LA CINA E IL NOBEL
Giovanni De sio Cesari
Il Nobel a Liu Xiaobo
L’assegnazione del premio Nobel della pace a Liu Xiaobo, attivista cinese dei diritti umani ha suscitato una forte reazione cinese. Liu professore di letteratura di 54 anni, è in carcere per aver contribuito a organizzare e diffondere un documento chiamato Carta 08, che chiede riforme politiche in Cina, compresa la libertà di riunione, di espressione e di religione: è stato per questo condannato nel giorno di Natale dell’anno scorso a 11 anni di carcere per sovversione Egli pero si dichiara innocente affermando che quello che chiede è perfettamente legale in quanto previsto dalla stessa costituzione cinese
La stampa cinese ha prima ignorato la assegnazione e in secondo momento ha scatenato una ampia reazione, una vera e propria campagna contro l’assegnazione del Nobel.
Si minacciano velatamente reazioni anche diplomatiche contro la Norvegia ma Jonas Gahr Stoere, ministro degli esteri norvegese, ha sottolineato che il Comitato Nobel è indipendente dal governo e che il premio non dovrebbe causare difficoltà alle relazioni tra i due stati
Le autorità cinesi hanno reso impossibile il ritiro del premio non solo a Liu ma a chiunque altro cosi che la sedia del premiato a Oslo è rimasta desolatamente vuota.
Ma non solo la Cina non ha mandata una delegazione: altri 19 paesi hanno fatto altrettanto. E’ molto interessante esaminare il loro elenco. Non vi è solo il Vietnam più o meno nell’orbita cinese: spicca soprattutto la Russia, seguita da Kazakistan, Ucraina e perfino dalla Serbia, prossima ad entrare nella Unione Europea. Seguono poi paesi mussulmani e non solo i prevedibili Iran e Sudan ma anche paesi sicuramente filo-occidente: Tunisia, Arabia Saudita, Pakistan Afghanistan Egitto Marocco. Iraq. A questi si aggiunge in Asia le Filippine cattoliche amiche dell’occidente e in guerra con l’estremismo islamico. Segue un gruppo di paesi del Sud- America più o meno in rotta con gli USA: Cuba, Venezuela e Colombia
Inoltre per rispondere alla assegnazione del Nobel della pace a Liu Xiaobo, , la Cina, in batter d’occhi, ha organizzato un suo premio per la pace intitolandolo a Confucio. Sono stati esaminati otto candidati, fra cui il miliardario Bill Gates, l’ex presidente sudafricano Nelson Mandela e l’ex presidente americano Jimmy Carter:il premio è stato assegnato all’ex presidente di Taiwan, Lien Chan, per “aver costruito un ponte di pace tra la madrepatria e Taiwan” anche perchè probabilmente con gli altri candidati si correva il rischio del rifiuto.
Criteri di scelta
Bisogna anche notare che la assegnazione del premio Nobel per la pace non è stata sempre felice: nel caso della assegnazione ad Obama fu fatta alle “intenzioni” e non alle opere che, anche solo magari per il poco tempo, il presidente USA non poteva aver compiuto. Soprattutto, però, in tanti casi, come in quello in questione di Liu Xiaobo, l’assegnazione è avvenuta per personaggi che non avevano specificamente operato per portare pace nei conflitti ma per avere sostenuto i valori della democrazia.
Tali scelte sono state viste dai rispettivi paesi come intollerabili intromissioni negli affari interni soprattutto come arroganza nel presentare i propri valori e il loro ordinamento politico come l’unico valido per tutti, una manifestazione di colonialismo culturale, insomma.
