Pubblicato in " Appunti "  novembre   2019   anno XVI  n 11  HOME

 

Mettere le mani nelle  tasche degli italiani

 

Giovanni De Sio Cesari

 

 

Le  tasse sono impopolari, naturalmente: c’è allora chi  in Italia ( ma anche all’estero) promette in campagna elettorale di  non mettere le  mani delle tasche degli italiani  Ma ha senso un discorso del genere ?

Lo stato moderno ha la funzione sociale fondamentale di equilibrare in qualche misura i redditi: per questo le tasse sono pagate dai ricchi e i servizi usufruiti dai poveri ( in modo proporzionale)
Non si può dire quindi che quello che è mio è mio e lo stato che mette le mani nelle mie tasche è un ladro : NO, esercita la sua funzione
Si può discutere sulla utilità, sulla opportunità, sulla giustizia, sulle ricadute negative pure ma non sul principio: in realtà nessuno pensa veramente che sia possibile che le tasse non ci siano e che non siano proporzionali e progressive  anche se ovviamente nessuno le paga con piacere
Lo slogan di non mettere le tasse nelle tasche degli italiani è pura demagogia.

L idea che le tasse siano un furto dello stato è l’esatto opposto dell’idea Marxiana che la proprietà sia un furto Poichè per furto possiamo intendere tutto e il contrario di tutto finiremmo in un discorso senza senso : chiariamo un po la questione 

Da un punto di vista logico:
 Si può pensare che se io produco una certa merce o servizio e ne ricevo il  guadagno allora se  lo stato  interviene e me ne prende una parte (molto  consistente, in verità) allora  prende quello che è mio:  è un furto

 Facciamo il semplice esempio di un contadino che coltivi  delle  pesche : allora le pesche sono sue e quindi  se lo stato  che ne prende il valore di una parte  di esse gli toglie qualcosa che per natura sarebbe  suo 

Ma è certamente semplicistico e fuorviante pensare che chi coltiva le pesche ne sia il l’assoluto proprietario. Già si comincia a considerare che  dovrebbe essere diviso con l’eventuale proprietario della terra e il criterio viene dettato dalla società. Infatti per secoli contadini e proprietari hanno lottato per questo. Si dice che al Rivoluzione Francese ha avuto successo perché si formò un ceto di contadini proprietari mentre la Repubblica Partenopea fallì miseramente perché la terra restò ai proprietari. In pratica ora il proprietario terriero non esiste più ma esiste l’ imprenditore agricolo che è cosa diversa.
Il reddito della coltivazione delle pesche in realtà non appartiene  affatto al coltivatore ma si divide in una serie pressocchè  infinita di persone alcune delle
quali non vedono nemmeno le pesche. A volte il produttore riceve cosi poco che rinuncia proprio a raccogliere le pesche. La proporzione fra i redditi relativi varia secondo complicate regole sociali: sarebbe non solo strano che lo stato non intervenisse a regolarle ma addirittura catastrofico A meno  che io non consumi direttamente quello che produco (economia di sussistenza) che io coltiva pesche , o curi gli ammalati o faccia alta ricerca scientifica il compenso dipende da regole sociali: in nessun caso quindi ne posso rivendicare una proprietà assoluta primaria

Se si vivesse  in un mondo senza regole si dovrebbe sempre lottare contro tutti quelli che si vorrebbero prendere le pesche in una lotta incessante che renderebbe la vita di tutti un vero inferno in terra. Per questo la società, anche quelle più primitive, hanno regole. In genere per i primitivi la preda cacciata era divisa fra tutti i componenti   del clan e al cacciatore spettava in più solo la lode
Nella nostra complicatissima società le pesche non vengono coltivate e mangiate dalla stessa persona: c’è il proprietario del fondo, i braccianti, i trasportatori, il mercato fino ai consumatori ( magari all’estero). Esistono quindi delle regole molto complesse che finiscono con il dividere il ricavato non in pesche ma in oggetti convenzionali che si dicono monete.
Quindi a meno   che non si tratti di un puro hobby, il ricavato delle pesche non è di quello che le coltiva ma di tutta la società che le ripaga (non con alcune pesche) ma con pezzetti di carta che hanno valore perché la società glielo da

Storicamente da qui  nasce il problema della proprietà dei mezzi di produzione

E’ notorio   che nelle società primitive la proprietà privata ha scarso peso (Marx parlava di comunismo primitivo ma mi sembra concetto inappropriato ) Il concetto di proprietà non è affatto un fatto di natura (come la famiglia) ma un portato della società ( come la moneta)

