LA STRAGE DI PETTORANO E LA BATTAGLIA DEL MACERONE
Giovanni De sio Cesari
Il conflitto
I moti di Isernia, la strage di Pettorano, la battaglia del Macerone sono avvenimenti praticamente dimenticati, pochi ne hanno qualche nozione, anche i nomi dei luoghi non sono noti al di fuori del piccolo ambito locale Essi si svolsero in contemporanea alla battaglia del Volturno fra l’esercito regolare, di leva del Regno delle Due Sicilie e i Garibaldini e l’incontro di Teano che hanno invece notorietà universale e sono insegnate da 150 anni in tutte le scuole a cominciare dalle elementari.
Sono avvenimenti che si collocano nelle vicende che portarono alla scomparsa del quasi millenario regno di Napoli e la formazione dell’Unita nazionale. Ma sono anche i prodromi di una guerra diversa che si combatté ancora con ferocia per anni, conosciuta comunemente come la repressione del brigantaggio meridionale, parte della più vasta questione meridionale.
In effetti i contendenti, i metodi , le vicende di queste sanguinose vicende sono cosa diversa dalla Spedizione dei Mille
I contendenti erano solo apparentemente i sostenitori della unità nazionale e della monarchia costituzionale opposti agli ostinati difensori dei Borboni
In realtà, sostanzialmente. erano da una parte i possidenti terrieri agiati e colti e dall’altra i contadini attanagliati della miseria, analfabeti, che conoscevano solo il loro piccolo mondo contadino, del tutto ignari e inconsapevoli di ciò che accadeva al di fuori di esso. I primi erano definiti galantuomini ( nel senso che portavano abiti di gala , cioè di cerimonia), i secondi cafoni, secondo un’antica denominazione di incerta origine. Si distinguevano anche dal copricapo allora sempre usato da uomini e donne:qualche decennio dopo quando si diffuse l uso della coppola fra i poveri ( si diceva quindi lotta fra coppole cappelli) Le donne dei possidenti portavano il cappellino ( impensabile uscire di casa senza di esso) e l’ombrellino, le donne dei cafoni invece si coprivano all’occorrenza il capo con lo scialle che con cui si coprivano le spalle o anche con eleganti fazzoletti (muccaturo) che si vedono ancora nella rievocazioni folcloristiche .
Diverso anche e soprattutto i modi di combattere nei due conflitti. Non battaglie campali come Calatafimi, il Volturno e l’assedio di Gaeta ma una violenza diffusa episodica. casuale che esplodeva qui e la senza precisi piani prestabiliti , in quelle che definiremmo una guerriglia di bande irregolari, considerate però repressione del brigantaggio. Soprattutto diversi l comportamenti dei combattenti. Nella spedizione dei garibaldini si combatteva anche con accanimento ma secondo regole cavalleresche e militari mentre in queste c’era una ferocia senza regole e limiti. Se i garibaldini non prendevano prigionieri perché quelli che si arrendevano venivano lasciati liberi di tornare alle loro case o eventualmente arruolarsi nelle file garibaldine in questa invece non si prendevano prigionieri perchè i nemici si uccidevano, si fucilavano sul posto
Notiamo, al margine, che in questa conflitto civile le donne sono risparmiate. Non si hanno notizie sicure di stupri anche se qua e la vi è qualche accusa: le furia dei cafoni si riversava sugli uomini ma risparmiava le donne
Il conflitto civile comincia a esplodere quando il re Francesco II emana o meglio ripristina lo statuto concesso dal padre Ferdinando II nel 1848: la sua speranza è quella di conciliarsi con i liberali del regno e in prospettiva promuovere una federazione degli stati italiani nel quale il regno di Napoli avrebbe conservato una sua specificità e il suo re
In realtà pero la mossa fu disastrosa: veniva messi in posti di responsabilità dei liberali che naturalmente inclinavano per Garibaldi compromettendo quindi ogni possibilità di resistenza Infatti il governo di Napoli in teoria giurò fedeltà al re ma in effetti si mosse dalla parte di Garibaldi e lo accolse trionfalmente quando questi entro in Napoli
Quelli che tenevano invece per il re , i reazionari, messi da parte, persero ogni fiducia nella causa legittimista. A questo punto pero cominciano a insorgere nelle campagne a volte spontaneamente, a volte guidate da qualche nobile e cominciò il conflitto civile.
