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Pubblicato da res publica : quaderni europei      dicembre 2014

 

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Individuo e società

 

Giovanni De Sio Cesari

www.giovannidesio.it

 

 

Si sente talvolta parlare di democrazie liberali (in contrapposizione a democrazie non liberali) come di quei ordinamenti in cui lo Stato limita la sua azione di fronte al cittadino, che rimane quindi padrone di se stesso. Ma a me pare che, a prescindere dai particolari aspetti, sia proprio l'impostazione a essere errata, in quanto si contrappone in sostanza l’individuo (e spesso le sue proprietà) allo Stato.
In realtà, l’uomo è un animale sociale che però non segue regole istintive come le api o le formiche, ma crea egli stesso le sue regole, infinitamente variabili secondo le culture.
Non è che di fronte all’individuo ci sia solo lo Stato, ma infinite altre società più importanti dello Stato. Innanzitutto, la famiglia nucleare: il coniuge con il quale si condivide la vita intera (quando va bene), i cari figli che diventano ciò che più conta, poi la famiglia allargata, gli ancora più cari nipoti, fratelli, nonni, ecc. Si trascorre la maggior parte del tempo a scuola con i professori e i compagni, poi al lavoro con colleghi, dirigenti, ecc. Poi vi sono infiniti gruppi opzionali: gli amici, le comitive, i compagni di chiesa, di partito, di associazioni. Poi ancora ci sono le infinite autorità: dall’amministratore di condominio, ai dirigenti del lavoro, al sindaco e, molto importante ma non certo il più importante, lo Stato con i suoi tanti e infiniti organi.
Quindi, non è una dialettica singolo-Stato ma del singolo con infinite formazioni sociali, naturali e opzionali.
Altro elemento importante è che non sono poi opposti individuo e collettività. La società ci forma: quello che pensiamo, quello che siamo, dipende fondamentalmente dalla cultura in cui viviamo. Se io, uomo del XX secolo, penso che la guerra sia un male, che le donne non si battono nemmeno con un fiore, che la omosessualità sia una semplice variazione, è perché la società, in mille modi e voci spesso inavvertite, me lo ha inculcato. Se fossi vissuto qualche secolo fa, avrei idee diverse, forse opposte.
D’altra parte, la società è determinata dagli individui: ogni nostra azione in famiglia, a scuola, al lavoro, in comitiva, in politica contribuisce a creare il mondo in cui viviamo. Se lo Stato punisce, ad esempio, la pedofilia è perché tutti, o quasi, riteniamo che sia cosa orribile: in fondo, le regole sociali sono le nostre, non i nostri limiti. Avviene però che nella infinita varietà si possa contestare questo o quell’aspetto, e così la società cambia continuamente. Insomma, se io non picchio mia moglie è perché la cultura di oggi me lo vieta, non la legge, se non in casi residuali e eccezionali.
Ai tempi di Omero, Achille si godeva una ragazza a cui aveva massacrato la famiglia, e lo proclamavano grande fra gli eroi. Ora, se io facessi una cosa del genere, mi direbbero un mostro e, soprattutto, io stesso mi sentirei un mostro.
La contrapposizione fra singolo e comunità non ha senso, perché il singolo umano fa sempre parte di una collettività, senza la quale è solo un'astrazione. D'altra parte, la collettività è la risultante dell'insieme degli individui che la formano.
Non si tratta di voler influire sugli altri o di non volerne essere influenzato: è un fatto che avviene al di fuori della nostra consapevolezza e volontà. Tutto quello che facciamo influenza gli altri e tutto quello che fanno gli altri influenza noi.
Certo, nel tempo moderno il mondo compatto e solidale di un tempo è scomparso, e siamo sempre più soli nella grande folla. Tuttavia, io credo che sia sempre possibile, anche usando i mezzi moderni, aprirsi agli altri, essere persone e non individui. I modi sono cambiati, come ogni cosa. Vedo, ad esempio, tanti giovani, un vero esercito, che fa volontariato.
La democrazia non significa essere padroni di se stessi, cioè che si possa fare tutto ciò che si vuole: certamente no. In ogni società si può fare ciò che le regole (non solo le leggi) permettono, e questo avviene in qualunque società, da quelle primitive a quelle industriali avanzate, dai regimi dittatoriali a quelli più democratici.
La democrazia è invece caratterizzata dalle elezioni pluralistiche tenute in un clima di libertà (anche nelle dittature si tengono in genere elezioni). Quindi la vera discriminante è la libertà di pensiero.
Ovviamente nessun potere può impedirmi di pensare quello che penso: per libertà di pensiero si intende la possibilità di esporre il proprio pensiero, di propagandarlo, in pratica di organizzare libere associazioni, fondazioni, gruppi. Tale libertà è il fondamento, è ciò che distingue la democrazia (moderna) da altre forme di organizzazione politica (assolutismi, dittature, comunismi, ecc.).
Naturalmente esprimere il proprio pensiero influisce sugli altri e viceversa, ma ciò è possibile solo nell’ambito di quello che le regole e le leggi della società permettono. In democrazia, come in qualunque regime, possiamo fare solo quello che è permesso, perché ritenuto non dannoso. Quindi la padronanza di sé (self-ownership), intesa come diritto primario di poter fare quello che si vuole, non esiste. Se la società decide che, ad esempio, l’omosessualità è un reato, allora qualunque sia la mia opinione, non posso avere rapporti omosessuali. La qual cosa è avvenuta nella realtà per secoli, in tutte le democrazie (esempio di Turing in Inghilterra).
Poiché le idee influenzano gli altri, ne deriva che esse possano essere dannose e quindi proibite, ma la democrazia respinge queste limitazioni, tranne qualche eccezione (pedofilia, razzismo).