Possiamo dire che  la proprietà è naturale per quanto riguarda gli oggetti personali. I primitivi addirittura se li portavano nella tomba e infatti li conosciamo per questo
ma qui si parla dei cosi detti mezzi di produzione. Un tempo era soprattutto la terra e fino al 700, almeno in teoria, non la si poteva nemmeno comprare o vendere  Con lo spostarsi della ricchezza alla fabbrica ci si è posto il problema a chi dovesse appartenere : ai privati ( capitalismo) oppure alla società ( socialismo) E vero poi che non si può fare una distinzione assoluta fra beni personali e di produzione ma solo in linea di massima

 

 La soluzione storicamente vincente è che la proprietà pur appartenendo al privato tuttavia lo stato (meglio la società) comunque avesse un ruolo importante di direzione e di riequilibrio , anche attraverso le tasse che infatti hanno raggiunto livelli impensabili nel passato Anche quando poi i servizi hanno assunto un ruolo predominante la soluzione vincente è stata la stessa
Non si può seriamente mettere in dubbio che la competizione è stata vinta dal mondo liberista e che il comunismo ha perso definitivamente, irreparabilmente
Quello che pero bisogna tener presente è che quello che ha vinto non è il puro liberismo ma una miscela di liberismo e socialismo e infatti  in tutti i paesi dell’Occidente si sono alternati al governo partiti variamente orientati al socialismo o al liberismo ( destra e sinistra economica, si dice a volte). In particolare i paesi piu prosperi, quelli scandinavi, sono stati retti quasi esclusivamente da partiti socialisti democratici


In un gruppo primitivo tutti sono tesi al massimo nel tentativo di sopravvivere e tutti si impegnano al limite delle loro possibilità
In una società complessa signorile ci sono persone che non fanno nulla e che hanno tutto e altri che sfacchinano disperatamente dal mattino alla sera e non hanno nulla: le pesche  lo mangia chi non le coltiva  e chi le coltiva  non le mangia
Nelle società moderne la economia si sviluppa se da la possibilità a tutti di godere dei frutti del proprio lavoro: per questo le società liberiste dell’Occidente hanno stravinto la competizioni con quelle comuniste Chi produce  consuma ma  non tutto: non si ammette che altri possano morire di fame o di malattie e e quindi una parte viene dato agli altri Ma solo qualcosa altrimenti nessuno più è indotto a impegnarsi nel lavoro  veramente  e tutto muoiono di fame ( milioni di morti per fame in Russia e Cina)

 

Mi pare pero che sia riduttivo e fuorviante ridurre il capitalismo alla proprietà privata.
Anche nelle società dei possidenti terrieri vi era la proprietà ma non certo lo sviluppo D’altra parte si confronti l’America Latina e gli USA: in ambedue vi è la proprietà privata ma nella prima vi è povertà e sottosviluppo, nella seconda prosperità e sviluppo

La proprietà privata è solo un elemento del capitalismo. ne occorrono molti altri sia materiali che  culturali
Non è vero quindi che maggiore liberismo significa maggiore prosperità generale- Basta pensare alla spaventosa povertà di Londra descritta da Dickens neò primo ottocento in un sistema molto liberista, alla prosperità dei paesi baltici retti da un welfare imponente, al fatto che òacrisi attuale del mondo occidentale consiste proprio nella polarizzazione dei redditi ed emergere di povertà che sembravano superate definitivamente
Si consideri soprattutto che una società industriale si sviluppa perche vi sono comparatori : se la gente diventa povera la crisi è inevitabile
Quello che conta non è il numero di pesche che posso produrre ma di quelle che posso vendere

 Occorre pero sempre essere molto pragmatici e non lasciarsi andare agli ideali di giustizia e di equità sociale pure importanti 

 Ad esempio a me sembrerebbe  assolutamente giusto  lo spostamento delle imposte dai redditi ai patrimoni ( la mitica patrimoniale) ma sarei molto perplesso sulla effettiva realizzabilità
Un tempo, diciamo nell’800, i ricchi erano quelli che avevano proprietà fondiarie soprattutto terre , i possidenti come si diceva
Ma ora la mitica patrimoniale dove dovrebbe colpire? –
Non sulle terre: ci sono coltivatori diretti ( sempre meno) e aziende agricole .non piu reddite da terreni
Non sulla liquidita : se tassiamo i depositi bancari quelli se ne vanno in Cina, in Usa o nei paradisi fiscali
Non sulle proprietà delle aziende ( investimenti) se non vogliamo deprimere l economia e aumentare la disoccupazione
Restano le proprietà di case: ma non sulla  prima casa, ovviamente ; sulla seconda di vacanze molte moderazione se non vogliamo distruggere l’economia di interi settori e territori
Restano i grandi patrimoni di case abitative: ma quando poi si può ricavare? e poi quanto di essa ricadrebbe sui poveri affittuari ? Di quanto diminuirebbe l offerta?

In conclusione mi pare che lo spostamento delle tasse dal lavoro al patrimonio non sia possibile