Pubblicato da www.cronologia.it ottobre 2006. HOME
NON PER PARTITO PRESO O PER ATTRIBUIRE
TORTI O RAGIONI
MA PERCHE' E' GIUSTO (E NELL'ATTUALE ANCHE NECESSARIO) CERCARE DI CAPIRE
I TEORICI DEL FONDAMENTALISMO ISLAMICO
Giovanni De Sio Cesari
( http://www.giovannidesio.it/
)
Indice:
1) Introduzione
2) LAICI e CLERO
3) RIFORMATORI:
el Afgani,
Abdu,
Ahamad, Gaspirali
4) SALAFITI:
el Wahab , Rida, el Banna,
Qutb,
Shariati,
Khomeini,
Scuole Deobandi, Mawdudi
Quando l’11 settembre del 2001 caddero le Torri Gemelle quasi nessuno in Occidente aveva mai sentito i termini di Jihad e di shaid e pochi in verità avevano idea delle differenze fra sunniti e sciiti. Non che mancassero gli esperti: anzi gli studiosi occidentali avevano una conoscenza dell’islam più ampia e approfondita degli islamici stessi. Ma al di fuori di ristretti ambienti scientifici, l’Occidente ignorava quasi tutto dell’islam.
Gli attentatori sembrarono quindi sbucati dal nulla, dei folli sfuggiti a qualche improbabile manicomio medio orientale, al più, dei relitti di un lontano medioevo capitati per un caso singolare nel 21° secolo.In realtà essi erano un frutto ( uno dei tanti frutti) di un travaglio che dura da almeno due secoli originato dal rapporto fra gli europei e i popoli islamici. Questi ultimi infatti non potevano certamente ignorare la civiltà europea che si era imposta spesso drammaticamente nel tempo dell’ espansione e della colonizzazione che aveva toccato praticamente quasi tutti i popoli musulmani.
Le affermazioni di un bin Laden o di un al Zarqawi non sono infatti improvvisazioni della follia: si tratta invece dell’espressione di un certo modo di pensare che si è andato affermando nel mondo islamico soprattutto negli ultimi decenni. Il fine di questo lavoro è una sommaria ricognizione delle strutture fondamentali delle fonti di pensiero al quale attingono in modo più o meno legittimo quelli che noi definiamo “terroristi islamici".
Di fronte all’irrompere della cultura occidentale il mondo islamico reagisce nei modi più diversi: ai soli fini espositivi distinguiamo una corrente di pensiero laica da una religiosa e nell’ambito di questa ultima una corrente riformista e una salafita ( delle origini) nettamente contrapposte.
L’ indirizzo che noi definiamo laico è caratterizzato dall’accettazione dei principi occidentali e dallo forzo di adeguarsi ad esso.Non si disconosce l’islam ma lo si mette tra parentesi, lo si distingue dalla politica, ci si rivolge ai cittadini, alla nazione e non più alla Umma (comunità dei fedeli).La corrente che possiamo definire riformista ritiene che i valori della modernità rappresentata dall’Occidente siano gli stessi di quelli islamici e che possono anzi "devono" essere meglio fondati dall’islam stesso ed occorre quindi una Islah (riforma) per riscoprire il “vero “ Islam.
Ad essa si contrappone l’altra corrente che afferma invece la irriducibilità dell’islam al mondo moderno e che occorre quindi fare una netta, chiara irrevocabile scelta fra islam e mondo moderno richiamandosi ai primi tempi, alle origine; da salaf ( origine) vengono designati in Occidente a volte come salafiti.
In questo lavoro prenderemo in esame solo l’indirizzo religioso: per completezza di informazione diamo però qualche cenno a quello laico.
L'indirizzo laico è dominate in tutto l’islam almeno fino agli anni 80 e solo negli ultimi decenni la sua contestazione ha avuto un ampio seguito.Esso fa riferimento a progetti di riforma socio-economica o valori nazionali a prescindere degli aspetti religiosi. In questo ambito le minoranze cristiane sono parificate ai musulmani che, infatti, non a caso, in questi movimenti sono molto attive in quanto dopo più di mille anni vedono alfine riconosciuta la loro piena cittadinanza.
Ne accenniamo brevemente in quanto esula dal nostro assunto
In Turchia, paese gia ampiamente legato all’Europa, gia il sultano Mahmud II introdusse ampie riforme (tanzimat) sul modello europeo. Si affermarono i “Giovani turchi” poi Kemal Ataturk ( kemalismo, si dice a volte) che cercò di fare della Turchia una nazione europea ( tanto che essa chiede ora di far parte della UE).L’esempio fu poi seguito, anche se senza successo, in Afganistan da re Amanullah che con l’appoggio dell’esercito tentò vanamente di occidentalizzare il suo paese prima che la rivolta dei Pashtun lo costringesse alla fuga.
In Egitto, subito dopo Napoleone, Mehemet Ali prese il potere orientando il paese decisamente verso l’occidente tendenza che poi è stato sempre dominante. Negli anni ‘50 si affermò il movimento di Nasser (liberi ufficiali) che ebbe poi grande diffusione in tutto il mondo arabo.
In Siria e in Iraq si affermo il Bath ( hizb al bath al arab: partito della resurrezione araba ) fondato significativamente congiuntamente da un cristiano e da un mussulmano con programma socialista (prima che finisse, poi semplice supporto della dittatura di Saddan Hussein ).
In Palestina il FLN di Arafat ebbe anche carattere laico e in esso i gruppi più attivi spesso furono formati da cristiani.
In Libia Gheddafi tentò una sua “rivoluzione verde” che avrebbe dovuto ispirarsi al suo pensiero come avveniva in Cina con la Rivoluzione Culturale di Mao.
