PUBBLICATO SU NUCLEOCULTURALE 5 febbario 2006 HOME
La Shoah e l’Islam
A cura di Giovanni De Sio Cesari
Recentemente ha fatto molto notizia e scalpore in Occidente la presa di posizione di Ahmadinejad che ha negato decisamente l’esistenza della Shoah.
In verità non si tratta, come qualcuno può pensare di una personale e particolare opinione del nuovo leader iraniano ma di una convinzione universalmente diffusa nel mondo arabo nel quale l’idea che i nazisti avrebbero sterminato circa sei milioni di ebrei trova scarsissimo credito. Possiamo dire che la novità sta nel fatto che la negazione della Shoah viene diffusa da una personaggio che ha la massima responsabilità in uno stato ma Ahmadinejad non fa certo mistero del suo profondo antisionismo.
L’idea che la Shoah sia una invenzione è stata poi ancora più rafforzata dal fatto che lo storico inglese Irving, sia stato condannato per averla negata. Questo fatto è apparso al mondo musulmano come la controprova inconfutabile che si ricorra alla forza per impedire che possa essere detta la verità.
In realtà effettivamente i giudici austriaci hanno fatto un buon regalo agli ambienti più intransigenti dell’antisionismo che possono ora affermare che solo il timore del carcere e delle persecuzioni politiche impedisca che la verità possa essere conosciuta.
In verità anche a noi pare lesivo della libertà di ricerca e di opinione considerare reato e quindi punire come tale una teoria storica: una teoria puo essere anche del tutto infondata ma pure tuttavia deve esse confutata sul piano storico e i giudici non possono fare le veci degli storici e imporre assurdamente una storia “conforme alle leggi”.
Nel mondo islamico non credo che Irving sia conosciuto: invece molto noto è l’intellettuale francese Roger Garaudy personaggio del corso intellettuale singolare. Dapprima aderente al marxismo in seguito si avvicinò al cristianesimo . Grande successo ebbero le sue opere sulla interpretazione del marxismo come metodologia storica e soprattutto sull’incontro fra marxisti e cristiani.
In seguito pero negli ’80 Garaudy aderì all’islam : afferma comunque di non aver tradito la sua ispirazione di fondo della scoperta del marxismo come metodo di ricerca e ha preso posizione contro il fondamentalismo islamico in varie occasioni auspicando un islam “moderno “( Pour un islam du XX siècle (1985).
Una sua pubblicazione “I miti fondatori della politica israeliana “ del 1996 è molto conosciuta in ambiente islamico e viene presentata un pò da tutti i siti islamici e in tutte le lingue. In essa Garaudy esamina le idee centrali che hanno presieduto alla formazione dello stato di Israele per affermare che si tratta di miti che non corrispondono alla realtà storica: fra essi viene individuata anche la Shoah oltre alle teorie del popolo eletto, della terra promessa, del miracolo economico israeliano In questa opera egli afferma di seguire ancora la sua propria ispirazione di marxista critico e di voler denunziare il “fondamentalismo ebraico” cosi come aveva combattuto contro il fondamentalismo cattolico, marxista e islamico.
Garaudy parla propriamente di “Olocausto”: Il termine avrebbe lo scopo di richiamare gli antichi riti sacrificali da cui poi l’idea della cremazione come elemento essenziale e caratterizzante, In realtà i forni crematori sarebbero stati pure una necessità pratica dei lager per cercare di circoscrivere in qualche modo l’estendersi delle epidemia. Soprattutto però le famose camere a gas che sono l’espressione più chiara della volontà di sterminio totale dei nazisti non sarebbero mai esistite o non avrebbero mai funzionate. Secondo Garaudy ( e anche Irving) non ci sarebbero prove sufficienti. Si tratterebbe cioè di una leggenda postuma che non avrebbe riscontro nella realtà. I modelli che si trovano in qualche lager sarebbero semplici ricostruzioni.