La rivolta del Molise
La zona di cui trattiamo è quella intorno ad Isernia ( Molise) che aveva in quel momento un valore strategico in quanto era il passaggio obbligato per l’esercito sardo per raggiungere Napoli e completare l’annessione del regno delle Due Sicilie e insieme mettere in disparte Garibaldi che non fosse tentato di una marcia su Roma o peggio ancor di costituire una repubblica di ispirazione mazziniana.
La strada da percorrere era quella ora denominata SS 17 ed allora nota come strada consolare degli Abbruzzi. Essa attraversava tutto l’Abruzzo, arrivava a Sulmona e da qui risaliva l’altopiano delle Cinque Miglia, strada costruita ai tempi di Napoleone, (attualmente vi è una variante moderna) e da Roccaraso discendeva quindi verso Castel di Sangro Da qui passava per Rionero sannitico, e risalivo con una strada stretta e disagevole il valico del Macerone a 650 metri discendendo quindi verso Isernia Attualmente questo tratto non viene più usato se non per traffico locale perché vi è una variante parallela a scorrimento veloce a una ventina di chilometri che arriva fino all’Adriatico, percorrendo la valle del Sangro
Si passava quindi per il centro di Isernia (ovviamente ora ci sono varianti) e si poteva raggiungere attraverso Venafro la valle del Volturno dalla quale si poteva giungere a Napoli oppure passando per la valle dove si trova Pettorano. a Benevento
In seguito allo statuto viene istituita il 5 luglio 1860 la guarda nazionale che teoricamente era un corpo in armi del Regno ma era formato e guidata da galantuomini locali, tutti liberali e quindi in pratica parteggiava per Garibaldi e il nuovo ordine politico che si stava formando
I contadini, i cafoni, tengono invece per la parte del re: essi non credono affatto che la costituzione sia una scelta del re e comprendono perfettamente più di quanto comprendesse il re, che in realtà è un modo per dare spazio e potere a quelli che sono contro il re
In Molise quindi il 23 luglio 1860 iniziano le prime sollevazioni spontanee di contadini, a Isernia e nella vicina Fornelli e un pò dovunque nella zona, sedate per il momento dalla guardia nazionale con qualche sporadica vittima
Intanto il 7 settembre Garibaldi entra trionfante in Napoli accolto festosamente dal governo, teoricamente ancora regio, e dalla popolazione. Si saprà in seguito che il liberale Liborio Romano, teoricamente facente parte del governo del re aveva attivata la camorra per predisporre il popolo a favore di Garibaldi.-
Il giorno dopo, senza indugi,o a Isernia l’intendente Venditti, da pochi giorni nominato, proclama la adesione della cittadina al nuovo governo inviando un telegramma in cui si elogia senza riserva il governo dittatoriale di Garibaldi. Viene nominato sindaco dai liberali il possidente Stefano Jadopi che subito dopo, però, parte per Napoli per farsi conoscere dai muovi governanti
Intanto il regio esercito sabaudo ha varcato il confine dello stato pontificio, e il 18 settembre batte a Castelfidardo le truppe pontificie guidato dal Lamorciere e avanza negli Abbruzzi
Intanto il re Francesco II schiera l’esercito per un a battaglia campale e decisiva contro Garibaldi fra S Maria ( Capua Vetere) e i ponti di Maddaloni sperando di sconfiggere i garibaldini e tornare vittorioso nella capitale
La zona di Isernia diventa quindi cruciale strategicamente perchè è alle spalle dell’esercito borbonico ed è il passaggio obbligato che l’esercito sardo deve percorrere prima di arrivare a Napoli, come abbiamo prima visto
Si muovono quindi i sostenitori di Garibaldi, arriva da Napoli un piccolo drappello di appena 22 garibaldini ma anche corpi numerosi di volontari meridionali: i cacciatori del Vesuvio di Pateras, i volontari matesini agli ordini del maggiore De Blasio, la Legione sannitica di Francesco De Feo .
Va precisato che queste truppe e altre che poi citeremo che intervennero nella vicende del Molise non erano quelle dei volontari di ogni parte di Italia che costituivano gli uomini direttamente guidati da Garibaldi ma erano uomini organizzati da galantuomini locali e quindi entravano nel conflitto con altro animo.
