Pubblicato   da www.americacallsitaly.org      marzo  2007.                         HOME

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LA SITUAZIONE IN AFGANISTAN

 

AFGANISTAN: OFFENSIVA DI PRIMAVERA

Giovanni De Sio Cesari

 ( www.giovannidesio.it )

 

IL PROBLEMA

 

Si parla insistentemente di una compagna di primavera in Afganistan: i talebani  annunciano che la sferreranno contro il governo Karzai e contro gli eserciti occidentali che lo sostengono  e, d’altra parte,  questi ultimi annunciano a loro volta una offensiva militare per estendere l’effettivo controllo del governo centrale  su tutto il territorio nazionale strappandolo al controllo dei “signori della guerra” e dei talebani che  si stanno riorganizzando nel vuoto di potere della provincia e alzano il tiro.
Ma chi sono in realtà i “signori della guerra “ e i “Talebani”  ? E perchè il governo centrale non controlla tutto il territorio ?E soprattutto: ma la guerra ai "signori della guerra"e quella ai talebani sono la stessa cosa?

Non è semplice comprenderlo per un Occidentale che naturalmente interpreta situazioni e personaggi con categorie occidentali. Occorre invece partire dal contesto  sociale e storico dell’Afganistan  in cui gli attori e le situazioni di questo dramma agiscono e solo attraverso di essi appaiono comprensibili : altrimenti si  rischia di pensare che l’Afganistan sia preda  incomprensibilmente di una specie di follia collettiva 

 

 

STRUTTURE POLITICHE

 

Quando un occidentale pensa all’Afganistan si raffigura uno stato  che abbia più o meno le caratteristiche politiche di uno stato moderno occidentale: un potere centrale che controlla  tutto il territorio, leggi e norme giuridiche valide dappertutto e una burocrazia numerosa ed efficiente che amministra ogni aspetto della vita nazionale. Ma questo modello non corrisponde allo stato afgano come a molti altri stati  asiatici e africani

Per comprendere lo situazione afgana  occorre  invece pensare al modello di stato del nostro medioevo. In esso vi era un potere centrale che nominalmente aveva la sovranità: tuttavia l’effettivo esercizio dell’organizzazione della società era gestito a livello locale da una miriade di poteri particolari: feudatari, comuni, clero che riconoscevano senza  problemi il potere di re e imperatori purchè questi non pretendessero di intervenire  effettivamente negli affari locali,

Per ristabilire  il proprio potere ogni tanto i sovrani organizzavano spedizioni militari che in genere avevano successi solo temporanei: ritirate le truppe, il particolarismo riprendeva il sopravvento perché era legato alla struttura dell’organizzazione sociale e politica.

Anzi, a volte, come  nell’Italia settentrionale, a partire dalla battaglia di Legnano,  il potere centrale si eclissava completamente e le singole unità locali prendevano piena autonomie. Solo dal ‘500 si iniziarono a formarsi quelli che gli storici definiscono “stato assoluto moderno” nel quale il centro esercita effettivamente  il proprio potere su tutto il territorio:il processo fu lungo, difficile, a tratti sanguinoso e durò molti secoli 

 

Lo stato moderno afgano ha strutture che, come dicevamo, lo avvicinano  molto più a uno stato del nostro medioevo che a uno stato moderno. Le vicende degli ultimi  anni come della storia precedente  va compresa a partire da questa fatto .

 

 

 UN CENNO STORICO

 

Un cenno alla storia dell’Afganistan potrà chiarire meglio il problema . 

La formazione dello stato afgano prende l’avvio dal  1747 quando un capo locale, Ahmed Sha fu scelto come guida da alcune tribù Pashtun. Questi conquistò un vasto impero esteso nei territori dell’attuale Pakistan e India: alla sua morte però esso, basato sulla sola forza militare,  si sfasciò: alla sua discendenza  (clan dei  Abdigali ) restarono i domini nelle terre più arretrate e  isolate costituenti l’attuale Afganistan

Esso non costituisce  una entità etnica ma vi convivono molte etnie diverse che si estendono anche nei paesi confinanti. La etnia più numerosa e dominante e che costituì lo stato  è quella dei Pashtun. Si tratta di uno dei popoli  dell’india che vive anche  nell’attuale Pakistan. Anzi alcuni gruppi  vivono in inverno  nell’Afganistan e  svernano invece in Pakistan. I Pashtun sono divisi in vari sottogruppi e in clan spesso rivali l’uno dell’altro.

