Pubblicato in APPUNTI gennaio 202
La ricostruzione storica in “L’amica geniale”
Giovanni De sio Cesari
Grande è stato il successo nazionale e internazionale della serie TV de “L’amica
geniale”. In verità io credevo si trattasse di uno dei soliti serial che
dominano la scena da ormai 50 anni. Preso però dalla curiosità, cominciai
qualche anno fa a vedere qualche episodio in replay, un po’ controvoglia. Quello
che però subito mi colpì fu la puntigliosa ricostruzione storica di oltre 50
anni di vita, dal primo dopoguerra alle soglie del Duemila.
Così è
ricostruito il rione, pieno di vita e di mercati, mentre attualmente pare del
tutto diverso, più che altro uno dei tanti quartieri dormitori che circondano le
grandi città, molto diversi dai vicoli effervescenti di vita della città
vecchia.
Ho rivisto quando si fumava continuamente, c’era chi accendeva la sigaretta su
quella che stava spegnendosi.
Alla
scuola elementare si andava con i grembiuli neri, le penne con i pennini
cavallotti che si intingevano nella boccetta di inchiostro.
E poi si vedono i ragazzi del liceo in giacca e cravatta, e le alunne con i
grembiuli neri senza tacchetti, e i professori che davano del “lei” agli alunni:
come mai uno dei liceali di oggi potrebbe immaginare comportamenti del genere!
Si vede poi l’esplodere della contestazione giovanile, e quindi del femminismo e poi degli “anni di piombo” – come poi furono detti – con l’entusiasmo giovanile e l’illusione di rinnovare dalle radici tutto il mondo ormai vecchio e corrotto. Pura illusione di un tempo passato; e poi il lento riflusso fino ad arrivare a Tangentopoli.
Notevoli le ricostruzioni dei luoghi, come Piazza del Plebiscito percorsa dalle auto di allora: le modeste 600 e le 1100, roba da ricchi. E quindi gli abiti e le toilette, gli uomini con il cappello, le ragazze dalle gonne ampie e lunghe. E le prime vacanze modeste ed economiche in case affittate a Ischia, con gli ombrelloni portati da casa.
Certo, la ricostruzione storica ha fatto rivivere quegli anni ormai lontani a chi li ha vissuti e li fa conoscere a chi poi non riesce nemmeno a immaginarli. Tuttavia, se i particolari sono resi in modo davvero preciso storicamente, non mi sembra che lo stesso si possa dire del comportamento delle ragazze degli anni ’50, che ne sono le protagoniste.
Pensiamo, ad esempio, al matrimonio di Lila, che avviene intorno ai 16 anni.
Negli anni ’50 un matrimonio prima dei 18 o 20 anni avveniva solo se si fosse
trattato di uno di quelli che allora era definito “riparatore”: i due giovani
avevano fatto sesso e concepito un figlio (combinato il guaio) e quindi erano
tenuti a riparare unendosi in matrimonio.
Qui invece vediamo una ragazza sui quindici anni, spinta al matrimonio con un
giovane che non vuole e che, con grande abilità, riesce invece a farsi sposare
da un altro.
Soprattutto, l’atteggiamento di Lenù, che diverrà poi la scrittrice, non è certo consono allo spirito degli anni ’50. In quel tempo, le ragazze più spinte si lasciavano toccare e palpeggiare dai fidanzati e magari qualcosa di più, ma comunque erano ben accorte nel proteggere la propria verginità. Se non per un principio etico, almeno per il semplice fatto che perdere la verginità avrebbe significato grande difficoltà di essere accettate dai ragazzi come spose. In quel tempo il bianco dell’abito nuziale non era una semplice moda, ma il segno di uno stato reale di purezza, come si diceva.
Tutto questo non escludeva che le ragazze potessero perdere la propria verginità, magari travolte in un momento di passione insieme ai loro ragazzi o magari spinte da questi con abilità e inganno (sedotte e abbandonate, come si diceva).
Nella serie TV vediamo invece Lenù, frustrata per non poter realizzare un amore sognato dall’infanzia, che chiede apertamente di fare sesso completo per la prima volta con un uomo anziano, verso il quale provava più che altro ribrezzo, perché qualche anno prima aveva allungato le sue mani sulla sua intimità. Come è pensabile che una ragazza degli anni ’50 si comporti in modo cosi disinvolto?
Nel seguito, ella ha poi rapporti con due altri fidanzati come se fosse cosa del tutto normale, come potrebbe avvenire in tempi recenti. Incontra poi quello che sarà suo marito, il quale rigetta la sua disponibilità a fare sesso prematrimoniale, aspettando pazientemente le nozze. Pure qui ci si chiede: se un giovane tiene al principio della purezza verginale della sposa, come mai si innamora di una che quella purezza ha sempre rifiutata e che continua a rifiutare?
Nel seguito poi della vicenda, Lenù tradirà il marito spudoratamente nella stessa casa matrimoniale: una notte esce dal letto del marito e si infila in quello di un altro, fa sesso con lui perfino nel bagno, con il marito fuori, che poi lascerà con le figlie. Ma questa vicenda può manifestarsi in ogni epoca, perché comunque riprovata universalmente.
Altro elemento poco realistico storicamente sono le figure dei fratelli Solara, considerati i boss del rione, anche se non è poi chiaro quali siano i loro crimini.
Il camorrista, il capo mafia, è persona calma, fredda e che pondera con lucidità e prudenza le sue azioni. Tale, all’inizio del racconto, si mostra Don Achille, il capo camorrista precedente: quando le due bimbe lo accusano di aver rubato loro le bambole, egli, non comprendendo bene cosa vogliano dire, dà loro del denaro perché ne comprino un’altra: un gesto accorto da capo mafia. Invece, i fratelli Solara, in particolare uno di essi, sono estremamente collerici, violenti, pronti a picchiare violentemente – con il rischio di uccidere – chiunque li indisponga. Ma questo modo di agire è tipico degli scagnozzi, degli esecutori di violenze gratuite, non certo di quelli che governano la malavita, riuscendo ad arricchirsi con essa.