Pubblicato in " Appunti "  ottobre    2018   anno XV  n 10 HOME

 

 

PRODUTTIVITA MONETARIA  E DI BENI

 

 

Giovanni De Sio Cesari

 

Che significa produttività ?

La definizione è sempre una tautologia : possiamo intendere per produttività qualsiasi cosa vogliamo ma dobbiamo  vedere  pero  che cosa effettivamente misuriamo

Nei manuali di economia per  produttività si intende  in genere  il rapporto  fra lavoro e  valore economico: quanto danaro produce ad esempio una ora di lavoro o un lavoratore (diciamo. produttività monetaria  )

 In questo modo noi misuriamo   la competitività delle imprese ( e anche delle nazioni nel loro insieme ) L impresa meno produttiva fallisce e quella più  produttiva rimane ( e cosi  anche  nelle  nazioni) Ma che una impresa vinca e l altra perde non significa affatto che per la generalità dei cittadini stia meglio Evidentemente quelli che lavoravano  in quella fallita staranno peggio e non è nemmeno sicuro che quelli delle vincenti stiano meglio: potrebbero aver vinto proprio  perchè hanno salari più  bassi  

La competitività  è senza altro importante  per lo sviluppo dell’umanità: l idea che l uomo lavori solo per il piacere di lavorare  è del tutto utopistica    Ma se la competività viene fatta  sulla compressione dei salari essa porta al disastro economico e sociale.  

Anche nel medio evo avevano  ben presente questo fatto Infatti le corporazione che allora  gestivano il lavoro artigiano vietavano tassativamente concorrenza sui prezzi Dappertutto poi vi erano usi, regole, precetti religiosi pure, che regolamentavano tutto il lavoro nell’agricoltura e in ogni altro campo

Ma con produttività noi possiamo intendere un cosa ben diversa: la quantitò di lavoro che  occorre per produrre gli stessi beni o servizi Si  intende quindi  per prodotti i prodotti e non il loro  valore economico (diciamo: produttività di beni)

  Se un tempo la maggior parte della popolazione doveva sfacchinare nei campi da mattina a sera per produrre cibo appena sufficiente per tutti adesso  poco più  del 3%  produce più  cibo di quanto poi si possa effettivamente consumare : la loro  produttività di beni è aumentata di 100  volte. Non possiamo dire pero che è aumentata di 100 volte il loro valore finanziario 

Se prima occorrevano ad esempio 100 ore per produrre un elettrodomestico  adesso ne occorrono 10 e quindi possiamo dire  che la produttività si è decuplicato In termini monetari  potrebbe accadere   pero gli elettromestici  sono diminuite dei prezzo dieci volte: allora non c è stata aumento della produttività monetaria

 

Esaminiamo  ad esempio l e-commerce :   prima per distribuire una certa merce occorrevano 100 negozianti con buoni  guadagni , ora  occorrono 10 commessi mal pagati. Diciamo  allora che la produttività di beni di quei commessi è 10 volte superiore a quello dei  commercianti , La diminuzione del prezzo è dovuta al fatto che 90 persone sono rimasti disoccupate e che i 10 rimasti sono poor working mentre alti invece sono i  guadagni dei proprietari e dirigenti 

 Anche nei servizi  un solo operatore con pc può sostituire 10 o 100 persone che fanno calcoli con la calcolatrice o addirittura  a mano: infatti si sono persi soprattutto  posti nei settori amministrativi Pensate alle folle dei bancari di un tempo, con lunghe file agli sportelli: il pc ormai ha reso quasi  del tutto obsoleto il loro lavoro Nella filiale delle banche  ci sono solo dei pc  con un solo addetto per qualche chiarimento ma in realtà le banche sono ormai sempre più  solo on line  In alcuni settori come la sanita,  la scuola, gli autisti di bus, i parrucchieri la produttività non può aumentare

Questo significa che potremmo produrre più  cose e più  servizi di quanto ne possiamo effettivamente  consumare  Ora si comprende che se in una società si produce meno cibo di quanto occorre evidentemente alcuni soffriranno la  fame, ma se invece si può produrre più  cibo di quanto si possa poi  consumare  e alcuni soffrono la fame è del tutto evidente che il sistema economico politico è sbagliato,   è folle

