Pubblicato su www.cattolici.net lunedi 7/1/2005 HOME
Visite n 327258 DARWINISMO SOCIALE di: Giovanni De Sio Il pensiero di Darwin non consiste nella osservazione che in natura più forti (i più adatti all’ambiente) sopravvivono e i più deboli (i meno adatti) periscono. Questa è una constatazione ovvia, innegabile, direi banale. Tutti sanno che solo le zebre più veloci e i leoni più abili nella caccia sopravvivono e possono quindi riprodursi: la teoria di Darwin sostiene invece che la selezione spiega la nascita stessa delle specie e che quindi le specie stesse dei leoni e delle zebre sono frutto di tale meccanismo. In sostanza quindi la selezione non opererebbe solo all’interno della specie ma anche le creerebbe. Il darwinismo sociale non ha nulla a che fare quindi con la teoria dell’evoluzionismo darwiniana. Essa consiste semplicemente nella concezione che le implacabili leggi di natura della lotta per la vita e della selezione del più forte operano o dovrebbero operare anche nell’ambito della società umana. Non si pretende in nessun modo che si possa creare una nuova specie umana, non si è mai giunto a un tale grado di follia: al più si ritiene possibile solo la formazione di “razze” inferiori e superiori ma sempre nell’ambito della specie umana. Il darwinismo sociale consiste quindi nell’estensione alla società umana delle riconosciute leggi di natura. Ci poniamo il problema se una concezione del genere possa avere una qualche giustificazione e una sua coerenza. In realtà , a nostro avviso dipende dalla concezione filosofica che si ha dell’uomo. Se l’uomo è un essere puramente naturale, semplicemente un “animale” più intelligente degli altri ci pare anche logico e coerente estendere ad esso e alla sua società le leggi generali vigenti nella natura. Come in natura il forte vive e il debole soccombe cosi nella società possiamo pensare che il più forte cioè, il più intelligente, il più ricco, il più potente possa e debba prevalere sul più debole cioè sul meno capace,suil povero, sull‘emarginato; sembra cosa “secondo natura” Possiamo anche pensare che poi gruppi razziali, nazionali, etnici (intesi in qualunque senso) possano competere fra di loro e i più deboli siano soppressi o asserviti ai più forti (razzismo, nazionalismo esasperato, guerre di conquista, caste sociali). Ma se pensiamo che l’uomo sia qualcosa di diverso da un semplice animale, che se anche se le sue funzioni fisiche non sono sostanzialmente diverse da quelle degli animali tuttavia egli è qualcosa di qualitativamente diverso, che abbia cioè anche un anima, uno spirito qualcosa insomma di non riconducibile semplicemente al meccanismo biologico allora il darwinismo sociale non può essere accettato. Diverso quindi è la prospettiva cristiana ( e in verità di ogni altra religione): l’uomo è qualcosa di diverso da un animale è creatura a cui Dio ha dato una natura spirituale ed immortale, e un posto diverso nel creato : conseguentemente per lui non valgono quindi le leggi comuni della natura ma altre, date proprie alla sua natura e espresse anche direttamente da Dio In questa prospettiva l’uomo è amore, solidarietà, fraternità. Il forte non sopprime il debole ma gli da il suo aiuto fraterno, uomini di popoli e razze si riconoscono come fratelli nell’unico Dio Creatore. Il darwinismo sociale non può quindi avere più spazio ma esso può essere sostituito dalle parole consolatrici: “ Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso…. Allora il re dirà a quelli della sua destra: "Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v'è stato preparato fin dalla fondazione del mondo.Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi". Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?" E il re risponderà loro: "In verità vi dico che quando lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l'avete fatto a me". (Matteo 25:41 – 41)
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