La seconda etnia, per quanto riguarda il numero, è costituita dai Dari: si tratta in effetti di Iraniani .Le altre etnie principali sono:

Tagiki: di origine anche essi iraniana ma stanziati da lungo tempo nell’Asia centrale, parlano un dialetto antico della Persia: la maggioranza dell’etnia si trova nella repubblica ex sovietica del Tagikistan

Usbeki e Turcomeni:popolazioni di origine turcomanna (della stesso ceppo dei Turchi) e residenti in maggioranza nelle rispettive repubbliche ex-sovietiche.

Hazara: di origine mongola, forse discendenti  dalle orde di Gengis  khan

Come nel nostro medio evo, la forza veramente unificante è la fede religiosa da tutti indistintamente professata con  molto intensità 

 Nell’800 il paese fu conteso fra la Russia e l’Inghilterra che governava l’India: gli Inglesi vi installarono un loro protettorato senza però  riuscire mai a conquistarlo e governarlo effettivamente come facevano con l’india;  non ebbero infatti difficoltà a conquistare  Cabul ma estendere l’effettivo governo si rivelò impresa praticamente impossibile:  nel  1919 dopo l’ennesima spedizione per riportare ordine nel paese,l’Inghilterra  rinunciò  a ogni ingerenza. 

 

Il nuovo sovrano, Amanullah  tentò in ogni modo di modernizzare il paese ispirandosi al contemporaneo modello di Kemal Ataturk che si affermava in Turchia: ma il paese non resse alle novità,  le tribù insorsero e il re dovette fuggire: il particolarismo aveva trionfato ancora una volta: 

Gli successe  Muhammad Nadir Shah, (1929-33) che abolì la maggior parte delle riforme del precedente e il potere dello Stato tornò ad essere debole rispetto a quello particolaristico  nuovamente in crescita dei clan e dei capi religiosi.

L’ultimo sovrano fu Mohammad Zahir Shah, (1933-73) figlio,del precedente, Nei primi trenta dei suoi quaranta anni di regno egli accettò la tutela di membri della sua famiglia  che restarono nella tradizione: solo negli ultimi dieci anni governò personalmente e tentò di  modernizzare il paese.  Abbandonato  dai tradizionalisti, fu scavalcato dalle correnti più  avanzate e detronizzato mentre nel 1973 si trovava a Roma per cure mediche senza per altro lasciare molti rimpianti

Il nuovo governo cercò ancora una volta una modernizzazione ma senza successo : maturò cosi il colpo di stato comunista del 1978: ma il nuovo governo non tentò nemmeno di imporsi con le proprie forze e richiese l’intervento massiccio delle forze militari sovietiche. Tutto l’Afganistan esplose allora in una rivolta generale appoggiata per opposti  motivi politici dall’Occidente, dall’Iran di Khomeini e dal Pakistan. La guerra, durata quasi dieci anni, fu disastrosa e inconcludente. I russi e la fazione comunista da essi sostenuta mantennero  il controllo di Cabul e delle principali città ma  tutto il resto del territorio restò nelle mani di  bande di ribelli locali.