In realtà In tutto il mondo islamico a prendere il potere dopo la fine del colonialismo furono le elittes che dell’Occidente in qualche modo erano alunne: dall’Algeria del FLN a all’Indonesia di Sukarno, alla Malaysia all’asia centrale prima sovietica e poi indipendente.Fra le eccezioni, cospicua è quella dell‘Arabia Saudita che invece si ispirò al wahabismo, corrente particolarmente rigorosa ma che, comunque, è stata sempre salda alleata dell’Occidente
Il quadro religioso dei paesi islamici è nettamente diverso da quello dei paesi cristiani per quanto riguarda il significato e la funzione del laicismo e del clero.
Bisogna tener conto che nell’islam non si è mai verificato il fenomeno dello sviluppo di tendenze areligiose e tanto meno l’ateismo di massa che sono fenomeni invece fondamentali nella storia europea.In Europa fino al ‘700 le contese ideologiche furono sempre tutte interne al pensiero religioso stesso: vi furono terribili guerre fra varie confessioni e tendenze, repressioni sanguinose del dissenso religioso ma nessuno metteva in dubbio le verità del cristianesimo nè tanto meno l’esistenza di Dio.
Mancava addirittura un termine per indicare l’ateo e ancora Locke considerato, e a ragione, il teorico della libertà religiosa non riteneva comunque che l’ateismo potesse essere tollerato.Dal ‘700 invece noi abbiamo una serie di movimenti che si proclamano apertamente anti-cristiani o atei: alcune correnti dell’illuminismo e del Romanticismo, il Positivismo, il Marxismo, alcune correnti del liberalismo. In Europa ormai possiamo dire che la religione numericamente predominante sia l’ateismo diffuso a tutti i livelli per cui in effetti quando parliamo di libertà religiosa ci riferiamo soprattutto alla libertà di praticare o non praticare alcuna religione.
Nel dar el islam (regnop dell'islam) invece il fenomeno non si è affatto manifestato: nessuna corrente di pensiero o intellettuale importante ha mai messo in dubbio le verità dell’Islam o ha negato l’esistenza di Dio: l’ateismo di massa è fenomeno del tutto sconosciuto, la conversione ad altra religione del tutto impensabile tanto che i missionari cristiani sono presenti in tutto il mondo tranne che nel mondo islamico.
I movimenti laici ( Nasser, Bath, Kemal ecc) si richiamano a principi non derivati dall’islam ma non per questo intendono combattere l’Islam stesso: nemmeno il comunismo tentò di cancellare l’islam come invece cercò di fare con il cristianesimo. Lo stesso leader del comunismo afgano Mohammad Najibullah sostenuto dai russi nella lunga guerra civile comunque faceva mostra di seguire le pratiche religiose.Pertanto il dibattito verte sulla interpretazione dell’Islam non sulla accettazione che è data per scontata. Non c’è quindi, come da noi, la distinzione fra chi accetta e crede nel Cristianesimo e chi è contrario ma semplicemente fra diverse interpretazioni dell’islam ciascuna delle quali proclama di essere quella giusta e vera, cosi come accadeva in Europa fino al XVII secolo.
Al nostro clero comunemente si fa corrispondere gli Ulema, Ayatollah, iman e simili qualifiche. Ma il paragone è molto approssimativo perchè vi sono importanti differenze sia sul piano teorico che su quello storico.
Nell'islam non esiste la funzione sacerdotale come tramite fra Dio e gli uomini, ma il singolo fedele si rivolge direttamente a Dio; non vi sono sacramenti, non è obbligatorio andare in moschea. Quello che noi chiamiamo clero pertanto è composto da “ esperti giuridici “: infatti l'islam non è tanto una filosofia o una teologia ( come il cristianesimo) ma essenzialmente una legge (shari'ah: retta via ) che ha bisogno di giuristi per essere interpretata.Non formano una gerarchia e non esiste un'autorità definita (come vescovi e papa) ma ognuno da una sua interpretazione, emette fatwa (sentenze ) il cui valore è proporzionato al prestigio dell’autore .
Negli ultimi anni il cosi detto clero islamico ha assunto un posto decisivo in politica: questo però è un fatto del tutto nuovo per l'islam dove non ha mai avuto l'importante funzione storica che invece tradizionalmente la Chiesa ha avuto nel mondo cristiano dove la autorità religiosa e quella politica sono state sempre distinte e spesso in contrasto.
Infatti secondo la tradizione islamica il potere è affidato prima a Maometto poi ai suoi successori (califfi) e comunque ogni autorità si giustifica sempre da un punto di vista religioso senza il caratteristico dualismo occidentale fra i poteri civili e religiosi. In questo quadro la scienza, gli esperti del diritto islamico verte sulla infinita casistica posta dalla shari'ah, è una funzione puramente tecnica anche se di grande prestigio. e comunque subordinata alla autorità politica: come i giuristi dei nostri paesi non hanno nè il potere legislativo nè quello esecutivo nè amministrano lo Stato .
Con l'influsso degli Occidentali però avviene che i governi assumano una connotazione laica sia che guardino alla Unione Sovietica che all'America: conseguentemente non esercitano il tradizionale controllo sul clero e d’altra parte la repressione del dissenso da parte dei regimi autoritari finisce con il confinare il dissenso stesso proprio nelle moschee che non possono esser certamente chiuse
In seguito, negli anni '80 in molti si diffuse la convinzione che il laicismo (democrazia, libertà e tutti i principi moderni occidentali) fossero contrari all'islam e i governi apparvero come non più "veramente islamici": allora sembrò logico rivolgersi agli "esperti giuridici "per conoscere quale fosse effettivamente un governo islamico. Per esempio nell’ Iran si creò un consiglio di "esperti religiosi" (ayatollah) guidati dal più prestigioso di essi, Khomeini, che ha la funzione di controllare che tutti gli atti di governo siano effettivamente in ordine con la legge islamica.
