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Prof. Giovanni De Sio Cesari
( http://www.giovannidesio.it/ )
Struttura: Amore e matrimonio Due punti di vista Piacere e dovere La donna La famiglia Crisi del matrimonio
Nel linguaggio comune il temine “amore romantico” ci suggerisce chiari di luna, rose appassite o anche talvolta un amore che escluda l'aspetto sessuale. Si tratta di aspetti in qualche modo più o meno connessi all'idea dell' ”amore romantico” nel senso storico-sociologico nel quale usiamo il termine in questo lavoro ma che non ne colgono l’essenza
Bisogna allora chiarire cosa intendiamo per "amore romantico”: esso indica il principio secondo il quale il matrimonio è un effetto dell'amore e non viceversa. Secondo questa idea PRIMA fra due persone nasce l'amore e PER QUESTO si sposano. La tradizione precedente, praticamente universale, invece ritiene che due persone PRIMA si sposano e PER QUESTO fra di loro nasce l'amore. Modernamente noi pensiamo che una persona è nostra coniuge perché la amiamo: nella tradizione pre-romantica invece si ama una persona PERCHÉ è nostra coniuge
La nuova concezione dell’amore come fenomeno culturale si affermò nel mondo europeo agli inizi del XIX secolo in concomitanza con il movimento del Romanticismo (donde il nome). Si trattò di una innovazione, anzi di una rivoluzione della mentalità e della cultura della quale spesso si è poco consapevoli: si parla di rivoluzione a proposito della industrializzazione, dell'affermazione dello stato democratico, della istruzione pubblica e a giusta ragione. Ma l'affermazione dell' ”amore romantico” è pure esso un fenomeno che ha interessato nel profondo tutta la società europea costituendo la base di nuovi rapporti familiari e sociali che interessano ciascuno di noi nella propria personale individualità costituendo un orizzonte nuovo del quale spesso siamo poco consapevoli.
Precisiamo meglio allora i due punti di vista che denomineremo per semplicità di esposizione " moderno "( amore romantico ) e "tradizionale "
Dal primo punto di vista due giovani ( o non più tanto giovani) si incontrano, cominciano a frequentarsi, fra di loro nasce qualcosa di emotivamente importante: quando avranno avuto più o meno la certezza che si tratta di "vero amore" cioè di un sentimento stabile, sicuro profondo essi allora decideranno di sposarsi. Il matrimonio potrà avvenire anche dopo molto anni se le condizioni economiche lo esigeranno. Vi sarà quindi un "fidanzamento" cioè una promessa di matrimonio che in genere implica un lungo periodo di attesa (che tende modernamente ad allungarsi sempre di più) nel quale i due non ancor coniugi tuttavia si frequentano assiduamente. Il fidanzamento è considerato anche un periodo di prova: pertanto ognuno può, anzi deve, romperlo se si accorge che i suoi sentimenti sono mutati per qualunque motivo. Si ritiene che un matrimonio basato su un sentimento di amore che comunque è stato "messo alla prova" per un periodo abbastanza lungo di fidanzamento sia una garanzia per una buona riuscita del matrimonio e per la felicità di entrambi i coniugi.
Affatto diverso invece il punto di vista "tradizionale". Il matrimonio è l'unione di un uomo di una donna con il fine precipuo della procreazione e in secondo luogo della mutua assistenza e della soddisfazione sessuale. Bisogna allora scegliere il coniuge adatto ma il criterio di scelta non può essere la attrazione emotiva che i giovani possano sentire l'uno per l'altro: essa infatti è qualcosa di instabile, intessuto di fantasie adolescenziali destinato a svanir rapidamente nell'ambito della realtà del matrimonio. Il criterio deve essere invece razionale : vanno valutati moralità e aspetti economici e sociali perché sono essi a dare stabilità al matrimonio. Un certa importanza poteva essere data anche alla bellezza femminile, poca o nulla alla fisicità maschile data la nessuna considerazione in cui era tenute le esigenze femminili in questo ambito tanto che non sembrava affatto inopportuno il matrimonio fra una ragazza adolescente e un uomo anziano.
I giovani venivano considerati incapaci di una scelta consapevole che ricadeva quindi sostanzialmente sulle famiglie. Esse pertanto valutavano i possibili “partiti” e cercavano naturalmente di accaparrarsi i migliori per i propri rampolli. Gli aspetti economici-sociali erano fondamentali perché da essi poi scaturiva la effettiva possibilità di sopravvivenza e del tenore di vita della famiglia. Gli aspetti morali erano pure importanti: in particolare, condizione fondamentale era la onorabilità della sposa. In questa prospettiva non era importante che i futuri sposi si conoscessero anzi,magari ,era cosa sconsigliabile . Il periodo di fidanzamento, che pur esisteva, era semplicemente il tempo necessario per preparare il matrimonio: poteva essere brevissimo (proprio il tempo necessario per preparare la celebrazione e la relativa festa ) ma anche lungo o molto lungo in attesa che gli sposi fossero pronti. Talvolta la promessa di matrimonio veniva scambiata fra le famiglie quando gli sposi erano ancora bambini, non infrequente il caso che le famiglie decidessero di far sposare i propri figli prima ancora che questi nascessero. Ma l’idea del fidanzamento come periodo di frequentazione dei futuri sposi era assolutamente ignoto,considerato assurdo e immorale.