Per quanto riguarda la  realizzazione di sé:il limite all’individuo non è la collettività, ma la collettività, e quindi lo Stato, siamo noi.
Noi ci realizziamo nella collettività: il singolo è un’astrazione, tutto quello che avviene nella società ci forma, e tutto quello che fa ciascuno, forma la società.
Il punto essenziale è che noi ci sentiamo realizzati nella società, non fuori di essa: l’uomo si sente realizzato, felice, se il suo comportamento corrisponde a quello della cultura nella quale vive.
Ciascuno si realizza come padre, come marito, come amico, come lavoratore, come cittadino e così via, non nella astratta individualità che in pratica non significa nulla.
Abbiamo bisogno della stima e dell’approvazione degli altri.

Io penso che, quando l’uomo giunge verso la fine della propria vita, si senta realizzato se sente di essere stato un buon marito, un buon padre, un buon lavoratore, se ha aiutato e soccorso chi ne aveva bisogno, e non certo se ha fatto solo quello che gli piaceva.

 

 

 


La relación individuo-sociedad

 

Por: Guillermo Dellamary

 

 

Tanto los padres de familia han de considerar que la educación conlleva a hacer comprender que el desarrollo humano implica saber conjuntar la autonomía del individuo y, a la vez, su participación en la comunidad, y nunca perder de vista que somos una especie humana habitando en este planeta.

Dejar muy en claro que, hasta ahora, nuestra especie se reproduce y multiplica de la relación de dos individuos, hombre y mujer. Lo que genera una sociedad que a su vez sirve al individuo y así certifica el surgimiento de una cultura, que también enriquece al individuo.

Sin absolutizar, el individuo forma parte de la sociedad y ésta de la especie y en su conjunto se forma una cultura. La interacción entre estas dimensiones hace posible la realización del individuo. Además, la relación entre los individuos permite la perpetuidad de la cultura, como bien indica E. Morin.

Dentro de ésta realización humana se encuentra el principio ético que indica la plenitud del ejercicio de la libertad de expresión y auto organización político social. Finalmente, es el individuo el que recibe los beneficios de la sociedad y de la cultura. Por lo que tanto los individuos, en nuestra especie, se enriquecen recíprocamente de ésta creciente relación individuo-sociedad-cultura.

La complejidad de nuestra especie humana, viviendo en este planeta, no se podría comprender si no consideramos el papel tan importante que juega la relación del individuo con la sociedad y estas dos con la cultura.

Sin que se intérprete como que el fin del individuo es vivir para la sociedad o la cultura, sí resulta fundamental conjuntar una relación recíproca, en donde finalmente el individuo acaba por recibir los beneficios de las otra dos, al momento de ejercer su libertad justamente también para servir a la sociedad y a la cultura.

De esta forma, vemos también la importancia de vencer al egoísmo rampante de nuestra especie y que por medio de la cultura, es decir, al mismo tiempo, con la educación, sepa cómo salir de ella sin el inadecuado manejo de los impulsos y la aún reinante justificación de la violencia.

“La educación del futuro deberá velar por que la idea de unidad de la especie humana no borre la de su diversidad, y que la de su diversidad no borre la de la unidad” señala Morin.

A pesar de tantas diferencias entre los individuos por tantas características que nos hacen a cada uno irrepetibles, al mismo tiempo la especie humana comparte los mismos rasgos biológicos, psicológicos, sociales y culturales. Aunque todos de distinta manera somos muy diferentes, finalmente hay una unidad cerebral, mental, psíquica, afectiva e intelectual.

Dentro de la gran diversidad socio cultural que tenemos en este planeta, acabamos por tener principios y modos de organizarnos en común.

La educación en las aulas de clases debe conducirnos a la comprensión de la unidad en la diversidad, es decir, que a pesar de tantas diferencias existe algo que nos une a todos los individuos que habitamos en este planeta. Tenemos una cultura planetaria, somos una misma especie con muchos rasgos en común y grandes diferencias a la vez.