Pubblicato da www.italianotizie.it (in articoli ) gennaio 2011 HOME
IRAN:LA CRISI DELLE ELEZIONI
Giovanni De sio Cesari
IL VOTO DEL 2009
Le elezioni presidenziali iraniane del 12 giugno del 2009 confermarono alla presidenza della Repubblica iraniana Mahmud Ahmadinejad: i candidati sconfitti furono Mir Hosein Musavi, ( il piu importate), già ministro di Khomeini, Mehdi Karrubi, presidente del Parlamento iraniano tra il 1989 ed il 1992 e il generale Mohsen Reżāi, già comandante dei Guardiani della Rivoluzione islamica,tutti considerati moderati o meglio pragmatici e sostenuti dai principali partiti riformatori mentreAhmadinejad aveva l’appoggi più o meno esplicito della Guida Suprema Khamenei
Quello pero che colpi l’opinione pubblica interna e internazionale fu la misura della vittoria: Lo spoglio ha attribuito a Mahmud Ahmadinejad il 62,6 % dei suffragi espressi, contro appena il 33,7 % conseguito dal suo principale antagonista, il "riformista" Mir Hosein Musavi mentre vi era la generale convinzione che avrebbe vinto quest’ultimo.
Corse allora immediatamente voce che i risultati fossero stati manipolati quindi gli sconfitti parlarono di frodi massicce di falsificazione dei risultati elettorali e conseguentemente si opposero alla proclamazione dei risultati.
Si determinò un movimento di protesta contro il governo Ahmadinejad che ha portato a una crisi interna
Importanti manifestazioni di piazza si sono svolte nei giorni immediatamente successivi alla proclamazione dei risultati elettorali, represse nel sangue con decine di morti e di feriti. in cui iBasij hanno fiancheggiamento l'opera della polizia regolare Ad esse si calcola abbiano preso parte milioni d'iraniani. Per la documentazione di tali fatti hanno avuto un ruolo decisivo le moderne tecnologie informatiche (Twitter in particolare). La morte filmata della giovane Neda Agha-Soltan, ha avuto un impatto emotivo enorme e dato così un volto emblematica alle vittime, quasi tutte ignote. Nei giorni che seguono, numerose personalità politiche reclamano un nuovo conteggio dei voti. Fra essi gli ex Presidenti della Repubblica Ali Akbar Hashemi Rafsanjani (Presidente dal 1989 al 1997) e Mohammad Khatami (Presidente dal 1997 al 2005). Anche il Grande Ayatollah Montazeri, ex-successore designato di Khomeini, lancia un appello con un gesto senza precedenti affinché sia destituito Ali Khamenei, la Guida Suprema (Rahbar ) dell'Iran.
La Guida
Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei,d’altra parte ha pronunciato il suo atteso
sermone in occasione della preghiera del venerdì all’università di Teheran:
“Quando si ha la pace nella mente e nell’anima, solo allora si può decidere
saggiamente: ora questo paese ha bisogno di pace e tranquillità. Sin dell'inizio
della rivoluzione islamica, trenta anni fa, sono avvenuti tanti fatti, alcuni
dei quali avrebbero potuto rovesciare l’ordinamento islamico, che avrebbe potuto
portare al caos nella nazione, come avete visto in altre nazioni. Ma questa
nazione si sta muovendo fermamente, questa nave non ha provato alcuna scossone
nel mare in tempesta. Io credo, che con l'aiuto di Dio, questa nazione
raggiungerà tutti i suoi alti obiettivi."
In effetti Khamenei ha dato il suo appoggio ad Ahmadinejad sostenendo la
complessiva regolarità delle elezioni e poi ribadito che tutti gli affari
iraniani vanno risolti secondo la costituzione e vi sono le autorità che hanno
il potere di annullare le elezioni ed indirne di nuove.