In pratica però cosi gli ayatollah e iman hanno finito con il perdere la loro funzione specifica assumendo quella politica per la quali non hanno preparazione o formazione. Essi studiano infatti nelle madrase ( scuole coraniche ): imparano a memoria tutto il corano, gli hadith ( racconti sul profeta) e l'immensa sunna (commenti giuridici): uno studio interminabile che occupa una vita intera.Ritengono (come i monaci del nostro medio evo ) che nulla altro occorre sapere perchè ogni risposta si trova in quei testi nei quali c'è direttamente la parola di Dio. Nessuna riflessione sociologica, politica, storica viene presa minimamente in considerazione
L'dea del progresso, della storia è considerata assolutamente empia: il loro mondo è fermo all’ VII secolo
Essi intendono, come accennato, riscoprire le vere radici dell’islam nella convinzione che in esse siano contenuti anche i valori della modernità. Il concetto essenziale è che l’islam fino ad a un certo punto della sua storia è stato creativo e quindi all’avanguardia della civiltà . Dal XIV secolo invece si è ripiegato su se stesso perdendo lo slancio che gli è proprio ed è rimasto indietro rispetto all’Occidente.
L’elemento emblematico viene individuato nel fatto che a un certo punto nel XIII secolo si è considerato concluso il lavoro di interpretazione della Sharia’ah, si sono canonizzate le quattro scuole allora esistenti e si è dichiarato quindi che nulla altro poteva essere detto, bisognava solo attenersi a quanto già deciso e si è affemato il taglid ( imitazione) di quanto già era stato deciso. In questo modo si è decretato la fine del pensiero libero, della ricerca, della scienza ed è iniziato la decadenza: si propone allora una Islah (riforma) che rimetta in moto il pensiero islamico adeguandolo ai tempi.Volendo avere un punto di confronto possiamo pensare ai cattolici liberali dell’Ottocento (Manzoni, Gioberti,ecc. ) che sostennero tesi analoghe sia pure in contesti del tutto differenti.
Assumono come punto di riferimento storico i mu’taziliti (disputanti ) corrente filosofica che fra l’IX e l’XI secolo propose una interpretazione razionalista del Corano analogamente a quanto avveniva nella Scolastica con la corrente dei “dialettici” (Abelardo, l’autore più illustre): la fede non è contraria alla ragione ma deve essere compresa alla luce della ricerca filosofica. Non intendono quindi superare la Sharia.‘ah nè tanto meno venir meno alla fede islamica ma ritrovarne le vere radici che sarebbero capaci di rimettere il dar el islam (mondo islamico ) al centro della civiltà umana e far rivivere cosi il mitico splendore dei primi secoli.Esponiamo brevemente di seguito i capisaldi del pensiero degli autori che ci sono sembrati più significativi.
a ) - JAMAL AL-DIN AL-AFGHANI , 1838 1897
Nacque in Persia; tuttavia si presentò come un afgano per non essere etichettato come sciita e quindi respinto dalla maggioranza sunnita. Ebbe un orizzonte culturale molto vasto: nei suoi lunghi viaggi fu in tutto il Medio Oriente (per un breve periodo anche consigliere del re dell’Afganistan) ma soprattutto viaggiò nel mondo europeo sia in Russia che nei paesi occidentali. Colse quindi la grande differenza fra civiltà europea e islamica ed ebbe chiara consapevolezza dell’arretratezza di quest’ultima. Rifiutò però assolutamente di considerare una tale arretratezza come ascrivibile di per sè a motivi strutturali dell’Islam ma la interpretò come una fatto contingente che poteva e doveva essere superato richiamandosi ai principi stessi dell’islam. Fece una chiara diagnosi delle motivazioni storiche culturali della decadenza dell’islam.
Il primo e fondamentale motivo viene rintracciato nella chiusura alla scienza che è divenuta praticamente un appannaggio dell’Europa. Ma la ricerca scientifica non è contraria allo spirito del Corano, anzi fra le religioni è proprio l’islam che da maggiore considerazione alla conoscenza e ciò è dimostrato dal fatto gli islamici nei secoli scorsi ebbero a lungo un primato nella scienza: quindi non si tratta di un problema strutturale ma solo di un fatto storicamente contingente.
La causa generale è rintracciato nel fatto che da secoli ormai in dar el islam (mondo dell’islam) la ricerca libera, creativa si è come addormentata: lo slancio creativo anche religioso si è esaurito in formule ritenute ormai definitive, non più discutibili e semplicemente da applicare. Il formalismo ha esaurito la spinta critica ed ha dato anche origine alla cristallizzazione delle divisioni e delle sette nell’islam che costituiscono l’altra grande fonte di debolezza perchè suscita continue e inconcludenti lotte interne.La causa prima anche del colonialismo è in realtà proprio nell’islam stesso: per superarlo effettivamente occorre che i mondo islamico si metta al passo con la scienza e con la modernità
b ) - MUHAMMAD ABDUH (1849-1905)
Riprende ed amplia la visione dell’islam di el afgani e puo essere considerato il maggiore teorico di una modernizzazione dell’islam. Studiò a Parigi, ebbe vasta conoscenza della cultura europea. Tornato poi in Egitto diresse l'università di al-Azhar nella quale promosse, insegnamenti moderni, lingue occidentali, traduzioni.
Con l’allievo Rashid Rida fondò “al manar” (il faro ) una rivista di grande importanza per la diffusione di una cultura moderna, soprattutto scientifica, nel mondo arabo, divenne infine Gran Muftì d'Egitto.L’opera sua più importante è “Risalat al Tawhid" (trattato sull’unicità divina). Il trattato contiene una introduzione storica, che narra come si siano sviluppate le diverse scuole islamiche. Ritiene che mentre nelle altre religioni si sia fatto appello soprattutto alla immaginazione e al sentimento, sia stato invece proprio l’islam a rivolgersi alla razionalità ed è con l'uso della ragione che si può giungere a una scienza razionale, conciliata con la fede.Egli in particolare si richiama ai mu’taziliti (disputanti ): secondo essa la fede non esclude la ragione anzi è la ragione che porta alla fede e alla quale quindi spetta un “ primato”.
