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Problemi e società

Relativismo culturale

Giovanni De Sio

Sabato,3 maggio 2008 ----- Nel recente viaggio in America, e non solo in esso, uno dei temi ricorrenti toccati da papa Bendetto XVI è stato il relativismo culturale. Generalmente con questo termine si intende una teoria seconda la quale il bene, il giusto, il vero non esistono in se ma sono sempre relativi a un certo contesto storico ambientale cioè a una “cultura” intesa in senso sociologico, diremmo, semplicisticamente, a un certo modo di pensare. Pertanto si esclude che vi possa essere una verità ultima e definitiva ma solo concezioni che variano indefinitivamente nel tempo e nello spazio, secondo le circostanze e che comunque coesistono anche nello stesso ambiente: da questa mancanza di certezza ( di verità) discenderebbe la libertà e la democrazia: se nessuno possiede la verità tutte le verità sono ammesse e quindi tutti possono liberamente sostenere la propria personale verità A questo punto si accusa il papa, e la Chiesa in generale, di proclamare una verità assoluta e quindi di essere fuori dalla democrazia, di negare la libertà religiose e politiche. In effetti l'idea di possedere una verità ultima e definitiva non è una esclusiva del Papa o della Chiesa cattolica ma è comune a tutti i credenti di ogni religione rivelata. Se Dio si è manifestato agli uomini, in qualunque modo lo abbia fatto, è evidente che il suo messaggio non può che essere la verità ultima e definitiva : è una idea perfettamente logica e sensata, sarebbe contraddittorio e privo di senso pensare il contrario. Il Papa afferma di parlare non in nome proprio ma in quello di Dio come ogni altra autorità religiosa: non potrebbe certo dire di non essere certo della verità di Dio , La contraddizione nasce quando invece si proclama che non si conosce la verità, anzi che essa non esiste nemmeno e subito dopo si proclama che quelli che ritengono di aver raggiunto la verità sono in errore anzi più comunemente che tutti quelli che pensano diversamente da noi sono o sciocchi o simulatori, cosa comunissima in tanti gruppi di “liberi pensatori” In realtà anche al di fuori dell’ambito di una Rivelazione Divina è difficilmente sostenibile che quello che, secondo la nostra opinione, sia bene , giusto e vero non sia poi veramente tale. Logicamente quello che a me piace ed è opportuno per me non necessariamente lo è per gli altri: un alimento che a me piace e che mi fa bene può non piacere o nuocere ad un altro. Ma i concetti di giusto, bene e vero hanno una valenza, una loro inarrestabile proiezione all’universalità: ciò che è bene giusto e vero non può esserlo solo per alcuni : o lo è per tutti e o non lo è. La democrazia, la libertà non implicano che il singolo rinunci ad avere una sua convinzione chiara e sicura anzi lo presuppongono. Il dialogo si fa fra persone che hanno delle convinzioni ben salde e sicure: se esse non ci sono non ci sarebbe nemmeno dialogo e confronto ma solo una esposizione di vedute personali fra loro incomunicabili e irriducibili. La democrazia in realtà non consiste nel fatto che i cittadini non abbiano convinzioni ma che essi rinunciano a farle valere con la forza, che le leggi siano approvate dalla maggioranza senza per questo pretendere che esse siano comunque il bene il giusto in sà e quindi si possa metterle in discussione ed eventualmente modificarle. La libertà religiosa è la prima e la matrice di ogni altra libertà: se infatti le leggi civili vengono fatte coincidere con quelle della religione di stato o con l’ateismo di stato, esse divengono la manifestazione di un bene assolutizzato e quindi democrazia e libertà perderebbero significato. E’ davvero assurdo vedere molti che in nome della libertà vorrebbero limitare la liberta di espressione dei cattolici perche essi sarebbero convinti di essere nella verità: quasi che la libertà e la verità si escludessero e non si presupponessero scambievolmente

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