In mancanza del padre Giovanni De Sio Lunedi, 24 settembre 2007 ------------------ Nella letteratura sociologica è abbastanza comune il concetto che nella nostra società moderna “ manca il padre”. Si intende dire che manca cioè una autorità riconosciuta che a un certo momento possa indicare una chiara linea di demarcazione fra il bene e il male. Un tempo infatti la figura paterna era la figura emblematica che aveva l'autorità di dire questo è bene questo e male,questo si deve fare, questo non si deve fare. Non che effettivamente il padre esercitasse nella famiglia questa funzione: erano in genere le madri a decidere tutto. Ma esse dicevano:" poi quando viene tuo padre ... " che poi eseguiva semplicemente quello che la madre diceva ma che comunque rappresentava l'autorità. Non è che si trattasse,infatti, di una prerogativa maschile ma poteva essere esercitata indifferentemente da un uomo o da una donna. Dopo il padre,veniva la maestra,il preside, qualcuno che indicasse chiaramente un confine fra il lecito e l’illecito al ragazzo prima che diventato, a sua volta adulto, avesse egli stesso questa funzione . La Chiesa, rappresentata generalmente dal parroco, era poi la fonte sicura quando il problema diventava propriamente etico. Quando insorgevano contrasti nell’ambito della famiglia fra genitori e figli, fra fratelli e soprattutto fra i coniugi ci si rivolgeva al parroco il quale in nome di una morale forte e sicura che aveva le sue basi nella legge divina stessa assegnava torti e ragioni, indicava la via per risolvere il problema. La società moderna invece non accetta una autorità: ognuno intende giudicare personalmente e i direttamente ogni problema per risolverlo con il proprio criterio personale. Poichè ognuno ha la stessa pretesa avviene che ognuno dia poi una sua soluzione personale ma, come dicevano gli antichi, ”tot capita tot sententiae “ (tante le teste, tanti i pareri ) : ognuno però, per un naturale errore di prospettiva tende a pensare che l’unica soluzione giusta e opportuna e “vera” sia la propria e che gli altri non lo vogliono riconoscere o per mancanza di senno o più comunemente per propri interessi personale, insomma che l’altro è uno stupido o un disonesto. Poichè poi ciascuno pensa allo stesso modo si ha l’impressione che la società sia formata da stupidi e disonesti : il mondo è pieno di persone che ritengono di avere la ricetta per ogni cosa e grida che le autorità agiscono per stupidità o malafede e che basterebbero che avessero loro il “Potere” ogni cosa andrebbe bene al suo posto. Ora che ciascuno sia chiamato a giudicare personalmente e direttamente la realtà in campo morale è un principio che non si può nè si vuole certamente negare: la azione morale infatti è sempre un atto libero che presuppone un giudizio personale: la responsabilità che è la caratteristica fondamentale della scelta morale presuppone sempre la libertà. Non potremmo essere responsabili d una azione che non abbiamo liberamente e coscientemente scelto Il problema pero è che nel campo etico si vuole procedere con semplicismo mentre esso è per eccellenza il campo della complessità. Distinguere bene e male è sempre impresa difficile ed è opera collettiva che si estende attraverso i secoli. La chiesa in particolare ritiene di essere custode della legge divina ed è una funzione che ogni sincero credente non può non assegnarle. Non possiamo effettivamente e logicamente ammettere che i il giusto e l’ingiusto è quello che appare tale al singolo uomo in ogni singolo momento : chi di noi se litiga con il vicino di casa non ritiene in perfetta buon fede di essere assolutamente nel giusto? Ma per dirimere le liti condominiali esistono leggi e tribunali: perchè mai non dovrebbe esistere un “padre” qualcuno che ha la un autorità per distinguere, nella condotta morale, il bene dal male? ----------- Per critiche e commenti forum@giovannidesio.it ---------- Per approfondimenti: www.giovannidesio.it (§) (§) |