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Credere in quello
che si vede
di: Giovanni De
Sio
È abbastanza corrente l’opinione di
coloro che dicono di non aver fede perché credono solo in quello che
vedono e che è impossibile chiaramente vedere Dio o l’anima che non
sono cose che cadono sotto la nostra esperienza sensoriale.
L’opinione è antica forse quanto la filosofia stessa e in ogni epoca
non mancano formulazioni filosofiche che più o meno esplicitamente
affermano una tale prospettiva. Modernamente si fa in genere
riferimento al “positivismo logico”ultima e coerente affermazione
del principio che stiamo esaminando . Esso afferma che il linguaggio
è solo il modello della realtà e che quindi ogni parola ( e ogni
enunciato ) per avere un senso deve corrispondere a qualche elemento
della realtà che possa essere oggetto di esperienza. Pertanto
termini come “sole” o “prato” hanno un significato in quanto ad esso
corrispondono o possono corrispondere delle esperienze sensibile ma
parole come “Dio” e “anima” non corrispondono a nessuna esperienza
possibile e quindi sono prive di senso. Al metafisico allora bisogna
rispondere non che dice cose errate ma che dice cose prive di senso.
Non vogliamo ora tediare con un discorso filosofico che sarebbe
troppo tecnico ma di mostrare le conclusioni assurde a cui
giungeremmo se seguissimo coerentemente queste teoria.
Mettiamoci nell'ottica di chi ritenga che l'unica conoscenza
veramente valida sia quella cui sia applicabile il principio di
falsificazione. Si può agevolmente dimostrare che l’arte, la storia,
e la stessa scienza allora sarebbero impossibili. Tuttavia
soffermiamoci sui campi più comuni:
IL DOVER ESSERE. La morale, le finalità dell'educazione, della
politica costituiscono modelli ideali che non sono mai realizzati
interamente nella vita concreta. Pertanto non possono essere oggetto
di verifica sensoriale: anche se nella realtà nessuno è giusto, non
per questo il giusto cessa di essere il modello a cui dobbiamo
tendere.
SCELTE PERSONALI DI VITA. Dobbiamo notare che nella nostra vita
siamo comunque sempre nella necessità di prendere decisioni
personali di grande importanza (scelta del coniuge, della
professione, ecc.) o di piccola importanza (scelta del luogo di
vacanza, di un certo tipo di abito) Nemmeno in questi casi si può
applicare il principio della verifica empirica . Non è certamente
possibile pensare di potere sperimentare varie soluzioni per
accertare quale è la migliore, sia perché in molti casi sarebbe
praticamente impossibile cambiare scelta, sia perché anche se questo
fosse possibile, due situazioni non sono mai identiche.
Lo scienziato, infatti, può a piacimento (relativamente) modificare
le situazioni e osservare le conseguenze (ad es. mettere molti corpi
nell'acqua e vedere il loro comportamento) ma io non posso cambiare
molti coniugi o sperimentare molte attività (poiché occorre molta
parte della mia vita per riuscire a rendermi padrone di una) e
d'altra parte un luogo di vacanze può soddisfarmi un anno ma non un
altro anno perché sono mutate le condizioni (un anno vi può essere
buon tempo e un altro cattivo tempo, io stesso cambio da un anno
all'altro).
Sarebbe quindi coerente escludere le questioni religiose se
effettivamente noi poi escludessimo anche la morale, la politica , e
anche le scelte personali. Poichè non credo che alcuno voglia
giungere a tali assurdità, allora possiamo concludere che le idee
religiose possono essere esaminate non dal punto di vista della
verifica empirica ma dalla razionalità dalla coerenza dalle
argomentazioni per la morale, la politica , le scelte personali
In fondo le cose più importanti non sono quelle che si vedono ma
quelle che non si vedono: come diceva Wittgenstein ,filosofo di
analogo indirizzo a quello esaminato:” Anche una volta che tutte le
possibili domande scientifiche avessero una risposta, i nostri
problemi vitali non sarebbero ancora neppure toccati “ .
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