La concezione romantica rovescia tutto questo punto di vista: gli aspetti economici e sociali non DEBBONO essere presi in nessuna considerazione, anche gli aspetti morali sono considerati solo nell’ambito di una libera scelta personale, i giovani debbono conoscersi perché l'AMORE possa nascere : ciò che conta è solo un sentimento considerato onnipotente, unica, degna base di una unione che rompeva ogni barriera .
In realtà se questi sono i principi teorici delle concezioni tradizionale e romantica la realtà effettiva poteva esse anche molto diversa. In effetti anche nei matrimoni “tradizionali” la scelta poteva essere molto personale, legata ad attrazione individuale e soprattutto nella concezione moderna in effetti gli elementi “tradizionali” ( aspetti economici, sociali e morali) hanno un peso molto maggiore di quanto poi si ammetta. In sostanza se noi chiediamo a degli sposi moderni perché si sposano la risposta sarà sempre “perchè ci amiamo” ma in realtà il peso dei fattori “tradizionali” è molto grande.
Ma in questa sede noi valutiamo solo i punti di vista teorici a prescindere dalla loro effettiva attuazione pratica.
Il principio che l'amore sia la causa e il matrimonio l'effetto è cosi radicato omai nella nostra civiltà che noi siamo portati a creder che esso sia un fatto naturale e ovvio e non ci rendiamo conto della sua assoluta singolarità e innovazione: la tradizione pre-romantica ma anche soprattutto la mentalità prevalente nelle attuali civiltà extraeuropee ci appaiono incomprensibile, assurde, se non immorali.
D'altra parte notiamo che fenomeni di incomprensione simili avvengono anche per altri principi come la democrazia, la libertà che ci possono apparire ovvi e incontestabili mentre essi in Europa si sono affermati in secoli di lotte spesso sanguinose.
Le conseguenze dei due punti di vista sono grandissime.
La concezione “tradizionale” pone l’accento sulla famiglia come istituto deputato alla procreazione. Ci si sposa per perpetuare la famiglia, la società. Si tratta di un dovere fondamentale e il matrimonio stesso è sostanziato da doveri: verso la società, verso la famiglia di origine, verso il coniuge e soprattutto verso i figli che verranno. Non si esclude la felicità personale ma essa viene presupposta come effetto del compimento del proprio ruolo: amare ed essere amato dal coniuge, allevare ed educare i propri figli, dare il proprio apporto alla società è la realizzazione di se stessi e quindi la base della felicità. Ma il matrimonio non è basato sul piacere (felicità individuale ) ma sul dovere: se viene il “piacere” tanto meglio ma il dovere va eseguito sempre, in ogni caso. Facendo un paragone un pò ardito il matrimonio è come il lavoro: il lavoro può piacere o meno, può dare o meno soddisfazione ma non lo si può lasciare. Fortunati quelli che hanno un lavoro che piace loro ma anche quelli a cui non piace non possono certo abbandonarlo.
La prospettiva romantica invece rovescia le basi del matrimonio e pone l’accento sulla felicità individuale. Ci si sposa per amore,quindi per essere “felici”: i figli che verranno completeranno la felicità.
Effetti poi grandi si ebbero ebbe sul ruolo femminile. Nella concezione tradizionale ad essa era riservata il compito, comunque fondamentale, di generare ed educare i figli nella casa e con l’uomo che la famiglia le aveva destinato. Ma se l’amore è invece un sentimento, una libera scelta ella assume in proprio il proprio destino: ottiene una libertà ( e una responsabilità ) fondamentale, consegue anche una parte attiva nella vita prima immaginabile .