Le truppe pero restano poco nella zona movendo in altri luoghi pure in subbuglio e in particolare i volontari del Vesuvio partono per l’Abruzzo incontro all’avanzante esercito sabaudo. Restano quindi solo i 22 garibaldini e la guardia nazionale locale di Isernia
Verso il Molise parte allora una colonna di 600 uomini guidati da un ufficiale borbonico, Liguoro, che era sto uno dei pochi a opporsi veramente alla avanzata in Calabria dei Garibaldini e occupa Venafro sulla strada per Isernia
Subito esplode la rivolta popolare dei cafoni in tutta la zona e il 30 settembre, il giorno prima della battaglia del Volturno, è la notte tragica di Isernia
In tutta Isernia i cafoni assaltano le case dei galantuomini compromessi con i Garibaldini, le case vengono saccheggiate e incendiate Tutti quelli che non riescono a fuggire vengono uccisi senza pieta e ci sono scene selvagge di una violenza al di la di ogni umanità. Ad esempio al figlio del sindaco che era andato a Napoli, Francesco Jadopi, vengono cavati gli occhi e muore dissanguato
Un certo Falciari che al momento della adesione al nuovo regime aveva urinato per disprezzo su una moneta con l’effige reale viene percosso, impiccato a un lampione e gli vengono messi in bocca i genitali.
Di fronte a tanta violenza si chiede al vescovo di Isernia, Saladino di intervenire in nome della cristiana pietà con la sua autorità religiosa, ma questi, nemico acerrimo dei liberali, si rifiuta decisamente
Intanto il 2 e 3 ottobre la battaglia del Volturno è vinta dai garibaldini : più precisamente i borbonici non riescono nella loro manovra di accerchiamento delle forze garibaldine e a sconfiggerle ma l ‘esercito rimane intatto. Tuttavia lo sconforto è grande e quindi si ritira versa la munita piazzaforte di Capua che viene pero abbandonata per rifugiarsi in Gaeta anche perchè alle loro spalle sta marciando la forte e ben armata sarda
I borbonici resistono a lungo in Gaeta nella speranza del soccorso di altri paesi europei, soprattutto della Francia, soccorso che non arriverà mai.
Ma intanto a Isernia la rivolta filo borbonica ha trionfato e si è estesa a tutta la zona a Carpinone a Macchiagodena a Castelpetroso e un pò dovunque orde di cafoni inferociti danno al caccia ai liberali al grido di viva di “viva Francesco e viva Maria”, e molti possidenti perdono la vita oltre che i beni
Il 4 ottobre arrivano però 800 guardie nazionali provenienti da Campobasso e guidati dal Governatore del Molise, Nicola De Luca. Assaltano Isernia tenuta da borbonici e dopo tre ore di battaglia a notte entrano in città
De Luca impone una tassa di guerra e procede ad arresti tra i sollevati. Il vescovo saladino che non aveva voluto intervenire viene arrestato con brutalità, il suo segretario ucciso. Si succedono esecuzioni e saccheggi pure ma in misura molto più limitata della precedente notte tragica del 30 settembre
Il giorno dopo il 5 però arrivano altri soldati borbonici e soprattutto masse di cafoni in armi. Allora le guardie nazionali si ritirano verso Castel di Sangro andando incontro ai Piemontesi I pochi rimasti vengono massacrati in paese, nelle campagne, nei boschi, sui monti e ricominciano i saccheggi delle case ricche
Strage di Pettorano
Garibaldi vuole mantenere libera la strada all’esercito sardo che scende dai monti dell’Abruzzo. Per questo si offrirono l gruppi di guardie nazionali del Molise e a capo di esse fu inviato un garibaldino, il colonnello Francesco Nullo con altri ufficiali
Si mettono in marcia da Maddaloni per raggiungere la valle fra il Matese e i monti di Campobasso in rivolta per congiungersi verso Isernia con i l’esercito sardo che scendeva dal nord
Garibaldi, ben consapevole pero dei rischi che comporta avanzare in quelle difficili condizioni di terreno in mezzo a bande di cafoni pronti a ogni azione, gli ordina espressamente di aspettare a Boiano presso Campobasso e di avanzare su Isernia solo all’arrivo dell’esercito sardo