LA VALIDITA' DELLE ELEZIONI
L’opposizione ha presentato come elemento essenziale di ricorso il fatto che in
molti distretti i voti sono superiori al numero degli elettori: ma nel sistema
iraniano non è, come da noi, una prova evidente di brogli: infatti in Iran ogni
elettore non è tenuto, come da noi, a votare in un seggio determinato in cui è
iscritto ma può farlo dove vuole, mostrando semplicemente i propri documenti.
Esaminiamo ora il comunicato ufficiale che respinge i ricorsi.
Il portavoce del Consiglio dei Guardiani, Ali Abbas Kadkhodae ha comunicato che
le irregolarità riscontrate non sono tali da inficiare nel complesso i risultati
elettorali e che quindi viene respinta la richiesta del rinnovo delle elezioni.
Rileva che le irregolarità sono state riscontrate solo in 50 distretti e non 170
come affermato dai ricorrenti: in essi il numero dei votanti è risultato
superiore a quello degli elettori iscritti. Ritiene che il Centro statistico ha
commesso un errore nel presentare i dati.
Molti dei distretti in cui i voti sono superiori agli elettori sono luoghi di
villeggiatura o di istruzione superiore. Di conseguenza, il fatto che il numero
di voti è superiore al numero degli aventi diritto non può essere considerato
una prova di irregolarità.
Sono stati ricevuti 277 reclami in diverse province e circoscrizioni: essi
vertono su violazioni minori che non hanno alcun impatto sul risultato delle
elezioni e, di conseguenza, i casi sono stati deferiti alla magistratura per le
sanzioni penali.
Si precisa pure che irregolarità e brogli sono cose diverse.
Va ancora rilevato che il Consiglio dei Guardiani è un organo che può essere
paragonato alla nostra Corte Costituzionale o di Cassazione. E’ formata da 12
membri designati per metà dalla guida suprema Kamenei e per metà dal parlamento.
Si tratta di giuristi: ma poichè nel mondo islamico la legge religiosa e quella
civile coincidono, in pratica si tratta di esperti religiosi.
Nella attuale situazione è difficile riconoscere ad essi un funzione di
imparzialità.
Nemmeno però i ricorrenti presentano fatti precisi. Già nella precedente
elezione era corsa voce di brogli:. Probabilmente se il distacco fra i due
candidati fosse stato modesto sarebbe stato accettato: ma la differenza di 11
milioni di voti è apparsa del tutto irrealistica: ma si tratta di impressioni
non di dati oggettivamente rilevabili
Ma per
quanto possa sembrare strano, il quesito di fondo sulla genuinità delle elezioni
è passato nel tempo in secondo piano. Il fatto è che è praticamente è
impossibile dare una risposta basata su fatti oggettivi.
In realtà tutta la macchina elettorale iraniana non è concepita come garanzia
per i partiti (che non esistono) ma come incentivazione alla partecipazione
popolare. L’Iran è una repubblica islamica: possono presentarsi solo i candidati
che un'apposita commissione ritiene diano sufficiente garanzie
di affidabilità
religiosa. E’ quindi una competizione tutta interna allo stesso indirizzo
ideologico. Solo le ultime elezioni sono venute a rivestire una importanza tanto
grande da spezzare il paese e minacciare la stessa esistenza della repubblica
islamica.
Da una parte
i sostenitori del governo sostenuti da Khamenei accusano apertamente gli
oppositori di essere in combutta con i nemici stranieri dell’Iran, minacciano di
passar alle maniere forti e a li accusano di “corrompere la terra di dio” ,
accusa gravissima che equivale a un nostro sacrilegio e comporterebbe la pena
di morte
Dall’altra i riformatori non paiono affatto spaventati: la contestazione pare dilagare dall’originaria cerchia degli studenti e della borghesia colta a gruppi più ampi popolari scontenti degli scarsi risultati conseguiti dal Governo in campo economico e della lotta alla corruzione .