Innanzitutto nella concezione tradizionale era consigliabile che fosse segregata in casa per assicurarsi che conservasse la sua “virtu”. Ma con l’amore romantico ella deve essere libera in qualche modo di frequentare anche appartenenti all’altro sesso altrimenti non potrebbe mai nascere l’ “amore” . Soprattutto deve anche essere in grado di suscitare sentimenti profondi . Non basta che sia virtuosa , che abbia una dote adeguata. che abbia un aspetto attraente: deve avere anche una personalità, un animo sensibile, saggezza, bontà e tutte le altre doti che possano fare innamorare un uomo di lei. Nella concezione tradizionale in effetti la fanciulla non doveva preoccuparsi di molto. La famiglia provvedeva a tutto, le trovava la collocazione con il marito adatto. Alla ragazza restava solo la cura della propria castità ma in fondo anche a questo pensava la famiglia prevenendo accuratamente ogni situazione “pericolosa” : con l’amore romantico la donna esce di minorità, e con essa perde anche la tradizionale protezione
La concezione romantica si presentava come un rafforzamento del significato e del valore del matrimonio. Esso non era visto più come una imposizione esterna ma come un libera scelta dei coniugi. Si fondava su un sentimento profondo e duraturo, sull’Amore ( con la “A” maiuscolo) non su interessi più o meno materiali. Si presentava quindi come un’ ambiente caldo e affettuoso, il migliore certamente per accogliere ed educare i figli. In effetti nel secolo XIX effettivamente l’istituto matrimoniale assunse caratteri che ne ampliarono il valore e l’importanza. La famiglia ottocentesca si presenta, almeno nell’immaginario collettivo, come un istituto ben più significativo che nei secoli precedenti. Nasce la “religione” della famiglia in conseguenza della “religione” dell’amore. La casa, la dolce casa (“sweet home”) è il luogo sacro dell’amore di cui la sacerdotessa è la madre, l’angelo, oggetto di un rispetto di un “culto” sinceramente sentito e profondo. Il padre perde il suo ruolo distante e autoritario dei secoli precedenti, rimane pur sempre il capo della famiglia ma ha rapporti più caldi e profondi con la sposa e con i figli. Sparisce il “voi “ e altre formalità che creavano distanze fra i membri di un famiglia che si riscopre unita.
Nei secoli precedenti marito e moglie vivevano vite separate : avevano in comune letto, casa e figli ,potevano consumare i pasti in comune ma poi in effetti ognuno viveva la sua vita. la moglie in casa, il marito al lavoro e avevano ben poco da dirsi. Ma l’amore romantico pone una enfasi sui rapporti personali, sulla unità di sentimento e delle anime di cui la unione dei corpi appare solo una conseguenza
In sostanza con l’amore romantico ci si aspetta dalla famiglia molto di più che nella concezione tradizionale. In questa ultima infatti ognuno dei coniugi si aspetta di svolgere al meglio il proprio ruolo e spera e si appaga che anche l’altro faccia altrettanto : ma nell’amore romantico ognuno si aspetta ben altro: si aspetta la “felicità”, qualcosa difficilmente definibile ma di grande, di assoluto
Proprio in virtù della sua nuova concezione la famiglia rivendica il diritto- dovere di assumere essa direttamente il delicato compito di educare i figli. Nei secoli precedenti appariva comune e normale che i figli, dopo la prima fanciullezza, fossero educati altrove: venivano allocati ,secondo la classe sociale, presso collegi o botteghe artigiane che assumevano, praticamente in toto, la responsabilità non solo dell’istruzione ma anche dell’educazione e solo in brevi e rari periodi i figli tornavano in famiglia ( le vacanze). Ora invece i figli vanno a scuola o in bottega ma solo per alcune ore al giorno poi tornano in famiglia che il luogo proprio della loro vita.
Pur tuttavia l’amore romantico ha posto le premesse teoriche per una crisi dell’istituto matrimoniale. .
Innanzi tutto va notato che le attese dei coniugi nel matrimonio divengono tanto grandi che esse solo qualche volta vengono appagate donde il comune senso di frustrazione tanto comune oggi nelle famiglie moderne. Tradizionalmente il marito era pago di avere una sposa fedele e buona massaia e la moglie di un marito che provvedesse alle esigenze della famiglia, tutte cose in fondo abbastanza ben definite e comunemente realizzabili. Ma l’amore romantico esige la “felicità” cosa impalpabile, indefinita. Si può non avere niente da rimproverare propriamente al coniuge ma comunque ci si sente insoddisfatto, non si trova quella “felicita” che si sognava e si aspettava
Notiamo che Il divorzio è stato generalmente previsto in tutte le culture (tranne che in quella cattolica): tuttavia esso veniva invocato in casi limiti, in situazioni eccezionali: follia, abbandono, condanne penali, infedeltà e comunque sempre per colpa di uno dei due coniugi che non osservava i propri doveri. Nella nostra cultura invece va affermandosi il concetto che il matrimonio può essere sciolto semplicemente perché i due coniugi non desiderano più essere sposati, senza individuare una colpa o un fatto specifico, perché, in sostanza , è finito l' "amore"
E' la conseguenza logica della concezione dell' "amore romantico": se il matrimonio è il risultato dell’amore e se quest’ultimo , per qualsiasi ragione, non imputabile a nessuno, non esiste più e allora non deve conservarsi nemmeno il matrimonio.
Se viene meno l’amore e quindi la felicità, base del matrimonio perché allora esso dovrebbe continuare? Non sarebbe esso un menzogna,una ipocrisia, una viltà? Da questa prospettiva deriva anche una crisi dell’istituto stesso del matrimonio. Se due persone stanno bene insieme allora perché dovrebbero creare un legame giuridico ? Non c’è allora forse il pericolo che il legame giuridico sostituisca l’amore?
Da qui logicamente la scelta ormai molto frequente di sostituire al matrimonio legale (religioso o civile) la “convivenza”, la “coppia di fatto” che reclama la stessa considerazione e gli stessi diritti del matrimonio tradizionale.
Prof. Giovanni De Sio Cesari
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