Il Papa e Galilei Giovanni De Sio Il Papa e Galilei Venerdi,18 gennaio 2008---------------- Non vogliamo qui discutere del fatto che è stato impedito al Benedetto XVI di accettare l’invito rivoltagli dall’Università di Roma, fatto che ha avuto la condanna pressochè unanime di tutte le forze politiche e culturali e di cui si è ampiamente trattato su tutti i mass media. Vogliamo invece richiamare l’attenzione dei lettori sul pretesto usato da una parte dei docenti dell’università per motivare la loroopposizione alla lezione di Bendetto XVI. : questi avrebbe affermato che” La sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione” In realtà la frase non è di Ratzinger ma è solo una citazione .di Feyerabend. Vediamo però il problema nel suo complesso. Comunemente resiste lo schema obsoleto, reso popolare fra gli altri da Brecht, di Galilei come lo scienziato scopritore della verità contrapposto al fanatismo religioso, all’ignoranza, alla supina accettazione dell’autorità. Ma non è affatto vero che gli oppositori di Galilei fossero persone ignoranti e fanatiche: anzi si trattava di persone di grande cultura e non mancavano, d’altra parte, nell’ambito della Chiesa stessa, i fautori di Galilei. tanto che anche la decisione della condanna venne presa a maggioranza. Soprattutto non si deve credere che le teorie di Galilei fossero scientificamente dimostrabili. La teoria eliocentrica non era una oscura superstizione: essa durava da migliaia di anni e soprattutto aveva sempre egregiamente funzionato prevedendo esattamente i movimenti degli astri. La nuova teoria geocentrica, in effetti, non dava risultati più accurati: anzi poneva una serie di quesiti e di difficoltà di carattere scientifico (di esperienza empirica ) che solo l’evolversi successivo della scienza riuscirà poi a risolvere definitivamente Ai sapienti del 600 quindi si presentavano due teorie astronomiche: la Tolemaica e la Copernicana. La prima era antica quanto la civiltà e la cultura stessa, era confermata da una serie ininterrotta di previsioni esatte durata millenni. La seconda era nuova, di difficile comprensione, strana, in flagrante contrasto con tante evidenze empiriche. mancava poi ogni vera e propria dimostrazione, lasciava interrogativi irrisolti. Non dobbiamo fare l'errore di prospettiva e credere che nel 600 ci fossero le nostre conoscenze scientifiche, soprattutto il nostro retroterra culturale: superare il geocentrismo era possibile solo a pochi geni che fecero cosi un passo fondamentale nella formazione della nostra scienza. L’dea che nel processo di Galilei si siano scontrate scienza e ignoranza religiosa è del tutto fuori della realtà storica. L’allora professor Ratzinger rileva chiaramente questo fatto e citava a sostegno due autori, per altro accaniti nemici del Cristianesimo, Bloch e Feyerabend che rilevano l’ errore di interpretazione del caso Galilei : anzi ritengono che la Chiesa è stata troppo debole con Galilei: opinione che pero non viene fatta propria d Ratzinger. Il problema è che pochi, anche tra i professori di filosofia,temiamo, conoscono Bloch e Feyerabend e pochi ancora sono coscienti della rivoluzione della filosofia delle scienze avvenuta nel secolo scorso e restano attaccati a vecchi schemi positivistici dell’800 e fra questi sono certo non i professori dell'università che hanno sottoscritto il documento contro la lezione del papa E’ stato fatto passare allora il messaggio che il papa è contro la scienza la ragione la libertà di pensiero, cosa del tutto infondata come abbiamo mostrato : noi non crediamo che sia stato tanto per malafede ma per evidente ignoranza----------- Riportiamo in appendice il testo di Ratzinger su Galilei ------------ Per i dati scientifici del problema vedi: http://www.europaoggi.it/content/view/47/94/ ---------------- Per critiche e commenti : giovannidesio@libero.it --- ------ -----------.