LA TEOCRAZIA IRANIANA
IL problema va visto nel complesso dell’ordinamento iraniano
Il potere supremo in Iran in realtà è detenuto, non dal presidente eletto, ma da organi religiosi non elettivi. La massima autorità è la Guida Suprema, (Rahbar ) attualmente l’Ayatollah Ali Khamenei che è succeduto all’Ayatollah Khomeini, alla sua morte avvenuta nel 1989. Egli è affiancato da un Consiglio dei Guardiani composta da 12 religiosi nominati in parte da lui stesso.
Dal
punto di vista costituzionale Khamenei potrebbe essere destituito dalla
“Assemblea degli esperti”, un organo formato da 70 personalità religiose
presieduta dal Hashemi Rafsanjani, suo avversario politico: ma un fatto del
genere sarebbe profondamente traumatico per la repubblica islamica.
Questi organi previsti, dalla costituzione, vigilano e controllano tutta la
vita, politica e non, dell’Iran decidendo cosa sia “islamico” e quindi ammesso e
ciò che non lo è e quindi rigorosamente vietato: dato la genericità della
formulazione e soprattutto la pervasività dell’islam in pratica nulla sfugge a
un tale controllo.
La possibilità stessa di candidarsi è subordinata al giudizio di conformità del
candidato alla ortodossia islamica: chiunque, per qualunque motivo, non è
ritenuto “abbastanza islamico” dalle gerarchie religiose viene immediatamente
escluso.
Pertanto la democrazia iraniana è abbastanza limitata: i candidati sono tutti
interni al potere religioso, onnipresente e onnipotente: Infatti lo stesso
Mousavi non è poi molto diverso da Ahmadinejad, entrambi fedelissimi alla
rivoluzione e alla guida di Khomeini: non vi è posto per altre ideologie nelle
elezioni iraniane se non quelle komeiniste.
Mousavi non è affatto meno islamico ma semplicemente è apparso più pragmatico e
meno ideologico: per questo appare più gradito all’estero (non solo
all’Occidente) e a quelle parti della società iraniana che vorrebbero dei
cambiamenti e soprattutto si è sperato che la sua pragmaticità potesse
migliorare la condizioni economiche che, malgrado i cospicui cespiti del
petrolio, è abbastanza difficile.
Difficile
conoscere con esattezza cosa effettivamente stia accadendo in Iran dal momento
che la stampa straniera è stata espulsa. Abbiamo quindi solo comunicati
dell’autorità e notizie frammentarie fatte circolare dagli oppositori, le une
e
le altre poco attendibili, parziali e lacunose
E tuttavia ciò che appare certo è che dopo mesi le proteste non accennano a rientrare e anzi si fanno sempre più radicali e una composizione fra le parti appare sempre più improbabile.
Ma man mano la intestazione delle elezioni è andata sempre più perdendo importanza di fronte e a una richiesta più generale di rinnovamento e di riforme nell’assetto generale politico dell’Iran che sono esplose clamorosamente occasione dei funerali del “grande ayatollah” Montazeri e dell’Ashura
Il fronte dell’opposizione è molto composito e certamente viene fomentato anche dai tradizionale oppositori radicali della repubblica islamica. Ma la maggioranza pare fatta da sinceri credenti che gridano ancora “Allah akbar” (Dio è grande) e “noi combattiamo e moriamo per restaurare l’Iran”
CONCUSIONI
Come era
prevedibile, sin dal principio, le forze che contestavano i risultati elettorali
in Iran non avevano alcuna possibilità di far ripetere il voto. Vi era riuscita
in Ucraina la Rivoluzione Arancione a cui pure gli iraniani si ispirano: non
violenza, manifestazioni di massa, colori e simboli. Ma la situazione è
profondamente diversa: l’Ucraina è un paese in crisi di identità e di ideali
politici mentre l’Iran è retta da un potere che ritiene di essere depositario
della volontà di Dio, niente di meno. Ammettere che le elezioni fossero state
falsate avrebbe significato la fine dell’assetto islamico dell’Iran. D’altra
parte i leader delle dimostrazioni Mousavi, Rasfanjani, Khatami sono essi stessi
leader di quella concezione islamica molto più importanti che lo stesso
Ahmadinejad, un outsider sconosciuto e dello stesso Khamenei la cui designazione
a Guida Suprema, voluta da Khomeini, fu sempre poco gradita al clero che avrebbe
preferito Montazeri. molto più titolato o, meglio ancora, una direzione
collettiva.
