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24.04.2009
Aiuti alla Somalia
di Giovanni De Sio Cesari

La comunità internazionale pare finalmente che abbia trovato l’accordo per un intervento in Somalia e vengono stanziarti 213 milioni di dollari di aiuti. L’intervento è stato deciso sotto l’urgenza di combattere la pirateria somala che mette in pericolo la intensa navigazione nei mari prospicienti la Somalia.

Fra le navi sequestrate vi è il Buccaneer con 16 uomini di equipaggio, di cui 10 italiani, che si trova in un porto della costa somala tenuta sotto controllo da occhi elettronici mentre nella zona la nave da guerra italiana, il Maestrale con 220 uomini a bordo si trova pronta a intervenire: la società armatrice comunque ha preferito trattare per non mettere in pericolo l'incolumità dei marinai a bordo.

Ma chi sono questi pirati? Si tratta di membri dei vari clan che di fatto controllano, combattendosi fra di loro, la Somalia nel vuoto istituzionale che si è instaurato dopo la caduta del regime di Siad Barre nel 1991 e il fallimento dell’operazione Restore Hope.

Sono mossi dalla semplice necessità di fare preda non da ideologie particolari.
Si tratta di persone che un tempo erano pescatori, poi si interessarono al contrabbando di armi (esiste un’inefficace bando dell’ONU) e poi acquistando battelli ed armi, hanno trovato un mezzo per sopravvivere nel caos e nella miseria della Somalia, riuscendo ad ottenere riscatti di milioni di dollari, cifre enormi per quel paese. Le somme vengono poi ridistribuite dai signori della guerra ai propri familiari, seguaci, alleati e a tutti quelli che in qualche modo l’aiutano dando loro informazioni e ricovero: in pratica la pirateria è divenuta la principale fonte di reddito in uno dei più poveri paesi del mondo.

Si sospetta che le Corti islamiche e il gruppo denominato “Al Shabab” vicino ad al Qaeda traggano profitto da queste imprese: la cosa appare verosimile ma solo in senso generale come di ogni altro gruppo: i pirati somali non appaiono affatto dei fanatici religiosi ma semplicemente dei pirati, interessati quindi solamente al danaro dei riscatti.

Le flotte militari di tutto il mondo sono presenti nei mari ma l’ampiezza dell’area è troppo grande per essere veramente controllata.

Occorrerebbe in realtà eliminare la causa prima cioè il caos della Somalia, un paese nel quale un gran numero di gruppi armati agiscono senza alcuna legge: il ristabilimento di un governo centrale in grado di controllare effettivamente il territorio porrebbe fine anche alla pirateria.

E in questo senso va visto lo stanziamento dei cospicui aiuti che andrebbero a rafforzare il governo di Sheikh Sharif Sheikh Ahmed che, pure essendo internazionalmente riconosciuto, di fatto non controlla il territorio.

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Nella foto :imbarcazione pirata (dal The New York Times)






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