Si affermava quindi il jtihad (la radice è la stessa di Jihad) cioe lo sforzo di interpretazione delle fonti che era creativo e permetteva di essere sempre al passo dei tempi con un continuo rinnovamento. Ma agli inizi del XIII secolo si decretò che tutto era stato ormai chiarito, si operò la chiusura delle interpretazioni, si considerarono canoniche le quattro scuole di interpretazioni: si affermò cosi il i taqlid (imitazione): poichè tutto era stato già chiarito non restava altro che imitare i casi già risolti. Così l’islam perdeva ogni creatività culturale, si chiudeva in se stesso, non si evolveva più con i tempi e si pretendeva invece di regolare tutta la vita anche negli aspetti più minuziosi in base a regole e idee elaborate nei secoli precedenti.
Nella parte finale quindi nasce un appello a un rinnovamento che superi il fatalismo, la deresposabilizzazione dell’uomo insito nella pedissequa taqlid (imitazione) delle antiche fatwe (sentenze).c ) - SAYYID AHMAD KHAN 1817 -1889
Nato in India, a Delhi, nella sua opera più importante, il Tafsîl Kurân (commentario del Corano) sostenne, con una analisi approfondita ed ampia, la necessità che si superasse il taqlid (imitazione) e si aprisse la strada a una interpretazione rinnovata dei precetti dell’islam che superasse il contrasto fra fede e ragione e soprattutto affermò la necessita di aprire alla civiltà occidentale.
Per suscitare nei musulmani il gusto per la letteratura e la scienza pubblicò il mensile Tahzîbul akhlâk e la rivista tahdhib al akhlaq (Riforma sociale) per la diffusione della scienza.Incise profondamente sulla via culturale dell’india islamica soprattutto con la realizzazione di scuole sul modello inglese, in particolare il college Madarasatul Ulûm ( la scuola della scienza) nel quale si insegnava la scienza e la cultura occidentale accanto alla tradizione islamica.Fu però avversato dai nazionalisti per il suo atteggiamento di conciliazione verso l’inghilterra e, naturalmente, dagli ambienti integralisti che per razione alle sue scuole fondarono quelle di Deoband (vedi più avanti) .
d ) - ISMAIL GASPIRALI (in russo : GASPRINSKY) 1851-1914
Fu un tartaro di Crimea e viene considerato il maggiore esponente del Jadidismi (da usul j jadid: nuovi metodi ) che si diffuse ampiamente nella Russia islamica degli zar.
Il movimento voleva aprire alla cultura europea secondo la versione russa e soprattutto alla scienza considerata la base di tutto il progresso come era nella mentalità positivista del tempo. Fondò il il Terjuman (traduttore) che ebbe grande successo. Tuttavia fu osteggiato dalle elittes islamiche stesse che vedevano minacciato il potere che avevano comunque conservato anche nell’ambito dell’impero russo. Vagheggiava inoltre una unità nazionale delle popolazioni turcomanne dell’impero ma in realtà si trattava di popolazioni diverse ciascuna gelosa della propria identità .Al crollo dell’impero dello zar ispirarono una rivolta che fu sanguinosamente soffocata dai comunistiLe idee jadidiste sono riemerse dopo il crollo dell’unione Sovietica soprattutto in Uzbekistan ma non hanno raggiunto risultati e sono stati invece represse dai nuovi governi post-comunisti.
Sono caratterizzati dalla convinzione che la perdita del primato del dar el islan sia dovuto all’abbandono dell’islam dei primi tempi: occorre ritornare all’origine (salaf, da cui salafiti): per i sunniti alle prime tre generazioni, per gli sciiti ai tempi di Ali e dei dodici iman . Essi definiscono se stessi Al-islamiyyun cioe i ”veri” islamici: a volte si traduce islamisti ma in occidente questo termine indica gli studiosi dell’Islam.Fino a che i principi dell’islam furono saldi allora l’islam risplendette di civiltà: la rinascita avverrà allora quando si tornerà al messaggio originale divino respingendo senza tentennamenti ogni bida (innovazione) per imitazione dagli infedeli e che assume il carattere del satanico: occorre invece attenersi al taqlid (imitazione) delle norme gia acclarate.
I salafiti non possono essere definiti conservatori perchè essi vogliono superare tutte le tradizioni nazionali e popolari per ritornare al vero islam della predicazione di Muhammed . Talvolta si parla di Hijira (egira) nel senso che i credenti debbono raccogliersi nel dar el islam.In qualche modo possono richiamare gli evangelici ( protestanti ) del '500 con la loro aspirazione a tornare ai tempi evangelici superando le incrostazioni del tempo rappresentate dalla Chiesa cattolica.
Il loro punto di riferimento filosofico è Tahawayy (1263-1328) che affermò il al-`aqida al-Tahawiyy ( professione di fede di Tahawayy) nella quale si legge fra l’altro :“chiunque non sia soddisfatto dell’accettazione, troverà che il suo desiderio lo allontana da una comprensione pura della vera unità di Allah, da una chiara conoscenza e da una corretta credenza, e che egli oscilla tra la fede e lo scetticismo, tra la conferma e la negazione e tra l’accettazione e il rifiuto. Egli sarà soggetto ai bisbigli e si troverà confuso e pieno di dubbi, poiché non sarà né un credente che accetta, né un non credente che rinnega”.
Occorre quindi abbandonarsi (in arabo: islam) alla volontà di Dio, non pretendere di contrapporre ad essa la fragile ragione umana: troviamo riscontri a questa posizione anche in molti autori della Scolastica (S. Bonaventura) e del pensiero riformato. ( Calvino)
I salafiti non sono nemici di per se' dell’Occidente che in quanto tale è al di fuori del dar el islam: i loro nemici sono invece i mussulmani che avrebbero tradito il vero islam: poichè questo avviene attualmente soprattutto per imitazione dell’Occidente alcuni (ma non tutti) hanno concluso che sia l’Occidente il vero nemico da combattere.
