente scegliere le comunità a cui liberamente aderire.

Concludiamo ricordando le parole a cui ci siamo liberamente ispirati della “Erga migrantes caritas Christi” del 3 Maggio 2004:
“Tenendo in considerazione specialmente i diritti umani, auspichiamo perciò che avvenga, da parte dei nostri fratelli e sorelle musulmani, una crescente presa di coscienza che è imprescindibile l'esercizio delle libertà fondamentali, dei diritti inviolabili della persona, della pari dignità della donna e dell'uomo, del principio democratico nel governo della società e della sana laicità dello Stato [63].


Per la lettura integrale della “ erga omnes caritas ” http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/migrants/documents/rc_pc_migrants_doc_20040514_erga-migrantes-caritas-christi_it.html

 

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