Mousavi avrebbe continuato la condotta più pragmatica che l’Iran aveva mantenuto
dalla morte di Khomeini ( 1989) e la elezione di Ahmadinejad.
Temeva la
vecchia ed esperta classe dirigente che il fanatismo ideologico avrebbe condotto
la repubblica islamica all’isolamento, alla guerra, alla rovina mentre è ancora
possibile intendersi con l’Occidente e salvare il salvabile.
Ma la situazione probabilmente è sfuggita di mano, per sempre: noi riteniamo che
quelle dimostrazioni siano l’inizio della fine della repubblica islamica che
essa avvenga fra pochi giorni o fra pochi anni: la storia ha tempi lunghi.
In realtà la rivoluzione islamica di Khomeini è sostanzialmente fallita per
tanti motivi.
La teocrazia si è mantenuta per 30 anni nel paese ma non si è diffusa nel mondo
islamico (e tanto meno altrove). L’ideale di governi teocratici è perseguito
ormai solo da correnti estremiste e fanatiche come quelle che si ispirano ad al
Qaeda e che l'Iran stesso respinge e combatte.
Anche nel vicino Iraq, a maggioranza sciita, la teocrazia non ha avuto successo.
Otto anni di terribile ed inutile guerra non convinsero gli sciiti a ribellarsi
a Saddam e attualmente essi, con l'Ayatollah Sistani accettano un governo laico
contro i fanatici , forti in area sunnita, anche i più radicali si sono
rassegnati.
In un mondo fortemente globalizzato nella comunicazioni e' difficile isolarsi
dal resto del mondo: le idee circolano comunque. Il sistema comunista ad esempio
è crollato non per rivoluzioni o difficoltà interne vere e proprie ma perché
quei popoli, dopo decenni di isolamento, cominciarono a confrontarsi con i
popoli dell'Occidente europeo e allora i miti del comunismo andarono
definitivamente in pezzi.
Non è un caso che i seguaci del cambiamento in Iran siano gli studenti. le
città, i ceti borghesi: sono essi quelli che hanno accesso ad internet, che
possono vedere il resto del mondo mentre i seguaci di Ahmadinejad sono
soprattutto nella parte più povera, nelle campagne.
L'Iran da 30 anni mobilita le coscienze religiose, il forte sentimento nazionale
contro una asserita congiura internazionale di tutto il mondo contro la
Rivoluzione islamica, con l’America “grande satana” che mobilita i “piccoli
satana” del mondo islamico contro l'islam, in particolare sciita . Ma l’iraniano
che con internet segue un poco la stampa di tutto il mondo, non solo quella
occidentale ma anche quella indiana, cinese, russa, e anche quella araba come al
Jazeera non ritrova affatto nel mondo una volontà nemica.
Per i basiji tutto il mondo congiura contro la rivoluzione Khomeinista, perché
tutto il mondo ne ha paura perchè essa è il bene contro il male, la luce contro
le tenebre, la verità contro la menzogna.
Ma nel modo la conoscenza dell’Iran sciita è molto modesta. Spesso gli stessi
giornalisti mostrano scarsa informazione e soprattutto scarsa comprensione. Il
mondo non è in lotta con l’Iran, in massima parte, la ignora proprio.
Per il mondo non è la pietra di paragone ma solo un incomprensibile fanatismo
che se si facesse più pericoloso dovrebbe essere neutralizzato.