Memento mori
Giovanni De Sio
Lunedi, 2 novembre 2009
Un tempo Il “ memento mori” ( ricordati che devi morire) non solo era
talvolta ripetuto da religiosi appositamente incaricati ma era qualcosa
che la vita quotidiana non permetteva di dimenticare. I funerali erano
solenni , coinvolgenti, la morte faceva parte della vita comune
Un tempo la morte era un avvenimento sociale: si affrontava il giorno
della maggiore angoscia in mezzo ai propri cari, fra l’affetto dei
familiari e degli amici e un sacerdote era presso il capezzale per
aiutare il fedele a prepararsi all’incontro con Dio .
Poi per grazia di Dio,è venuto il progresso e la medicina, è venuto il
benessere , è venuto il consumismo. Come si può spingere al consumo chi
ha tristi pensieri di morte? E poi ormai essa è cosa che riguarda
persone remote come i nonni. gli anziani, le vittime della fame e delle
guerre in terre lontane
Si parla ai bambini di sesso ma non della morte perché potrebbero
essere turbati. E anche fra persone adulte, bene educate, l’argomento
viene evitato e, se proprio se ne deve parlare, si usano termini
allusivi o freddamente scientifici .
Ma la morte esiste sempre è la cosa più certa della vita
Cosi si muore ormai soli, negli ospedali, luoghi remoti dalla vita, in
mezzo a estranei professionalmente indifferenti, lontani dalle persone
che si amano. Una specie di congiura del silenzio nega ogni
consapevolezza al morente impedendogli non solo di sistemare i suoi
affari terreni e soprattutto spesso negandogli anche quei conforti
religiosi che sono un diritto di ogni fedele. E’ nata anche tutta una
branca della psicologia con relativi master e specialisti per trattare
i malati terminali
A noi sembra invece che la realtà della morte non debba essere
nascosta: essa esiste, è la compagna della nostra vita che non ci
dimentica mai e non dobbiamo dimenticarci di essa, la vita e la morte
sono un binomio indissolubile l’una prende significato e valore
dall’altra.
E soprattutto il cristiano muore nella speranza della vita eterna…
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