Ma Nullo non esegui gli ordini sottostimando il pericolo delle bande irregolari di cui evidentemente non aveva alcuna considerazione Anzi a Pettorano (attualmente Pettoranello del Molise per distinguerla dalla Pettorano del Gizio sull’altro lato del massiccio di Roccaraso) accettò l’invito a pranzo dei Santoro, una famiglia di possidenti del luogo e anche quando fu avvisato che si vedevano da ogni parte bande di cafoni in armi, non si dette gran pensiero e restò a suonare il pianoforte. a casa dei suoi ospiti
Il giorno 17, quando era a pranzo presso i Santoro, inizia la battaglia : i garibaldini attaccano i regolari borbonici che si ritirano ma dai fianchi sui crinali dei monti e delle colline, fra i boschi si materializzano bande di irregolari
I cafoni sparano a attaccano dai fianchi appostati dietro i tronchi e i massi Una grandinata di fucilate si abbatte sui garibaldini che sono assaliti da ogni parte Su di loro piombano addosso masse di contadini armati di scure, uncini, ed altre armi improvvisate
Le munizioni si esauriscono. le file si assottigliano man mano, sopraffatti dai nemici. Quelli a cavallo cercano di fuggire verso Campobasso per la consolare, quelli appiedati cercano rifugio per le colline, per i boschi e le campagne ma vengono inseguiti e uccisi uno per uno dalla furia dei cafoni più pratici del luoghi, con scuri, coltelli bastoni: qualche volta schiacciano loro la testa con pietre
Sono poi spogliati, derubati e lasciati insepolti
Fu un eccidio, fu una vera ecatombe
Nel mezzo della battaglia Nullo fugge verso Boiano gridando che va a cercare aiuti che ovviamente non arriveranno. Nullo si salvò dall’eccidio di cui era il maggiore responsabile
Un certo Mescieri legò due teste recise di garibaldini alle canne del fucile e se ne andava in giro vantandosi del macabro trofeo, In seguito fu arrestato dall’esercito sardo e scontò 50 anni di carcere. Anche altri cafoni che si macchiarono di atrocità furono in seguito condannati da regolari tribunali militari
L’ unica salvezza per i garibaldini erano i soldati regolari borbonici che infatti ne salvarono molti catturandoli : inviati al carcere in Isernia furono liberati qualche giorno dopo dall’esercito sardo.
La folla assalta e saccheggia e incendia la casa dei Santoro e ne arresta tutti i membri maschi per aver invitato a pranzo Nullo. Pero questi ebbero la fortuna di essere tradotti in carcere a Isernia dai soldati regolari e quindi liberati dal sovraggiunto esercito sardo qualche giorno dopo
Teniamo presente che nella battaglia del Volturno si contarono circa 300 morti per parte Possiamo considerare che nella strage di Pettorano caddero almeno altrettanti ma di essi non rimane nessun ricordo. nemmeno uno stele in qualche angolo remoto
Il bergamasco Francesco Nullo non era un incapace o un novellino: anzi aveva combattuto anche nella II Guerra di Indipendenza, si era distinto a Calatafimi, era stato il primo a entrare in Palermo. In seguito andò a combattere in Polonia insorta contro i Russi cadendo in combattimento dopo aver mostrato grande valore e capacita
Viene allora da chiedersi come mai ha potuto comportarsi con tanta leggerezza a Pettorano
La spiegazione che a noi sembra più convincente è che egli fosse psicologicamente impreparato a capire la situazione in cui si trovava. Come tutti gli idealisti garibaldini, egli pensava di andare a liberare il popolo oppresso dai Borboni e non poteva mai pensare che proprio quel popolo sarebbe insorto massicciamente in armi non contro i Borboni ma contro i garibaldini
In effetti tutti i patrioti, anche quelli nativi del regno, non si resero conto che si trattava di un altro conflitto, non fra liberta e assolutismo ma fra possidenti e contadini o come si diceva fra galantuomini e cafoni
La battaglia del Macerone
I fatti di Pettorano resero possibile un tentativo di resistenza all’avanzata dei piemontesi che provenivano dall’Abruzzo
il 12 settembre l’armata sarda forte di 50 mila uomini ben armati e organizzata aveva attraversato il Tronto, confine del regno delle Due Sicilie, ovviamente senza alcuna dichiarazione di guerra.
