PUBBLICATO DA ANPI LUGLIO 2005 HOME
GENIO NAZIONALE E RADICI Giovanni De Sio Cesari Nell’800 era molto comune l’idea che esistesse una “ genio nazionale”, una carattere o meglio un insieme di caratteri che erano propri di una nazione, di un gruppo etnico, di una città o comunque di un gruppo umano in qualunque senso lo si volesse poi intendere. Come sosteneva Hegel gli orientali riconoscevano la libertà a uno solo (il despota), gli antichi a pochi (gli aristocratici) e solo presso i tedeschi tutti erano liberi. Nessuno più al giorno d’oggi sosterebbe opinioni del genere ma persiste l’idea che, a parte ogni eccessiva semplificazione, effettivamente i vari gruppi umani siano portatori di caratteri culturali propri (il “genio del popolo dell’800” o le “radici” come si preferisce dire oggi ). Cosi i negri d’america sarebbero infingardi mentre i bianchi sarebbero più attivi e in Italia i napoletani sarebbero furbi, i milanesi laboriosi. In effetti fra molte semplificazioni insulse effettivamente possiamo dire che i vari gruppi umani possono avere caratteri culturali generali propri ma la questione va approfondita. Innanzi tutto non si tratta di un fatto genetico ma semplicemente di trasmissione culturale; non si nasce arabo o occidentale: lo si diventa per acquisizione culturale. Nulla lascia credere che i caratteri culturali possano essere innati: la “etnia” ( concetto culturale) non va assolutamente confusa con razza (concetto biologico) In secondo luogo i caratteri non possono essere ascritti meccanicamente a tutti i componenti del gruppo etnico ma solo a una certa media che in verità poi risulta molto astratta Soprattutto però bisogna rendersi conto che i caratteri culturali dipendono dalle condizioni ambientali nelle quali una comunità si evolve: ciò significa che esse variano al variare di tali condizioni: non esiste una natura propria di nessun gruppo umano ma i gruppi umani evolvono continuamente. Nessun cultura è originaria di un popolo,nessun popolo è identificato da una cultura : i popoli evolvono e “devono” evolvere, passando da una cultura a un’altra: non possono restare legate a una certa cultura quando le condizioni ambientali sono cambiate altrimenti resterebbero emarginati. Possiamo dire marxianamente che l’uomo è “quello che mangia” se intendiamo per “cibo” tutto quello che materialmente e spiritualmente l’uomo assorbe dal sua ambiente . In altri termini i caratteri più comuni di un certo gruppo vanno spiegati dal punto di vista sociologico senza ricorrere a una specie di concetto pseudo metafisico del “genio popolare” Vediamo negli americani una gran voglia di riuscire una mentalità eminentemente pratica: da che deriva ? La spiegazione è storica e sociologica. Il fatto è che il popolo degli USA è formato da persone che provengono da tanti paesi diversi ma sono tutti accomunati dalla "voglia di riuscire:": non si attraversa l'oceano per "tirare a campare". Cosi si è formata la " american way of life" per una specie di selezione sociologica delle persone più attive e motivate. Si nota che in Italia ognuno minimizza i propri guadagni mentre negli USA si cerca si mostrare di guadagnare di più perchè il guadagno è il segno del successo. Ognuno vuol essere un "winner" (vincitore) e non un " loser" (perdente) . Fatti del genere spiegano l’ affermazione della “mentalità americana” e non certo un misterioso carattere nazionale. Se guardiamo invece al gruppo dei neri americani vediamo che per essi hanno agito forze opposte. Trascinati a forza in un mondo assolutamente nuovo non avevano alcuna possibilità di emergere perchè in stato di schiavitù. Perchè mai avrebbero dovuto impegnasi nel lavoro? Per far più ricchi i propri padroni? Era certamente meglio cercare ogni scusa per lavorare il meno possibile. A un certo punto, finita la schiavitù, non era certo possibile che essi assorbissero di colpo una cultura dl lavoro del tutto antitetica. Alcuni lo fecero comunque rapidamente, altri invece si sono attardati: la cultura di un gruppo si forma lentamente ma ancor più lentamente si perde. Certamente quando, in particolare dai tempi di Kennedy, i neri d’America hanno avuto più reali possibilità, essi vanno dimostrando sempre di più di entrare nell’etica del lavoro e della riuscita come gli altri americani. Da questo punto di vista va riconsiderato anche il problema della “radici”.(Il termine diede anche il titolo alla famosa saga di Alex Haley poi ripresa anche nella omonima fiction televisiva di gran successo ) Nulla di male, anzi è auspicabile che si conosca la storia della propria gente. Ma non bisogna credere che in un certo tempo passato possiamo trovare la nostra vera cultura ( le “radici” appunto) : non vi è una cultura “vera” di un popolo ma solo stadi diversi di un continuo fluire. Il fatto che i neri provenissero dall’africa non significa affatto che la loro “vera” cultura debba essere rintracciata fra le culture tribali di quel continente. I neri d’America vivono fra grattacieli e metropolitane non nelle foreste e nei villaggi di capanne e il fatto che i loro avi provengano da quell’ambiente non significa che essi troverebbero minori difficoltà ad addattarvisi di un qualunque altro americano di razza bianca . Analogamente l’america è piena di un revival della culture indiane quasi che esse possano risorgere realmente. Se si tratta di un movimento di conoscenza ben venga, nulla da obbiettare, nemmeno, se più realisticamente si tratta di affari del turismo veicolato dalla leggenda del West . Ma non si può credere che realmente quelle antiche culture primitive possano ancora rinascere. Gli indiani non possono cacciare più il bufali che fra l’altro non esistono più, non possono vivere in accampamenti primitivi invece che in appartamenti, non possono sostituire l’assistenza sanitaria degli ospedali con le cure degli sciamani ,non possono, direi soprattutto, credere ancora che la natura sia animata da forze divine o che i sogni ci mettano in comunicazioni con gli dei. Noteremmo ancor d’altra parte che la culturale della tradizione indiana è qualcosa dell’800, nata proprio al contatto con i bianchi. Per fare un esempio l’uso del cavalo che connota gli indiani in tutta la tradizione in effetti era una novità portata ai bianchi che modificò profondamente tutto il modo di loro modo di vivere. In conclusione possiamo dire che le culture evolvono incessantemente e solo per un errore storico possiamo attribuire a certi stadi della loro evoluzione un valore assoluto, di “vera natura” , di “genio nazionale”, di “radici” e consimili confusi concetti. Non sempre gli indiani hanno cavalcato, non sempre gli americani sono stati operosi, non sempre i napoletani hanno mangiato maccheroni e pizze.
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