---------- ----- Appendice: stralcio dell'intervento, tratto dal volume 'Svolta per l'Europa? Chiesa e modernità nell'Europa dei rivolgimentì, edizioni Paoline, Roma 1992, p. 76-79. Nell'ultimo decennio, la resistenza della creazione a farsi manipolare dall'uomo si è manifestata come elemento di novità nella situazione culturale complessiva. La domanda circa i limiti della scienza e i criteri cui essa deve attenersi si è fatta inevitabile. Particolarmente significativo di tale cambiamento del clima intellettuale mi sembra il diverso modo con cui si giudica il caso Galileo. Questo fatto, ancora poco considerato nel XVII secolo, venne - già nel secolo successivo - elevato a mito dell'illuminismo. Galileo appare come vittima di quell'oscurantismo medievale che permane nella Chiesa. Bene e male sono separati con un taglio netto. Da una parte troviamo l'Inquisizione: il potere che incarna la superstizione, l'avversario della libertà e della conoscenza. Dall'altra la scienza della natura, rappresentata da Galileo; ecco la forza del progresso e della liberazione dell'uomo dalle catene dell'ignoranza che lo mantengono impotente di fronte alla natura. La stella della Modernità brilla nella notte buia dell'oscuro Medioevo. Secondo Bloch, il sistema eliocentrico - così come quello geocentrico - si fonda su presupposti indimostrabili. Tra questi, rivestirebbe un ruolo di primo piano l'affermazione dell'esistenza di uno spazio assoluto; opzione che tuttavia è stata poi cancellata dalla teoria della relatività. Egli scrive testualmente: 'Dal momento che, con l'abolizione del presupposto di uno spazio vuoto e immobile, non si produce più alcun movimento verso di esso, ma soltanto un movimento relativo dei corpi tra loro, e poiché la misurazione di tale moto dipende dalla scelta del corpo assunto come punto di riferimento, così (qualora la complessità dei calcoli risultanti non rendesse impraticabile l'ipotesi) adesso come allora si potrebbe supporre la terra fissa e il sole mobilé. Curiosamente fu proprio Ernst Bloch, con il suo marxismo romantico, uno dei primi ad opporsi apertamente a tale mito, offrendo una nuova interpretazione dell'accaduto. Il vantaggio del sistema eliocentrico rispetto a quello geocentrico non consiste perciò in una maggior corrispondenza alla verità oggettiva, ma soltanto nel fatto che ci offre una maggiore facilità di calcolo. Fin qui, Bloch espone solo una concezione moderna della scienza naturale. Sorprendente è invece la valutazione che egli ne trae: 'Una volta data per certa la relativita' del movimento, un antico sistema di riferimento umano e cristiano non ha alcun diritto di interferire nei calcoli astronomici e nella loro semplificazione eliocentrica; tuttavia, esso ha il diritto di restar fedele al proprio metodo di preservare la terra in relazione alla dignità umana e di ordinare il mondo intorno a quanto accadrà e a quanto è accaduto nel mondò. Se qui entrambe le sfere di conoscenza vengono ancora chiaramente differenziate fra loro sotto il profilo metodologico, riconoscendone sia i limiti che i rispettivi diritti, molto più drastico appare invece un giudizio sintetico del filosofo agnostico-scettico P. Feyerabend. Egli scrive: 'La Chiesa dell'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisioné. Dal punto di vista delle conseguenze concrete della svolta galileiana, infine, C. F. Von Weizsacker fa ancora un passo avanti, quando vede una 'via direttissima' che conduce da Galileo alla bomba atomica. Con mia grande sorpresa, in una recente intervista sul caso Galileo non mi è stata posta una domanda del tipo: Perché la Chiesa ha preteso di ostacolare lo sviluppo delle scienze naturali?, ma esattamente quella opposta, cioé: Perché la Chiesa non ha preso una posizione più chiara contro i disastri che dovevano necessariamente accadere, una volta che Galileo aprì il vaso di Pandora?. Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. [...] Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica". (§) |