Questo spiega il paradosso per cui il governo più strettamente alleato dell’America l’Arabia Saudita e il nemico numero uno, bin Laden si richiamino entrambi al wahabismo, movimento intransigentemente salafita.Vediamo quindi gli autori più significativi
a ) - MUHAMMED IBN ABD AL-WAHAB (1703-91)
Siamo veramente al di sopra dei limiti temporali del nostro lavoro: tuttavia il suo pensiero ha avuto una forte ripresa nel 900 e costituisce una delle correnti più importanti dell’islam contemporaneo in quanto ad esso si richiamano, come prima accennato, sia la monarchia filo –occidentale dell’Arabia Saudita sia i più accesi nemici dell’America fra cui spicca bin Laden.
Muhammed Ibn Abd al-Wahab si formò alla Mecca e a Medina secondo una impostazione rigorosa del diritto islamico. Propugna quindi un ritorno alle origini, ai Sahabah (immediati seguaci), alla purezza dell'insegnamento dell'islam non contaminato con le tradizioni dei vari popoli, dai compromessi con le esigenze politiche ed economiche, un ritorno ai tempi dei primi califfi, alle prime generazioni.
Egli si oppose a un islamismo popolare, intriso di tradizioni locali se non addirittura di magia pagana. Condannò rigidamente l'iconografia, la intercessione di personaggi ritenuti santi, in particolare il culto delle tombe e ogni innovazione di culto posteriori alla predicazione coranica.
Il suo programma quindi era presentato come un ritorno integrale alle origini.All’epoca non era presente ancora nel mondo islamico l’influenza occidentale: egli condanna invece varie tendenze islamiche ritenute più o o meno eterodosse come gli alawiti, gli islameliti, i sufi e soprattutto gli sciiti. Questi infatti danno particolare rilevanza ai dodici iman (Il numero varia in alcune sette) a partire da Ali, genero e cugino del Profeta che sarebbero gli unici legittimi depositari della verità rivelata.
L’ultimo degli Iman sarebbe stato nascosto e solo con il ritorno visibile in terra vi sarà un regime politico veramente improntato alla volontà divina (escatologia). Anche le feste sciite soprattutto l’ashura ( commemorazione del martirio di Husayn ) sono considerate empie.E’ una posizione che ricorda in qualche modo correnti evangeliche che condannarono il culto dei santi oppure la iconoclastia.Infatti i seguaci si definiscono muwahhidum (sostenitori dell’unicità di dio) proprio per sottolineare l’intransigente monoteismo e il rifiuto di qualsiasi intermediazione, di qualsiasi santificazione di personaggi determinati; tuttavia il nome con cui vengono universalmente conosciuti è quello di Wahabiti.
L'Arabia alla meta del 700 nella quale visse el Wahab era dominata da una serie di tribù in lotta fra di loro: egli strinse una alleanza con l’emiro Muhammad ben Saud, e questa alleanza permise la conquista dei luoghi santi, La Mecca e Medina dove, secondo i dettami del movimento furono distrutti i monumenti di Khadija (sposa di Maometto), di Abu Bakr (primo califfo) e di Ali ( quarto califfo, il primo dei docici Iman riconosciuti dagli sciiti).
In seguito, nel 1802 attaccarono la città sacra degli Sciiti , Kerbala e saccheggiarono il mausoleo più sacro quello dell’Imam HusaynPer i suoi sanguinosi eccessi il movimento fu poi combattuto dall'impero turco e da Mehemet Ali, kedive d'Egitto che riconquistò i luoghi santi. Dopo il crollo dell’impero Ottomano tuttavia i wahabiti riemersero nella storia e il trono di Arabia fu assegnato alla famiglia dei ibn saud ( donde il nome di Arabia Saudita).
Da allora non solo l’Arabia fu governata da wahabiti ma il movimento potè espandesi in tutto il mondo mussulmano e anche nei residenti in Occidente soprattutto grazie ai cospicui finanziamento dell’Arabia Saudita che sono presenti un poco in tutte le fondazioni islamiche sparse per il mondo. Poichè il wahabismo era movimento tutto interno all’ambito islamico esso non entrava in conflitto con l’Occidente e pertanto il regime wahabita è rimasto fedele alleato degli USA.
Ma una parte di esso, in anni recenti, ha visto anche nelle usanze occidentali che andavano diffondendosi nel dar el islam una allontanamento dal salaf (originario, dei tempi di Maometto) e sono contrari assolutamente a una interpretazione modernista della shari’ah come invece richiesto dai fautori della occidentalizzazione o modernizzazione.Questo fatto comporta che una parte dei Wahabiti pur affermando la purezza dei primi tempi non per questo vede l’Occidente come nemico e un’altra parte che invece vede come maggiore eresia il bida (novità) proprio nel diffondersi della cultura occidentale e quindi considera quest’ultimo come il principale nemico più ancora che le altre correnti eterodosse dell’Islam stesso.
Può essere considerato come un anello di congiunzione fra la corrente innovativa e quella conservatrice dell’Islam. Fu infatti amico e seguace di Muhammad Abduh con il quale collaborò a lungo in seguito, pero egli si avvicinò alle posizioni opposte dell’integralismo.Nel primo periodo il punto di partenza della sua dottrina è la concezione moderna dello stato centralizzato, che comporta un’innovazione radicale: l’estensione senza precedenti del potere legislativo dello Stato sulla base della legge religiosa (shari’ah), in nome del principio astratto che questa debba provvedere a tutti gli aspetti della vita. L’autorità interpretativa è sottratta in questo modo agli ulema, eliminando le divergenze di opinione che costituivano la base del pluralismo islamico tradizionale. In seguito però alla sua involuzione si avvicina ai wahabiti diventa meno critico e piu celebrativo dell’islam, ritiene che la rinascita dell’islam debba venire dalla purezza dell’islam delle origini .La sua opera è indissolubilmente collegata alla fondazione dei Fratelli Mussulmani (al-ikhwan al muslim) avvenuta al Cairo nel 1928 . La organizzazione non poneva propriamente problemi politici ma culturali, religiosi, assistenziali: tuttavia presto la sua opera investì inevitabilmente il piano politico. I rapporti con i governi nazionalisti sono stati più o meno conflittuali secondo le circostanze. In linea generale essi sostengono un ritorno al califfato e a uno stato retto interamente dalla Shari’ah. Sono considerati responsabili dell’assassinio di Sadat.