Si comprende pure che man mano che aumenta il benessere  il tasso di crescita diminuisca : mi pare un fatto naturale Ma il problema dei nostri tempi non è l’aumento del benessere,  ne abbiamo gia troppo tanto che si parla addirittura di decrescita felice. Il nostro problema è che la distribuzione del benessere  è diventata irregolare : il PIL aumenta dappertutto ma il disagio  aumenta pure  

 Questo significa che  non  possiamo più dire che la crescita del PIL sollevi tutti: non è più  vero: il problema  non è più  la  crescita  ma la  distribuzione del reddito 

I progressi tecnici hanno riguardato  tanto il  mondo del comunismo che quello del liberismo:   se l’uno ha avuto un  miracolo economico e il secondo è rimasto tanto indietro è del tutto evidente che il motivo fondamentale è stato il sistema politico economico

Se la Germania  occidentale era tanto più  ricca di quella  orientale nessuno dubita che dipendeva dal sistema politico Se nella Cina di Mao a  milioni morivano di fame e in quella di Deng Xioping invece  “non era mai avvenuto che un numero  tanto alto di individui facesse tanti progressi  in cosi poco tempo” appare  chiaro che quello di Mao era una follia e quello di Deng  un buon senso

 

La teoria che presenta il neo liberismo  è che, quasi naturalmente, per effetto della aumento della produttività finanziaria   , aumentano anche i salari  e quindi il livello di vita : ma la storia dice qualcosa di molto diverso Se l’aumento dei  livelli di salario e di  vita dei lavoratori e delle masse fosse cosa naturale insita nel processo  della industrializzazione ( della produttività finanziaria) )  non ci sarebbe stata la triste  miseria della Londra di Dikens, ne il 48 parigino ( da cui prese le mosse la riflessione marxiana) , la tragica comune di Parigi  Il mondo intero non si sarebbe diviso fin quasi dall’origine della industrializzazione tra liberisti e socialisti , non ci sarebbe stato il comunismo e il fascismo ( un diversa ramo del socialismo) Non sarebbe occorso  la politica sociale della DC di De Gasperi o le lotte bracciantili guidate da Di Vittorio  Tutta la storia della industrializzazione  è segnata da contrasti  intensi spesso  sfociati  in scontri sanguinosi e drammatici Lo stesso termine che noi usiamo per  il socialismo democratico  di “riformista”  ha senso in questa quadro C’erano i massimalisti che volevano sollevare dalla  miseria le classi lavoratrice abolendo semplicemente  la proprietà privata e coloro che pensavamo di promuovere delle riforme che avrebbero gradatamente e pacificamente  migliorate le condizioni lavorative

Nella nostra storia   industriale i sindacati (e prima ancora le leghe cattoliche) hanno svolto un ruolo fondamentale nella diffusione del benessere anche se negli ultimi tempi il loro ruolo si è molto ridimensionato   perchè sono diventati  i difensori dell’esistente più  che gli artefici del futuro

Tutto queste lotte sociali e guerre e rivoluzioni sollevazioni e  la matrice del socialismo stesso sarebbero  state cosa inutili e futili:  visto che le miserie delle  masse sarebbero sparite regolarmente  con il naturale adeguamento delle retribuzioni alla produttività monetaria  Viene generalmente chiamata lotta di classe ed essa è finita nel momento in cui un po  tutti si sono trovati in quella che è stata chiamata classe media (sia pure con molte  differenze interne)  

Se vediamo il mondo industrializzato di inizio del terzo millennio certamente non c’è stata diminuzione generale  del PIL ma allora come si spiega lo scontento, il disagio che ha provocato la Brexit, Trump e i M5S? Il problema  è la distribuzione  del reddito Se come si disse per gli USA  l’aumento del PIL va per il 90% ai ceti più  ricchi il problema  del poor working alla fine  si aggrava non si riduce . Gli  indici, del PIL  come quello della  disoccupazione non riescono a cogliere il problema dell’Occidente

 Ma se la classe media si divide  avremo ancora la lotta  di classe. in qualche modo è essa è gia presente . disoccupati, sotto occupati, precari ,poor working contro   i garantiti,  i vecchi pensionati . le alte retribuzioni,  i nuovi ricchi