Si paragona spesso la situazione dei Russi in Afganistan a quella degli americani in vVet-nam: ma  i viet-cong erano ben diversi  dai  mujadin afgani; i primi avevano  una organizzazione centralizzata, forse anche troppo centralizzata: i mujadin  afgani erano invece bande locali ciascuna autonoma nella regione in cui operava. Ed infatti al ritiro degli  Americani si installò un regime unitario in Viet-nam ; al ritiro dei Russi invece  in Afganistan i gruppi che avevano combattuto contro i Russi continuarono a combattersi fra di loro: segno evidente che la guerra non era tanto contro i Russi o contro il comunismo ma sostanzialmente dei gruppi locali contro il potere centrale. L’arrivo dei talebani si situa in questo contesto. In effetti essi erano sostenuti da Pakistano e Arabia Saudita e agitavano l’unico ideale comune agli afgani:quello religioso tradizionale e quindi radicale. Tuttavia nemmeno essi  riuscirono a unificare il paese:le minoranze Tagiche e Usbeche  benchè anche esse non meno radicali dal punto di vista religiose,  mantennero una resistenza  impavida e indomabile. Gli avvenimenti dell ’11 settembre  portarono al centro dell’attenzione del mondo questo paese quasi dimenticato in quanto aveva avuto la ventura di essere  il rifugio di al Qaeda, indicata come l’ispiratrice ideale se non proprio operativa, di quell’attacco all’America che aveva stupito e indignato il mondo. Gli americani non trovarono difficoltà  ad abbattere  il governo centrale di Cabul dei Talebani, d’altra parte  gia squalificato per  fanatismo religioso eccessivo e grottesco che arrivava  perfino a vietare la TV e gli aquiloni, troppo anche per un paese arretrato e tradizionalista come l’Afganistan. Bastò infatti un buon aiuto militare e Tagiki e Usbeki  disfecero in pochi giorni le forze talebane ed entrarono in Cabul

 Ma le minoranze etniche non potevano governare: allora fu  designato Karzai appartenente della maggioranza Pashtun

 Il suo governo si è insediato facilmente a Cabul ma estendere il suo potere effettivo  in tutto il paese e tutt’altra cosa

 

 KHAN E TALEBANI

 

Quelli che comunemente chiamiamo in Occidente  “signori della guerra” sono in realtà i  i khan (capi in lingua locale) essi  sono i capi e le guide riconosciute dal popolo  cosi come lo erano i feudatari  del nostro medioevo ma, a differenza di essi, non costituiscono una vera e propria casta. Il  loro potere può estendersi su zone molto vaste e semplicemente su un singolo villaggio,possono a loro volta crearono una gerarchia per cui khan meno importati seguono khan più potenti. Il vero potere in effetti è stato sempre nelle loro mani perchè l’apparato burocratico dello stato   è debole o praticamente inesistente.

 Sono i Khan che schierandosi con questo o quell'altro determinano nella sostanza la situazione politico militare: il loro appoggio può essere comprato con  il danaro. Gli stessi  talebani pagarono grosse somme per arrivare al potere e pare che il successo fulmineo degli Occidentali e della Lega del nord ( Usbeki e Tagiki) sia dovuto molto a forti somme offerte dagli americani.

Questo non significa che i Khan siano dei corrotti come penserebbe un Occidentale, Non dobbiamo interpretare questi fatti con la nostra mentalità europea. Per un americano  guadagnare bene è soprattutto un segno tangibile delle proprie capacità: per un Khan un buon compenso è la dimostrazione del proprio valore : non c’è nulla di meschino, di corrotto. Il kan che accetta un compenso può poi sacrificare poi la propria  vita se pensa che sia suo dovere.

Quello che i Khan non accettano è di essere sostituiti nel loro potere da funzionari del governo: un khan è un khan per discendenza e coraggio e valore : sente di meritare il proprio  potere, gli altri glielo riconoscono: chi viene da Cabul è un estraneo quasi come un americano  o un russo

 Il problema è che i Khan possono appoggiare e farsi appoggiare dai talebani e quindi questo mette in crisi  la ragione stessa dell’intervento Occidentale in Afganistan: combattere il terrorismo togliendo ad esso le basi e i santuari.

Ma chi sono poi i talebani dell’Afganistan?

 Come è noto "talebani "significa semplicemente studenti ( delle scuole coraniche ) diremo noi: seminaristi. Tuttavia in questo contesto designa sostenitori di un integralismo religioso  che a un certo punto ha visto nell’Occidente il male, il grande satana da combattere con il  Jihad ( la guerra santa) : in verità l’assalto all’occidente era teorizzato da   bin Laden e al qaeda che non erano afgani ma una specie di legione straniera nella quale confluivano da ogni parte ( anche da Europa ed America ) fondamentalisti e fanatici religiosi. Il governo talebano in realtà era guidato dal Mullah Omar, un personaggio  quasi evanescente,che non è mai comparso in primo piano. Tuttavia pare che fosse sostanzialmente quello che noi diremmo un “prete di campagna”: un uomo semplice che non conosceva nulla altro che il corano e che riteneva,  in perfetta buona fede, che tutto possa essere risolto seguendo esattamente le sue prescrizione.  L’idea che le parole del corano possano essere reinterpretate alla luce della civiltà degli infedeli occidentali gli sarà sembrata una enormità,una assurdità. I teorici del fondamentalismo   (come lo stesso bin laden) hanno conosciuto la civiltà occidentale, la hanno rifiutata e il loro estremismo è frutto di un rigetto assoluto e cosciente