El-Banna si oppose vigorosamente a una concezione puramente spiritualista dell’islam: esso deve regolare tutti gli affari pubblici e privati. Poichè le leggi esistono già e sono eterne in quanto dettate direttamente da Dio lo stato non ha il potere legislativo ma solo quello esecutivo e amministrativo: esso deve quindi essere retto da un Califfo (successore di Maometto) che deve essere scelto dal popolo e che consulterà il popolo nelle decisioni più importanti.Egli è contrario ai nazionalismi e alle tradizioni particolari dei singoli popoli. L’unica legge di Dio deve reggere tutti i fedeli: afferma che come l'Islam e' una fede ed una religione, esso e' anche un paese ed una cittadinanza.
Si distingue infatti fra nazionalità ( watamiyya ) islamica e cittadinanza nazionale (gawmiyya) come la egiziana, siriana ecc.: la prima è estesa a tutti i mussulmani anche al di la' del mondo arabo
Bisognava inoltre essere fermi nell’applicazione delle pene previste dalla Shari’ah per combattere il permissivismo introdotto dai modelli occidentali.Voleva dare a tutti pieni diritti, assistenza istruzione. Non era contro la ricchezza ma questa doveva avere una destinazione sociale e quindi si pronunciava contro grandi latifondi e ricchezza parassitarie. In particolare sostenne la nazionalizzazione del Canale e delle industrie straniere per darle in mani islamicheDiede molta importanza alla questione femminile. Condannò ogni esibizione del corpo femminile, sosteneva che a scuola ragazzi e ragazze non solo dovevano studiare in ambienti distinti ma che anche i programmi dovevano essere differenziati secondo il sesso.Si voleva difendere il modello islamico della famiglia, incoraggiare il matrimonio e la natalità,Si affermava anche la opportunità della hisba (polizia del buon costume) che reprimesse severamente tutti i comportamenti immorali, che si chiudessero tutte le sala da ballo e fosse assolutamente proibito ogni contatto fisico fra uomini e donne.
Un programma del genere ovviamente comportava il rigetto di ogni influenza occidentale considerata di per se libertina e immorale .
I principi dei Fratelli Mussulmani vengono sintetizzati in cinque massimeDio e il nostro principioIl Profeta il nostro modelloIl Corano la nostra legge
Il Jihad la nostra vita
Il martirio il nostro desiderio.Dopo El Banna fu il maggior esponente dei Fratelli Mussulmani . Funzionario egiziano, fu per 2 anni in USA dove maturò la idea dell’inconciliabilità fra Occidente e islam, Più volte arrestato e condannato fu poi impiccato nel 1966 per tradimento.
Scrisse un imponente commento del corano in 30 volumi ma la sua opera più interessante e nota è ma’alim fi al-tariq (pietre miliari ). Egli parte dalla opposizione fra islam e Jahiliyya (periodo pre islamico). I due momenti però perdono la connotazione temporale per indicare la vera fede e il vivere senza dio così come fa il mondo moderno che perde tutti i valori. Vi è una lotta generale della Jahiliyya contro l’islam e egli ipotizza anche una congiura a livello mondiale per distruggere l’islam di cui sono complici e strumento tutti i regimi moderati, filo occidentali, tutti i modernisti islamici. Questo è un motivo che ha grande popolarità nel mondo arabo nel quale si nota la tendenza ad spiegare ogni avvenimento negativo con azioni nascosta attualmente addebitate a complotti americani-sionisti .
Contrariamente ad altri intellettuali egli ritiene che nel Corano non si faccia nessun accenno a elezioni generali popolari ma che i governanti debbano chiedere il consiglio dei soli ulema per interpretare la sharia’ah unica fonte di legge ammessa.
Di particolare interesse sono i suo articoli ispirati a un soggiorno in America. Nel 1948 infatti si trasferì in USA per qualche tempo e soggiornò nella cittadina di Greeley :l’impressione che ebbe dell’America fu estremamente negativa.Ritiene che alla potenza economica corrisponda invece un bassissimo livello culturale e morale e anche una maleducazione che è indice di rozzezza intellettuale. Si tratta di un popolo che ha raggiunto l'apice dello sviluppo e della crescita nel mondo della scienza e della produttività mentre rimane abissalmente primitivo nel mondo dei sensi, dei sentimenti, e del comportamento e che nella storia umana l'America non ha aggiunto nulla al tesoro dei valori morali che distingue l'uomo dagli animali.Accusa infatti l’America di razzismo, di materialismo, di eccessiva libertà personale, di un sistema economico ingiusto.Depreca anche la passione per gli sport che manifesta la propensione alla forza bruta e la musica ( il jazz) che è solo rumore che esalta i sensi.Ciò però che veramente lo sconvolge sono i costumi sessuali degli americani che egli definisce animaleschi. Le ragazze mostrano le seduzioni del loro corpo, mettono a nudo tutto quello che dovrebbe esser coperto, sono sfacciate anche nello sguardo e negli atteggiamenti. Si noti che si trovava in una cittadine di provincia negli anni 40 nella quale i costumi erano piuttosto severi se misurati sul metro attuale.Le sue conclusioni sono che il mondo occidentale, privo di valori, presto crollerà e l’islam si affermerà: le cospirazione occidentali ed ebraiche falliranno e la vita dei veri musulmani uscirà fuori dalla povertà, dalle difficoltà, dalle frustrazioni e sacrifici in cui ora ritrova.
e ) - ALI SHARIATI (1933-1977)
Può considerarsi il più importante teorico del fondamentalismo islamico di carattere sciita e la sua morte prematura avvenuta in esilio diede in effetti spazio a Khomeini.
Uomo di vasta cultura non solo islamica ma anche occidentale studiò a Parigi dove incontrò le correnti marxiste e più genericamente di sinistra più vive del dopoguerra. Egli tradusse in lingua iraniana classici del pensiero della sinistra come Sartre e anche il Che Guevara. Fu conquistato dalla ideologia rivoluzionaria e utopistica della sinistra occidentale con i suoi ideali di giustizia sociale, di società non alienante senza sfruttati e sfruttatori.
