Islam e integrazione
Giovanni De Sio
Lunedi, 21 dicembre 2009
La fede religiosa si pone come un problema fondamentale per la
integrazione degli immigrati solo nel caso che questa sia quella
islamica. Gli immigrati, non solo di altre confessioni cristiane, ma
anche buddisti o induisti, religioni per altro lontanissime da quella
cattolica, non trovano invece difficoltà nella loro professione
religiose : se la comunità cinese tende a rinchiudersi in se stessa cio
non avviene certamente per motivi religiosi. Perche questa
particolarità dell’islam?
Il motivo fondamentale è che il buddismo, l’induismo e le altre
religioni sono come quella cristiana essenzialmente delle filosofie
mentre quella islamica è essenzialmente un insieme di regole. Infatti
nel cristianesimo come nel buddismo l’esperto religioso è
essenzialmente un filosofo: tali sono considerati ad esempio S.
Agostino, o S. Tommaso e anche fuori dell’ambito cristiano e comunque
la teologia è una parte della filosofia: nel buddismo poi non esiste
nemmeno una distinzione fra filosofia e religione. Ma nell’islam
l’esperto religioso viene assimilato a un esperto giuridico: la
funzione degli esperti religiosi ( iman, ayatollah ) è quella di
emettere le fatwe cioè delle “sentenze” che indicano quale debba essere
il corretto comportamento in una certa circostanza, quello che è “haram
(proibito ) e quello che non lo è
L’ideale religioso del mussulmano è quello di adempiere scrupolosamente
a tutte le prescrizioni della “sharia” che è la via tratta dagli
esperti dagli insegnamenti del profeta..Queste riguardano, però tutti
gli aspetti della vita quotidiana: anche quelli più minuti: come
vestire, cosa e come mangiare , come regolare la successione
ereditaria, come valutare le testimonianze nei processi e cosi via Ma
per seguire le prescrizioni occorrerebbe che tutta la società fosse
organizzata su di esse come e avviene appunto nei paesi mussulmani. Ma
in un paese occidentale, non islamico, non si può chiedere infatti di
interrompere per 5 volta al giorno il lavoro per pregare, che per il
mese del ramadan non si possa mangiare e bere, non si puo chiedere che
le femmine ereditino meta di quanto spetta ai maschi, che i figli
appartengano al padre o che la testimonianza di una donna valga la metà
di quella di un uomo e cosi via. Il fedele mussulmano in un paese non
mussulmano quindi vive in una società che sostanzialmente gli impedisce
di praticare la sua religione. A questo punto tende a costruirsi una
specie di società parallela , una Umma (comunità dei fedeli) nascosta
nella quale segue leggi e regole diverse da quelle degli altri.
L’integrazione allora viene a mancare sostanzialmente, anche al di la
di ogni buona volontà, di ogni apparenza. Le democrazie occidentali
assicurano a tutti liberta religiosa nel senso che ciascuno può avere
una sua visione religiosa ( compresa l’ateismo,naturalmente) ma non può
significare che una parte dei propri cittadini segua comportamenti in
conflitto con le leggi nazionali
Le società occidentali in realtà non sanno bene come reagire oscillando
da fra una accettazione delle diversità in nome della libertà culturale
e l’esigenza che le proprie leggi, soprattutto lo spirito delle proprie
leggi. venga rispettato da tutti quelli che vogliono diventare propri
cittadini
Un caso emblematico è il velo: bisogna consentirlo per il rispetto
della liberta religiosa culturale oppure esso è segno che indica un
ruolo femminile incompatibile con lo spirito di uguaglianze dei sessi
delle nostre costituzione ?
La cultura europea non ha risolto il quesito e ogni paese adotta
provvedimenti casuali e contraddittori aumentando risentimenti e attese
: occorrerebbe una risposta chiara e precisa che mettesse in chiaro
entro quali limiti le prescrizioni islamiche siano accettabili in una
società moderna e occidentale
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