Non sappiamo quale seguito possa avere nel futuro un premio Confucio contrapposto a un premio Nobel ma vorremo fare una osservazione generale che va al di la del caso particolare
La Cina reagisce alla egemonia culturale occidentale richiamandosi ai propri valori, a Confucio, il punto di riferimento millenario della Cina e di tutta la civiltà orientale. Fino a ora tutte le manifestazioni a livello mondiale sono state una emanazione dell’Occidente gestite con cultura e mentalità occidentale. Questo non si riscontra solo nel premi Nobel ma in ogni campo: da quello delle grandi manifestazioni sportive (olimpiadi, coppa Davis o campionati di calcio) perche tutti gli sport sono creazioni occidentali; cosi nelle mostre del cinema, nei premi letterari, culturali, scientifici. Anche l’ONU in realtà è una creazione dell’Occidente, basata su principi Occidentali. La Cina vuole partecipare, ma attivamente, non vuole disconoscere la civiltà occidentale che ammira molto e imita efficacemente: ma contemporaneamente vuole anche che si tenga conto dei propri valori e punti di vista. La Cina vuole uno scambio con l’Occidente non solo economico ma anche culturale: uno scambio,però, non una accettazione passiva. In questo può essere seguita da paesi asiatici , islamici africani e perfino da quelli sud americani
Forse un giorno non lontano saranno i cinesi a scegliere chi premiare fa gli occidentali
Il punto di vista cinese
la stampa cinese ritiene che il Nobel per la pace dovrebbe essere assegnato a persone che contribuiscono alla concordia nazionale, all’amicizia fra paese e paese, facendo avanzare il disarmo e le conferenze di pace secondo la volontà del fondatore,Alfred Nobel, ma Liu Xiaobo è un criminale condannato dalle autorità giudiziarie cinesi per aver violato la legge cinese,per aver complottato per la sovversione: tutto quello che ha fatto è in contrasto con la finalità del Premio Nobel della Pace
In verità la critica cinese non ci sembra del tutto infondata: il Nobel per la pace vien usato per fini politici sia pure nobilissimi, per esaltare una parte più che la composizione fra le parti. Infatti Thorbjoern Jagland, il presidente del comitato norvegese per il Nobel, ha detto che Liu Xiaobo,è stato un simbolo della lotta per i diritti umani in Cina. e che la Cina è diventata una grande potenza in termini economici, nonché dal punto di vista politico, ed è normale che le grandi potenze siano oggetto di critiche”: come si vede non si parla di pace
Orizzonte storico cinese
Il
fatto va visto anche nell’orizzonte storico e culturale cinese. La repressione
del dissenso in Cina viene perseguita, comunque, in modo moderato, morbido e non
sopprime del tutto la sua stessa esistenza come il caso, appunto di Liu,
dimostra. Nulla di paragonabile a quanto avveniva ai tempi di Mao quando la
repressione feroce e spietata si poteva abbattere inesorabile su chiunque, e
nessuno, a nessuno livello, in nessuna situazione, ne era al sicuro: una cappa
di terrore che avvolgeva tutta la Cina. Basta pensare a coloro che, credendo al
discorso di Mao detto dei “ cento fiori” del 1956, avanzarono critiche e
sparirono in mezzo
milione, si calcola, nei Laogai (letteralmente:” rieducazione
con il lavoro”, in realtà :campi di lavori forzati) e solo dopo venti anni i
superstiti riemersero alla morte di Mao, oppure al milione di guardie rosse che
non si resero conto che il vento era cambiato e furono inviate in zone remote e
inospitali “per imparare dal popolo “ ma in realtà a morire di stenti.
Quella Cina terribile non esiste più ma la democrazia e i diritti umani restano
lontani dalla realtà cinese. La scelta antidemocratica è stata fatta nei giorni
drammatici di Tian an men: fu proprio Deng Xiaoping ,il creatore della Cina
moderna, a volere ostinatamente la repressione quando invece la dirigenza del
partito era divisa e inclinava per un accoglimento delle richieste degli
studenti fra i quali scendeva Zhao Ziyang, il successore designato alla
direzione, e prorompeva in lacrime (non è sconveniente per un cinese). In quella
occasione le truppe di Pechino inviate a sedare le proteste di fatto rifiutarono
di usare la forza: fu necessario far venire da regioni lontane reparti di
soldati che non parlavano la lingua di Pechino perché si giungesse alla
repressione armata nella quale morirono centinaia di persone (centinaia,
comunque non milioni, come nelle repressioni maoiste)
In seguito, però, mentre la Russia crollava in un baratro economico e politico
dal quale solo ora pare riprendersi, la Cina iniziò quel boom economico che dura
fino ad ora e che, come prevedono molti analisti, la porterà, un giorno, forse,
ad assumere una leadership mondiale. Pare difficile quindi in queste condizioni
che i cinesi siano inclini ad accettare le regole democratiche occidentali che
d’altra parte non fanno parte della loro storia, antica e recente.
Alle democrazie e ai diritti umani di stampo occidentale invece la dirigenza
cinese contrappone il concetto di " società armoniosa" rifacendosi al concetto
confuciano di “da tong ", (forse sarebbe meglio tradurre il termine cinese con
“società solidale”) secondo il quale vi deve essere armonia nella diversità:
ciascuno (dall'imperatore al contadino) deve eseguire correttamente il compito
assegnatogli per la felicità di tutti. non si tratta della democrazia e dei
diritti umani secondo il punto di vista occidentale: questo deve essere chiaro .