Pubblicato su www.cattolici.net lunedi,,27/6/05 HOME
Visite n 39345 GLI IMMIGRATI di: Giovanni De Sio
L’Italia è divenuta da paese di emigranti a paese di immigrati: è un segno innegabile di uno grande sviluppo economico che è un fatto certamente positivo. Possiamo anche pensare che il nostro popolo conosce bene i drammi della emigrazione e questo ci dovrebbe portare a comprendere maggiormente quelli degli immigrati a accoglierli quindi fraternamente. Tuttavia non dobbiamo nasconderci le difficoltà effettive e reali e non dobbiamo quindi pensare che basti semplicemente uno spirito di accoglienza . Le emigrazioni imponenti provocano conseguenze imponenti. Se esse, viste con il metro della storia, sono in genere positive è anche vero che nel breve termine possono avere conseguenze negative, anche devastanti per alcuni gruppi di popolazione: in genere tutta la prima generazione di emigranti si sacrifica e i ceti più poveri del paese ospitante vedono diminuire possibilità di lavoro e perdere potere di contrattazione Si pensi ad esempio che l’ ondata di immigrate dall’est ha tolte alle donne italiane le occasioni ultime di un lavoro di sopravvivenza. Un tempo, se tutto mancava, una donna trovava facilmente un posto di badante o di domestica ma ora questi lavori sono riservate alle extra comunitarie La difficoltà di accettazione degli immigrati non deriva (solo) da ignoranza, pregiudizio, mancanza di buona volontà ma anche da motivi oggettivi. Certo è più facile accogliere gli emigranti per il professore o l’avvocato che non vede minacciato il proprio posto di lavoro e può avere un lavoro artigianale a prezzi più contenuti. Ma la prospettiva è diversa per l’artigiano che deve affrontare la concorrenza dell’extra comunitario e deve ridurre le sue richieste economiche, per l’operaio che vede minacciato il suo potere contrattuale faticosamente conquistato dal fatto che l’immigrato si contenta tanto più facilmente. D’altra parte una accoglienza generosa ma indiscriminata porterebbe a una situazione insostenibile: ovviamente se l’immigrato non trova lavoro sarà ineluttabilmente portato a delinquere: tutti debbono pure sfamarsi. Tenuto presente questi limiti oggettivi che riguardano pero soprattutto lo Stato e le leggi il cristiano deve ricordarsi delle parole evangeliche “ fui straniero e mi accogliese;.. Allora i giusti gli risponderanno:…. Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto?....... E il re risponderà loro: "In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l'avete fatto a me…….” Pertanto in ogni straniero il cristiano vede il Cristo Il precetto evangelico va soprattutto soddisfatto considerando il l’immigrante come una persona vera. Purtroppo noi consideriamo l’immigrato solo come fornitore di lavoro a buon mercato: in genere non abbiamo idea e non ci interessiamo della lingua, cultura, religione di provenienza: per noi sono tutti uguali a parte qualche differenza somatica mentre in realtà la differenze fra le singole culture di provenienza è spesso più profonda di quella con la nostra cultura: un ucraino non ha niente in comune culturalmente con un senegalese. Se vogliamo che si sentano accettate come persone e non solo come macchine da lavoro bisogna quindi riconoscere la loro cultura, interessarsi ai loro problemi, soprattutto dare loro ascolto: molto importante anche imparare qualche parola della loro lingua di origine: niente più di questo spesso da loro il senso di essere considerate delle persone con le quali si vuol intrattenere un rapporto paritario. Non bisogna poi credere che gli immigrati siano dei “disperati “come in genere si dice. Si tratta in genere di persone che hanno un discreto livello di cultura superiore a quello dell’ambiente italiano nel quale si trovano poi a lavorare e sono dotatati di voglia di emergere. I veri poveri e gli ignoranti restano nei loro paesi. In questo la immigrazione attuale è diversa da quella italiana di un tempo. I nostri iemigranti erano i più poveri e i meno istruiti: chi aveva anche un piccolo pezzo di terra o un pò di istruzione restava in genere in Italia. Ma solo chi ha una certa istruzione e anche qualche possibilità economica può correre l’avventura di venire in Occidente. Bisogna anche tener presente che non si tratta di stranieri di passaggio: in realtà essi entrano a far parte del nostro popolo e presto essi o almeno i loro figli copriranno anche incarichi e compiti di rilievo nella nostra società a parità degli altri italiani. Spesso non si ha piena coscienza di questa realtà Per critiche e commenti: giovannidesio@libero.it
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