Pubblicato a stampa da " Osservatorio internazionale " luglio 2006 HOME Nota: articolo chiuso il il 14/7/06 Pubblicato anche in Nucleoculturale e Wordpress.com. |
Giovanni De Sio Cesari
HEZBOLLAH, ISRAELE E LE PROSPETTIVE DELLA GUERRA
E’ generale e comune la condanna sia dell’azione degli Hezbollah (presa di ostaggi, lancio di missili) sia della reazione israeliani con bombardamenti che provocano morti innocenti e danni gravissimi . E uno condanna ineccepibile a cui non si può non associarsi
Alcuni pero mettono in risalto il diritto di autodifesa di Israele e altri che si ecceduto in tale diritto : anche queste due posizioni sono comprensibili e condivisibili da diversi punti di vista
Tuttavia tutte le condanne sia pure ineccepibili sul piano morale non sono affatto di aiuto per capire la situazione e anche sul piano pratico finiscono più con il rafforzare gli opposti estremisti ciascuno dei quali da gran risalto alla condanna rivolta agli altri e poco a quella rivolta a se stessa.
Si tratta di un problema politico militare e va visto quindi da un punto di vista politico militare.
Ormai da oltre 50 anni ( siamo purtroppo alla terza generazione ) divampa la guerra in Palestina, a volte in modo violento e clamoroso a volte in modo più sommesso ma la pace non ha mai, purtroppo, messo radici.
Il modo arabo non ha mai accettato che si costituisse una entità sionistica in Palestina : gli arabi possono essere divisi su ogni cosa ma sono sempre concordi nel sentire la costituzione di Israele non solo come una ingiustizia storica ma come una grave offesa ,una umiliazione per tutto il mondo arabo e mussulmano
Non importa esaminare sul piano storico se tale sentimento sia fondato o giusto o legittimo: l’importante è che ci sia.
Tuttavia fra gli arabi e quello che più importa fra i Palestinesi una parte, che è difficile quantificare, prende atto realisticamente che Israele esiste e che, data la situazione politico militare, non è possibile distruggerla; sarebbero quindi disposta a una accordo nel quale in cambio del riconoscimento di Israele si permettesse la formazione di uno stato arabo palestinese indipendente.
Una parte del modo arabo e dei palestinese non intende prendere atto di questa realtà ma proclama di voler combattere contro Israele fino alla sua totale distruzione per quanto lontana essa possa essere.
Negli anni 70 l’idea della cancellazione dello stato ebraico era spesso supportata dall’idea che il capitalismo e quindi l’Occidente sarebbe crollato con la rivoluzione comunista e quindi, anche Israele, perduto il suo puntello internazionale, sarebbe a sua volta crollata: lotta al capitalismo, all’Occidente e ad Israele venivano quindi ad identificarsi
Infatti i più intransigenti e radicali nemici di Israele erano gruppi più o meno vicino al comunismo internazionale e ad essi si dovettero gli attentati più eclatanti e sanguinosi .
Il crollo del comunismo ha tolto ogni illusione in questo senso e ogni credibilità a gruppi di “sinistra”
Intanto si è avuto per motivi complessi una evoluzione del mondo arabo in senso religioso integralista : la questione palestinese, in conseguenza, da fatto esclusivamente politico ha assunto una coloritura religiosa. Si è allora sostituito all’analisi politica la fede in Dio: in tale prospettiva allora la vittoria non arride a chi ha più armi e soldati ma dipende dalla volontà imprescrutabile di Dio : conta allora più un cuore puro, una volontà di martirio che carri e missili : Dio darà la vittoria ai suoi fedeli e li farà trionfare sui propri nemici : l’importante è avere fede.
Non importa nulla dal punto di vista dell’analisi politica se una credenza del genere sia fondata o meno ,e nemmeno se sia o meno in ordine alle indicazioni o prescrizioni del Corano: l’importante è che queste cose siano credute effettivamente.
Ogni volta che si apre uno spiraglio sia pure vago per una pacificazione gruppi o e gruppetti anche minuscoli che condividono queste posizioni ma che hanno pure radici molto ampie e ramificate iniziano un‘azione violenta che scatena la reazione israeliana e quindi lo spiraglio, già molto tenue, si chiude subito.
Non possiamo dire che sia una azione sconsiderata: anzi dal punto di vista di chi compie l’attentato è un successo indiscutibile . Anche il raccapriccio, l’orrore provocato da stragi indiscriminate non scuotono affatto gli autori: essi risponderanno che se avessero carri e missili li userebbero ma che il” terrorismo ” è l’unico mezzo che hanno per combattere e quello devono usare, magari a malincuore. Tre generazioni di palestinesi cresciuti nell’odio per Israele non si turberanno certo se i loro nemici conoscono la morte e la sofferenza
Di fronte a questa situazione Israele risponde in modo violento e deciso per dimostrare che comunque il terrorismo non paga, che non può ottenere la vittoria e che la conseguenza dei loro atti è soprattutto quella di infliggere maggiore sofferenze proprio a quei palestinesi che esso proclama di voler difendere .
Di fonte al terrorismo della cosi detta “seconda intifada” Israele ha stretto in una morsa la popolazione palestinese ridotta ormai all’ultima miseria e disperazione.
Si vuole che i Palestinesi si convincano della dannosità del terrorismo e quindi della necessità di accettare comunque la esistenza di Israele .