Accetta quindi la tradizionale critica della sinistra occidentale del capitalismo e questo spiega come nel primo periodo la Rivoluzione Iraniana fu vista sia in Europa che in Iran come una rivoluzione di sinistra sia pure in chiave islamica.In effetti se Shariati condivide la critica marxista alla società borghese egli tuttavia cerca la soluzione in un mondo quanto mai lontano dagli ideali progressisti dell’Occidente. Come gli altri teorici fondamentalisti egli cerca la soluzione nei primi tempi dell’Islam. Ma secondo la versione sciita il modello non è, come per i sunniti, il tempo dei califfi “rashidun “(i ben guidati) ma i tempi di Husayn, la morte del quale viene interpretata non come una sconfitta militare ma un testimonianza (shahada), una martirio volontario.
Shariati addita il suo esempio ai sui connazionale contemporanei: come allora l’islam era guidato da chi usurpava il potere e pertanto era afflitto dalla corruzione, dalla ingiustizia, della disuguaglianza anche ora il governo illegittimo dello Shah porta agli stessi mali: bisogna quindi seguire l’esempio dell’iman della sua famiglia .
In questo modo egli fa balenare di fronte alle masse povere dell’Iran un via di riscatto, di promozione che non viene più dai modelli occidentali che d’altra parte erano falliti ma dalla stessa tradizione islamica sciita. In questo modo le esigenze di giustizia sociale e il disgusto della corruzione si legano alla fede religiosa e alla tradizione nazionale: è questo connubio strettissimo che spiega in massima parte il successo clamoroso e imprevisto della rivoluzione iraniana del 1979. (Vedi "1979: IRAN IERI E OGGI")Ebbe la ventura di trovarsi nel posto giusto al momento giusto ma bisogna anche riconoscergli un grande carisma che lo fece apparire subito come l’incarnazione stessa della riscossa rivoluzionaria e una grande abilità politica che gli permise di assumere per intero il potere emarginando in brevissimo tempo tutti gli altri movimenti che pure avevano avuto parte non secondaria nella cacciata dello Shah (Riza Pahlavi)Dal punto di vista teorico egli però appare molto più limitato di Shariati la cui morte gli aprì la strada per divenire la grande guida dell’Iran.Khomeini infatti non mostra alcuna considerazione e nemmeno conoscenza per il pensiero moderno occidentale: tutta la sua cultura è chiusa nell’ambito del sapere religioso islamico: fu un profondo conoscitore del usul al figh (via retta definita) cioè della giurisprudenza islamica. Figlio di un religioso assassinato per una faida interna insegnò sempre con successo a Qom la cittadina sede della maggiore scuola coranica sciita, una specie di Oxford islamica.In realtà egli non fu nemmeno sempre un oppositore dello Shah: fu infatti collaboratore di di Hussan Berujerdi grande ayatollah che sosteneva lo Shah. Nel 1943 scrisse ma in forma anonima uno scritto kashf el asrar (i misteri svelati) che era una polemica contro i Wahabiti tradizionali nemici degli sciiti: tuttavia nella affermazione orgogliosa della tradizione sciita si vede anche una sua chiara opposizione al governo dello Shah.
Ma fu solo nel 1963 che comincia manifestarsi a prendere posizione apertamente contro il governo: In quell’anno infatti lo Shah iniziò la cosi detta “rivoluzione bianca” tesa a modernizzare il paese collegata anche a una riforma agraria che in parte avveniva ai danni dei latifondi appartenenti agli istituti religiosi (ma non toccò i suoi, che erano piuttosto molti).
Vi fu una forte opposizione da parte dei religiosi. Fu in questa occasione che Khomeni cominciò ad essere conosciuto come leader dell’opposizione: in particolare egli, tralasciando la questione della riforma agraria, attaccò violentemente la modernizzazione in senso occidentale che rappresentava per lui una flagrante, insopportabile, empia trasgressione della shari’ah di cui egli si considerava ed era effettivamente un intransigente custode.Fu costretto all’esilio prima un Iraq e infine a Parigi da dove tornò come trionfatore alla caduta dello Shah.Negli anni settanta appare la sua opera fondamentale Velaiate el faqich: hokun mate islam (l’autorita dei giuristi: il governo islamico) che è costituita da una serie di lezioni.La tesi sostenuta ha carattere specificatamente giuridico come era nel carattere del personaggio. Sostiene la illegittimità del governo dello Shah rifacendosi alla tradizione legale sciita.L’autorità spettava infatti al Profeta: alla sua morte la guida dell’islam sarebbe spettata ad Ali, cugino e genero del profeta e ai suoi successori ma fu usurpata dagli Omeyadi: si riconoscono quindi dodici Iman l’ultimo dei quali Hasan non è morto ma solo nascosto (gayba= occultamento) ma tornerà per far trionfare la giustizia e la vera fede.
Ma nel frattempo che rimane “occultato” a chi spetta la guida dell’islam ? Lo Shah (di Persia) affermava di fare le veci dell’Iman (pur richiamandosi contemporaneamente alla tradizione iranica pre islamica e si atteggiava a successore di Ciro il grande): ma secondo Khomeini non è possibile che qualcuno faccia le vece del’ìman nascosto: questa è una tesi proprio dei sunniti che pensano a un “emiro” come successore legittimo di Muhammad .
Secondo invece Khomeini nella attesa dell’iman non si può nominare un sostituto: occorre invece che un corpo di giuristi vigili sul governo che può essere d’altra parte anche eletto dal popolo stesso. Infatti il regime iraniano rispetta tali principi in quanto al di sopra del primo ministro eletto vigila un consiglio di religiosi che interviene praticamente in tutte le questioni importanti e anche decide anche chi può candidarsi e chi non può in base alla considerazione che sia o meno un buon mussulmano.