Ma più che i fatti particolare egli pone la Shoah in una cornice generale che ne nega la eccezionalità. Secondo Garaudy non esisterebbe nessuna prova storica seria che effettivamente i nazisti in generale e anche Hitler in particolare, avessero la intenzione esplicita di sterminare “tutti” gli ebrei. Non si nega che essi fossero deportati in massa e che essi in gran numero morissero durante la prigionia. Ma si iscrive il fatto in una cornice generale. Durante la guerra la mortalità dei campi di prigionia fu sempre altissima. Un paese allo stremo per una guerra in atto non ha risorse sufficienti per mantenere un gran numero di prigionieri. Cosi durante la guerra milioni di prigionieri morirono di stenti e privazione nei campi.
Ad esempio dei 90 mila tedeschi che si arresero a Stalingrado solo circa 5 mila (un po più del 5%) riuscì a sopravvivere. Anche negli stessi campi alleati, alla fine della guerra, la mortalità fra i prigionieri tedeschi fu molto alta. Allo stesso modo i decessi di ebrei nei campi non furono dovuti ,come comunemente si dice, a una deliberata volontà di genocidio ma solo al fatto che in tutti i campi gli appartenenti a tutte le nazionalità ebbero perdite altissime non inferiori nel complesso a quelle degli ebrei.
Si ritiene inoltre che il numero degli ebrei periti nelle persecuzione sia molto lontano dai sei milioni che è la cifra generalmente indicata.
In base a queste considerazioni gli ebrei periti nei campi di concentramento non sarebbero un fatto eccezionale e deliberato ma andrebbero integrata nei milioni di prigionieri di tutte l nazionalità periti per gli stenti dei lager e più in generale nei 54 milioni di vittime della Seconda Guerra Mondiale.
Non un fatto quindi eccezionale da ricordare in modo particolare ma la comunanza di un tragico destino che accomuna tutte le nazionalità alla quali appartennero tutte le vittime della più terribile guerra che l’umanità ricordi.
I sionisti invece avrebbero estrapolato la loro particolare vicende da quelle similari per crearne la eccezionalità che giustificherebbe di riflesso poi la eccezionalità della loro invasione della Palestina In questo senso la Shoah sarebbe uno dei miti fondatori dello stato di Israele.
Non rientra nel nostro assunto esaminare criticamente tale teoria anche se ci pare in verità più cavillosa che sostanziale. Tuttavia va tenuto presente che il mondo islamico in generale non crede alla Shoah : è un dato di fatto da tener presente e non dobbiamo pensare che sia solo una trovata propagandistica di Ahmadinejad come in genere si crede in Occidente.
Questo però non significa che gli arabi siano anti ebraici : essi affermano sempre che la loro lotta non è contro gli ebrei che convissero con loro per oltre 1300 anni ma contro la aggressione sionista. In realtà la distinzione fra antisionismo e antiebraismo è piu che altro teorica perchè in concreto si tende a considerare ogni ebreo comunque un sostenitore o una spia di Israele.
Gli arabi sono tutti divisi su ogni cosa ma l'unica cosa che li unisce è l'odio verso Israele :per questo ogni capo o capetto arabo, se vuole ricercare una facile popolarità minaccia Israele, più o meno come avveniva nel nostro medioevo quando i sovrani dicevano di voler fare una crociata. Israele non è solo un piccolo territorio è un simbolo, è una dramma proprio personale per ciascun arabo di qualunque tendenza sia.
Ogni anno si ricorda la NAKBA ( catastrofe) della affermazione israeliana del 48, si parla di NAKSA (sconfitta) del 67, Gerusalemme è "AL QOODS "( la santa) perchè dalla rocca ascese Muhammed al cielo dove è la famosa moschea "AL ALAQSA " ( la splendente, da cui i martiri di alaqsa) , e su Gerusalemme si arenò il negoziato con Arafat .
Gli arabi non possono ammettere che un piccolo stato come Israele riesca a tener testa a tutto il mondo arabo: pensano allora che gli ebrei controllano tutto l'Occidente che viene accomunato nella stessa condanna.
In questa cornice prende corpo l'idea che la Shoah sia una invenzione dei sionisti per giustificare la loro aggressione e l’Occidente è complice consapevole di tale mistificazione.
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