Ma occorre esaminare se effettivamente tale politica raggiunge gli scopi prefissi
La Palestina in realtà non è una identità con un governo autorevole responsabile,in grado di governare e imporre effettivamente la propria volontà. La popolazione, la gente comune non è in grado, anche se lo volesse, di impedire atti di terrorismo Viene quindi punita per qualcosa che non è in grado di fare. L’effetto sperato dagli Israeliani è che alla fine essi si rendano conto che l’unico modo per uscire da questa angosciosa situazione è quella di combattere il terrorismo e i terroristi
Ma in realtà questa reazione psicologica non avviene affatto
Infatti il palestinese oppresso, in miseria,che vede morire i suoi figli non addossa affatto la colpa ai terroristi ma gli Israeliani: non considera affatto l’azione israeliana come effetto di quella dei terroristi ma anzi fa il collegamento inverso: l’azione terroristica è vista come vendetta di quanto ha subito
Come al solito, non importa quale sia in realtà la catena delle cause (ammesso poi che la si possa individuare oggettivamente ): importane è quello che viene creduto
Questo spiega il fatto spesso incomprensibile per noi occidentali del successo di HAMAS e di altre organizzazioni estremiste: noi riteniamo che la loro azione abbia per effetto le immani disgrazie dei palestinesi ma questi ultimi le attribuiscono solo ad Israele
Lo stesso copione pare recitarsi negli attuali avvenimenti in un quadro più ampio e pericoloso.
Appena è apparsa una timida, molto timida ,appena percepibile prospettiva che HAMAS, di fronte alla responsabilità di governare, in qualche modo ammorbidisse la sua posizioni intransigente e quindi aprisse un dialogo con Israele ecco che gli Hezbollah hanno riacceso la miccia, rapendo un soldato Israeliano, ponendo condizioni inaccettabili per il suoi rilascio, lanciando missili sulle città Israeliane. A questo punto Israele risponde colpendo dapprima i palestinesi di Gaza rimasti al buio, senza acqua, isolati , bersagliati da ogni parte con l’incubo della morte che può venir in qualunque momento senza che ci sia alcun riparo o difesa. .
Ma essi ancor una volta non possono fare nulla perchè l’ostaggio sia liberato, aumenta invece il loro odio per Israele e conseguentemente aumenta pure il prestigio di quelle organizzazioni che noi chiamiamo terroristiche ma che in quel contesto appaiono coloro che fanno vendetta di tanta infamia o meglio ancora giustizia tanto che coloro che vi muoiono eseguendole sono degni di entrare immediatamente in paradiso.
Lo stesso discorso avviene ore per il Libano.
Gli israeliani teoricamente hanno anche ragione nell’attacco al Libano perchè dal suo territorio partono attacchi contro le proprie città: tuttavia il Libano come la Palestina non ha un governo veramente in grado di controllare il territorio,ma si base su un fragile equilibrio. Se Israele reclama il disarmo delle milizie degli Hezbollah tuttavia il governo non è in grado di farlo anzi è composto esso stesso anche dai rappresentanti degli Hezbollah .
In questo quadro quindi Israele puo anche conseguire dei successi militari. i palestinesi possono anche resistere ma nè le vittorie ne le sconfitte sono risolutive: la guerra continua, passa da una generazione all’altra, da un disastro all’altro
Il problema è individuare una politica alternativa.
Se gli Israeliani pongono come presupposto dei negoziati la cessazione di ogni atto di terrorismo quelli che non vogliono il negoziato lo faranno immediatamente fallire con un attentato: vi saranno sempre dei gruppi contrari al negoziato e i moderati ( le autorità) non sono in grado di controllarli
Occorrerebbe invece che la cessazione del terrorismo fosse posta come fine del negoziato non come presupposto. Se effettivamente si costituisse uno stato palestinese con un governo effettivamente in grado di governare e controllare il territorio allora sarebbe nella logica delle cose che assumesse anche la responsabilità dei propri cittadini. Esso potrebbe effettivamente e autorevolmente controllare il terrorismo
D ‘altra parte se la situazione umana degli abitanti migliorasse sensibilmente certamente il prestigio del governo moderato crescerebbe e diminuirebbe in parallelo quello degli estremisti
In altri termini se il palestinese comune vedesse la sua vita migliorare realmente con la pace diventerebbe favorevole alla pace stessa ( cioè agli accordi con gli Israeliani) ma fino a che gli si sentirà oppresso e attaccato dagli israeliani non crederà mai che la pace con essi potrebbe portare qualcosa di buono
La strada del negoziato a oltranza richiederebbe coraggio e determinazione da parte di Israele ma sarebbe l’unica risolutrice del conflitto più che di qualunque inconcludente vittoria militare. Ma richiederebbe coraggio soprattutto volontà di pace: e non tutti gli Israeliani vogliono effettivamente la pace.
Non bisogna dimenticare che anche una parte non trascurabile degli Israeliani non accetta affatto la costituzione di uno stato palestinese e ritiene che tutta la Palestina spetti comunque agli ebrei per diritto divino
I radicali non sono solo fra gli arabi..
-----------------------------------------------------------------------------------
Dello stesso autore:
Le ragioni degli arabi e degli israeliani
http://www.cronologia.it/storia/mondiale/israe007.htm
Shoa e islam
http://www.nucleoculturale.org/userfiles/gdscshoa.htm
Arafat; un bilancio politico
http://www.cronologia.it/storia/mondiale/pales005.htm
)