Viene anche posto in grande enfasi alla morte di Husayn, avvenuta nella battaglia di Karbala, del 680,e commemorato dalla ashura : è intesa come un martirio: l’idea del martirio fu poi ripresa nella guerra con l’’iraq con il fenomeno dei basiji (“quelli che si radunano”), giovanissimi pronti a immolarsi nel jihad. : avanzavano cantando sui campi minati trovando la morte saltando sulle mine: dietro di essi avanzavano poi i soldati regolari iraniani.Questi ragazzi furono onorati come shaid (martiri) e grande prestigio si riversava anche sulle loro famiglie.
Il pensiero di Khomeini è quindi tutto chiuso in un orizzonte sciita e d’altra parte anche intriso di un nazionalismo iraniano che rende difficile la sua accettazione al di fuori dell’Iran anche nell’ambito degli altri sciiti. Solo nel Libano la comunità sciita ne ha esaltato la figura costituendo essa un punto di riferimento per il partito Amal (la speranza) e poi attualmente per gli Hezbollah (partito di Dio) che dal lontano Iran ricevono aiuti e ispirazione.
Per il resto invece è rimasto isolato e nella guerra contro l’Iraq si è trovata contro non solo la ostilità dell’ Occidente e della Russia ma anche di tutti i paesi islamici: anche la stessa componente sciita dell’Iraq non si è affatto sollevata come era nelle speranza di Khomeini contro il governo di Bagdad : il nazionalismo arabo ha prevalso sulla solidarietà religiosa sciita.Il messaggio di Khomeini ha entusiasmato una intera generazione iraniana ma per la sua ristrettezza non è uscito dai confini dell’iran.
5) - Scuole DEOBANDI ( di Deoband cittadina indiana)
Furono fondate in india nel 1867 da Muhammad Qasim Nanautawi e Rashid Ahmad Gangohi in opposizione all’indirizzo Madarasatul Ulûm introdotto da Sayyid Ahmad Khan
Le scuole di ispirazione DEOBANDI nel mondo sono circa diecimila, e gli allievi diversi milioni. Può considerarsi la versione indo-pakistana del movimento wahabita dell’Arabia Saudita: rigorista, puritana, attaccata anche ai minimi precetti della legge islamica. E’ però in genere leale verso i poteri costituiti, al contrario delle altre correnti fondamentaliste. Si escludono sia le tendenze popolari, magiche e misticheggianti che le materie moderne occidentali: si studia solo la tradizione islamica.
Da essa nacque un movimento politico pakistano importante , JUI (jamyate ulema –e islam (movimento degli ulema dell’islam) di tendenze integraliste sempre più marcate: si rifiuta ogni modernizzazione, si osserva rigidamente il taqlid (imitazione).I talebani afgani che hanno cercato di applicarne i precetti in afganistan possono considerarsene un ramo.
Giornalista pakistano per le sue azioni politiche fu molte volte condannato anche a morte ma poi la condanna fu annullata.
La sua influenza è stata forte nella costituzione del Pakistan.Fu contrario al programma della Lega mussulmana di ali Jinnah intesa a creare uno stato mussulmano ( Pakistan) come uno stato nazionale e laico sul modello europeo: voleva invece una comunità islamica, la jama’at-e islam (comunità islamica) che si aprisse in prospettiva a tutti i mussulmani senza chiudersi in confini nazionalistici in quanto ogni divisione per razza popolo, tradizioni, lingua deve essere considerata contraria allo spirito universalistico dell’islam.
Il suo punto di partenza è che una vita voluta e guidata da Dio è superiore ad una vita scelta dall'uomo.L'Islam infatti rappresenta non soltanto una fede ma anche un codice etico, una prassi sociale, culturale e politica e diviene quindi un tutto indivisibile, che si deve accettare o rifiutare per intero; ma anche un tutto immutabile, che non ammette cambiamenti o trasformazioni. È una dustur (costituzione) divina ed eterna, che lo stato islamico deve porsi come unico fondamento.Contrappone allora all’idea che bisogna modernizzare l’islam la tesi opposta che occorre invece Islamizzare il moderno.Egli è contrario a ogni aspetto della modernità che gli appare come una malattia dello spirito oppresso da materialismo e da nichilismo.
Non c’è nulla quindi da prendere in prestito dalla cultura occidentale: bisogna invece tornare al passato della purezza islamica originaria.Per quanto riguarda la forma di governo egli vede una incompatibilità assoluta tra uno stato fondato sulla sovranità divina e la democrazia laica.Tuttavia si sostiene una teo-democrazia: un emiro è assistito da una assemblea eletta dal popolo per applicare la shari’ah : ma non si ammettono i partiti che dividono e confondono il popolo perchè non ci sono scelte fondamentali da fare: l’elezione è vista come una scelta di fiducia, di merito e non di indirizzo politico perchè le leggi già ci sono, dettate da Dio, interpretate e ordinate nella Shari’ah e non possono essere mutate dall’uomo.
In questo quadro egli torna ancora a parlare di dimmy (protetti ) cioè dello stato giuridico proprio di cristiani ed ebrei che venivano tollerati e godevano di libertà religiosa e civile ma dovevano sottomettersi e pagare la gihaz ( tassa) e non godevano dei diritti politici perchè non facevano parte della umma (comunità dei fedeli).Per quanto riguarda il programma politico si rigetta tanto il liberismo che il socialismo: bisogna invece pure in questa campo tornare alla Shari’ah: il guadagno deve essere lecito, il mercato non è rifiutato ma limitato da principi morali, la perequazione perseguita attraverso la zakat (l’elemosina legale obbligatoria) che funge da contributo di solidarietà e di perequazione economica.
Egli quindi fa appello jihad: questo se non è una guerra per convertire con la forza gli infedeli ( come credono in Occidente ) ma nemmeno però deve essere uno sforzo puramente intellettuale come pretendono i modernisti: è un atto rivoluzionario, politico, culturale ma anche militare se occorre, per affermare un governo che rispetti il volere di Dio.Giovanni De Sio Cesari
( http://www.giovannidesio.it/ )