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Scuola per islamici
di: Giovanni De Sio Cesari
L’iniziativa di chiudere una scuola per islamici ha avuto
grande risonanza. Prescindiamo dagli aspetti tecnici e formali che
sembrano essere più pretesti che effettive esigenze per andare al
nocciolo del problema: è accettabile nel nostro paese una scuola
riservata solo agli immigrati di una certa cultura e segnatamente
islamica ?. Il preside della scuola ha affermata che si tratta di una
scuola che segue i programmi ( laici ) delle scuole egiziane e non di
una “madrase” (scuola coranica) dalle quali sono usciti, purtroppo,
tanti attentatori suicidi. Aggiunge anche che in quella scuola non si
predica un islam integralista ma anzi si insegna il rispetto per tutte
le religioni. Accettiamo per vere le affermazioni del preside , anche
se non abbiamo elementi per giudicarne la veridicità. Tuttavia anche in
questo caso è comunque opportuna una scuola separata ? Gia alcuni
esponenti islamici come il presidente della Lega Mondiale Islamica
l’ex ambasciatore Scialoja già hanno dato una risposta chiaramente
negativa.
Infatti in tal modo di fatto si crea per gli immigrati un mondo
separato e pertanto estraneo alla nazione nella quale invece dovrebbero
integrarsi in quanto futuri cittadini italiani
Ma l’avvenimento deve essere visto nella prospettiva di un “
certo” islam.
Secondo la tradizione islamica infatti il mondo viene diviso in due
parti nettamente distinte : la terra dall’Islam e la terra degli
infedeli indicati con i termini “dar al islam”(terra dei credenti) e
“dar al harbi”, letteralmente “ terra della guerra” , cioè dove è lecito
portare il “jihad”, la guerra santa, che può anche essere più
pacificamente detta “dar al-kufr” (terre degli infedeli). Va notato che
la “umma” (cioè la comunità dei credenti corrispondente più o meno alla
nostra “chiesa” ) non coincide con “ dar al islam: ( terra dell’islam).
Infatti le “genti del libro”(cioè cristiani e ebrei) sono accettati in
terre islamiche come “dhimmis” (cioè protetti) in cambio di un tributo
(“gizyàh”) che sostituisce il tributo coranico imposto ai mussulmani (“zakat”)
Questo convivenza è avvenuta da sempre e spesso viene indicata come un
esempio di tolleranza religiosa ma in realtà si tratta di una garanzia
data a una comunità e non al singolo. Non si tratta quindi di
assicurare a tutti un la libertà di credo, come avviene in Occidente,
concetto assolutamente estraneo alla tradizione islamica, ma
semplicemente di permettere a comunità non islamiche di sopravvivere
pagando un contributo del quale non è importante l’ammontare quanto il
valore simbolico.
D’altra parte si ammette che gli islamici possano trovarsi in “dar al
Kufr” (terra degli infedeli) ma solo per motivi particolari tra i quali
però ora viene anche riconosciuta la esigenza di lavoro che ha dato
luogo alla attuale imponente ondata di immigrazione in Occidente. Ma
esiste una credenza fondamentale : L’Islam è superiore e nulla deve
elevarsi al di sopra dell’Islam : quindi il musulmano non deve
lasciarsi assorbire dalla cultura del paese di accoglienza Da ciò
deriva la tendenza proprio dei musulmani a chiedere nei paesi di
immigrazioni statuti particolari con l’intento implicito di ricreare una
propria comunità chiusa agli influssi esterni del paese in cui si trova
In questa prospettiva si colloca la richiesta di una scuola particolare
nella quale i giovani possano formarsi come in una società chiusa.
La scelta di avere proprie scuole e organizzazione può apparire una
scelta di libertà doverosa verso tutti e quindi anche verso i
mussulmani. Ma per quanto detto non è cosi: in effetti la creazione di
organismi separati, soprattutto di una scuola separata annulla la
libertà individuale dei mussulmani. Ormai gli immigrati, come è giusto
che sia, si apprestano a divenire i cittadini italiani a pieno titolo.
Lo Stato deve assicurare a tutti i suoi cittadini la propria libertà
personale: la creazione di corpi separati per cultura in pratica
vanifica in concreto tale libertà perché fissa ciascun individuo alla
sua cultura di nascita. E’ quello che avviene nei paesi mussulmani in
cui i soggetti della tolleranza non sono gli individui, ma i gruppi
organizzati e riconosciuti. Ma la nostra libertà ha per soggetto,
l’uomo, il singolo uomo che può liberamente scegliere le comunità a cui
liberamente aderire.
Per critiche e commenti
giovannidesio@libero.it
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