Civitella del Tronto, una formidabile fortezza messa al confine. fu aggirata senza difficolta e continuerà a resistere per oltre un mese dopo la caduta di Gaeta e in seguito distrutta con le mine – La fortezza di Pescara invece si consegnò senza resistenza
Si prende quindi la via che passa per Roccaraso e arriva a Castel di Sangro
Di la la strada allora passava per una stretta gola che portava al valico del Macerone e quindi a Isernia da dove si poteva giungere a Napoli oppure passando alle per la valle nella quale si era avuto la strage di Pettorano, a Benevento
I borbonici potevano tentare quindi di fermare l’avanzata sul valico del Macerone. A questo tentativo furono inviate truppe regolari a cui si aggiunsero masse di cafoni in armi del Molise Il comando fu affidato a un strano personaggio, il maresciallo Luigi Scotti-Douglas che era stato carbonaro ma poi era diventato un accanito reazionario. Gli fu affidato quindi il comando delle operazioni
Se la strage di Pettorano fu dovuto agli errori del colonnello Nullo, la resistenza sul Macerone falli soprattutto per la incompetenza dello Scotti. In verità in nessun caso le poche truppe e le bande di cafoni potevano tener testo al forte, ben organizzato e bene armato esercito sardo : si poteva tentare solo una qualche resistenza per qualche tempo più che altro a scopo dimostrativo
L’errore dello Scotti fu quello di non occupare immediatamente la posizione strategica del Macerone, la cosa più ovvia da fare, perché riteneva che i Piemontesi fossero ancora lontani. In effetti il grosso dell’esercito con Vittorio Emanuele II era ancora lontana ma una avanguardia di 5 mila uomini guidati dal Cialdini era vicinissima Quando fu poi avvertito che nella valle del Vandra che si trova prima del Macerono per chi proviene dall’Abruzzo già si vedevano i piemontesi credette che non si trattasse di forze regolari ma dei volontari del Vesuvio, al comando di Pateras che gia erano intervenuti nei fatti di Isernia e non se ne preoccupò troppo. Invece si trattava dell’avanguardia dei circa 5 mila soldati di Cialdini
Immediatamente i Piemontesi si precipitarono ad occupare la posizione strategica ancora incredibilmente libera. Furono mandati avanti i bersaglieri lasciando indietro le altre truppe più lente e pesanti.
Solo allora lo Scotti si convinse ad avanzare per prendere il passo Avanzarono con tre colonne, la prima di armati regolari sulla strada mentre ai fianchi avanzavano in modo disordinato e spontaneo le bande dei cafoni Non si conosce bene il numero degli uomini ma si ritiene che fossero intorno a 3000 uomini non certo in grado per numero, armamento e organizzazione e per di più in posizione sfavorevole di fermare l’avanguardia sarda di 5 mila uomini
I Borbonici attaccano comunque animosamente e per un momento sembrano avere la meglio ma arriva il grosso delle truppe dell’esercito sardo_ La prima linea borbonica viene circondata e si arrende
i soldati restanti allora si sbandano e fuggono cercando di ritirarsi su Isernia ma in massima parte sono presi prigionieri I cafoni invece fuggono disordinatamente per i boschi e le campagne : non hanno possibilità di arrendersi perche con non considerati legittimi combattenti . Qualcuno che viene preso viene fucilato Il maresciallo Scotti invece si consegna , viene portato a Sulmona, spedisce una lettera in cui si rammarica di aver servito nell’esercito borbonico e ricorda i suoi trascorsi liberali. Alla fine otterrà anche la regolare pensione
Intanto rapidamente i piemontesi arrivano a Isernia che prendono ormai senza resistenza. dappertutto si vedono i segni del feroce scontro fra cafoni e galantuomini
Il Cialdini rispetta i regolari secondo le leggi di guerra ma contro i cafoni irregolari comandò una dura repressione messa in atto attraverso un sistematico ricorso ad arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie,
Fa pubblicare che tutti i paesani trovati armati saranno fucilati immediatamente sul posto Inizia già cosi la repressione di quello che fu definito brigantaggio che insanguino il sud ancora per anni.
Per i regolari invece stipula una Convenzione con una commissione municipale di Isernia per la cura e trattamento dei militari malati e feriti delle Regie Truppe
Il 22 ottobre Vittorio Emanuele II entra in una Isernia desolata e distrutta che per la quarta volta in pochi giorni è passata da una parte all’altra:
Ci rimane la descrizione di un episodio: un uomo mostra al re un pugnale dicendo che voleva con esso trafiggere il cuore del re Francesco II per vendicare un suo fratello ucciso dai Borbonici e affida il pugnale a Vittorio Emanuele perche faccia egli la sua vendetta non potendolo più farla di persona Si vede qui la esasperazione di quelle folle inferocite e la distanza abissale dalla guerra regolare : certo Vittorio Emanule non avrebbe mai ucciso il cugino Francesco II ma comunque prese il pugnale per placare la folla. Altri riferiscono che l’episodio sarebbe accaduto a Castel di Sangro
Il giorno dopo il 23 il re lascia Isernia. poi presso Teano il 26 avviene il famoso incontro con Garibaldi : realmente avviene nel comune attuale di Vairano Scalo, il luogo è ora segnato da una scritta
ll 5 novembre 1860 inizia il lungo assedio di Gaeta che termina il 13 febbraio 1861
il 17 marzo viene proclamato il regno di Italia, il 20 marzo Civitella del Tronto finalmente si arrende e poco dopo viene distrutta
Ma la repressione del brigantaggio era appena all’ inizio e continuò fra violenza, repressioni, rappresaglie omicidi ancora per anni.
Conclusione
A quel tempo si parlò di repressione di brigantaggio, compito duro ma necessario e meritorio che non poteva non essere compito dell’esercito del neonato regno di Italia, poi da Gramsci in poi si interpretò come una sollevazione popolare ( dei proletari ante litteram) e ancora più recentemente movimenti filo borbonici parlano di una lotta contro l’invasore . Possiamo dire che sia stato tutte e tre le cose: certo gli insorgenti erano soprattutto dei briganti non guerriglieri , c‘era una rivolta del popolo più misero, in fondo quell’esercito appariva come straniero ( i Piemontesi) . Ma noi diremmo che più propriamente si può parlare di quella che i francesi chiamano jaquerie cioè rivolta di contadini esasperati per un peggioramento delle loro già misere condizioni. Esse furono ricorrenti non solo in Francia ma un po in tutto il mondo: i Comuneros nella Castiglia del 1400 ( descritti in Fuente ovejuna di Lope de Vega ) . la rivolta dei contadini ai tempi di Lutero 1500 , della rivolta di Pugaciov in Russia nel 700 (descritta da Puskin) , e le tante periodiche in Cina e in India. Si tratta di rivolte di esasperazione con violenze e stragi ma senza un piano, senza un programma e quindi destinate a fallire anche se qualche volta vittoriose al momento.
In realtà una sollevazioni contadina c’era stata a Bronte in Sicilia, molto nota perché oggetto di una novella di Verga : i contadini si erano sollevati e fatto un massacro di possidenti nella illusione che la liberta che prometteva Garibaldi fosse quella di liberarsi dei possidenti. In quel caso Garibaldi mando Bixio a mettere le cose a posto perchè una rivolta contadina era quanto di più lontano poteva pensare. Bixio represse violentemente con fucilazioni sommarie e poi ci furono lunghi processi Ma se contadini siciliani, ostili per tradizione ai Borboni, erano insorti invocando Garibaldi, in tutto il regno di Napoli invece le rivolte ebbero il segno opposto contro Garibaldi per il re Francesco II. Potremmo magari meravigliarci per questa scelta di campo che a noi appare illogica: perché sostenere il vecchio stato di cose che portava alla povertà e non quello moderno che almeno prometteva, sia pure solo a parole. il riscatto dei popoli. degli oppressi. Bisogna considerare che il fattore più importante era che a pendere verso Garibaldi erano in massima parte i possidente e quindi il contadino era dalla parte opposta
Bisogna poi considerar un altro elemento che a noi moderni sfugge: tradizionalmente nella monarchie legittimiste dei sovrani per grazia divina, il re non viene considerato responsabili dei mali e delle ingiustizie che avvengono ma se ne da la colpa ai suoi collaboratori e per estensione a quelli che esercitano funzioni amministrative e di direzione: sono quindi i nobili o semplicemente i possidenti ad avere tutte le colpe perché abusano della fiducia del re al quale poi si spera sempre che si possa ricorrere. Nel nostro caso poi questi galantuomini era anche i traditore del re e della religione alla quale comunque tutti erano profondamente devoti: l’ateismo di massima era di la da venire.