 Il mullah Omar dell’Occidente non sa assolutamente nulla, non immagina nemmeno che si possa vivere diversamente da come ha sempre vissuto la sua gente da tante generazioni

Il problema è che gli afgani in grande maggioranza, hanno mentalità simile alla sua: la modernità è cosa non solo empia ma incomprensibile all’afgano medio:  pensare che le donne possano avere gli stessi diritti degli uomini prima ancora  che essere empio e contrario alle prescrizione del Profeta è cosa assurda, una follia incomprensibile

Sono per cultura dei fondamentalisti

I talebani sconfitti al centro risuscitano necessariamente in periferia, tutta ancora immersa in una tradizione religiosa ancestrale quindi integralista e fondamentalista,  come forse in nessun altro paese islamico

 

CONCLUSIONI

 

Riusciranno gli eserciti  occidentali a mettere ordine e stabilità nel caos afgano?

Non vi sono riusciti  i  sovrani locali  nel 700 e nell’800,  ne gli inglesi, ne i riformatori kemalisti del ‘900, ne i comunisti sostenuti dall’armata rossa , ne gli stessi talebani : come pensare che ci riuscirà il debole governo Karzai sostenuto da forze occidentali potenti è vero,ma che non hanno  l’animo di condurre una guerra repressiva, infinita e sanguinosa come invece erano pure  disposti i Russi ?

 Tuttavia la domanda è anche un’altra? Quali altre opzioni sono possibili agli Occidentali ?

Ma poi la guerra ai Khan coincide con quella ai talebani?

In realtà sono due cose diverse: non c'è una naturale alleanza fra khan e talebani: anzi in qualche modo i due poteri entrano in conflitto : infatti quando i talebani furono al potere ebbero lo stesso problema di Karzai e di tutti gli altri che detengono il potere centrale : esercitarlo effettivamente in tutto il territorio , Anzi la fulminea vittoria americana fu dovuto proprio al fatto che questi appoggiarono i poteri i locali della Alleanza del nord

E' vero che se il governo di Karzai controllasse effettivamente il territorio i talebani non avrebbero più spazio ma è vero anche che  l'offensiva contro i Khan per rendere effettivo il potere centrale spinge  ad una pericolosa alleanza fra khan e talebani

 

 

 

TROOPS AWAIT AFGHAN ORDER

The Guardian - November 16, 2005


by Simon Tisdall


Camp Bastion is not a familiar address, but that may change. Reportedly still under construction, it is in Helmand province, heart of south Afghanistan's bandit country. And it is to be "home" for up to 2,000 British troops deploying to the region next spring.
The Ministry of Defence says no final decisions on reinforcement of Nato's International Security Assistance Force (Isaf) have been made. But units earmarked include Paratroops, Royal Engineers, and attack helicopters. Ordinary soldiers say they know they are going - "we just don't know exactly when, where, or what we will be doing."

Mullah Muhammed Omar, the fugitive Taliban leader ousted by US-led forces in 2001, gave a possible answer - unrelenting holy war awaited all "infidel forces" in Afghanistan. "The people and the Taliban should unite against the US and its allies and intensify their jihad."

Violence is at its highest since 2001 with 1,500 killed this year. And fighting involving al-Qaida acolytes, Taliban remnants, and tribal factions is fiercest in the Pashtun provinces of Helmand, Kandahar and Uruzgan where Isaf is heading. Western governments maintain September's elections were another step to a democratic, stable Afghanistan. But successful candidates included former Taliban, fundamentalists, drug lords, and mujahideen. Emma Bonino, who led the EU's observer mission, predicted the elections would not produce a "sustainable" political culture. President Hamid Karzai's government, under pressure for allegedly squandering reconstruction aid and failing to improve basic services, struggles to assert its authority outside Kabul, particularly in the south.

How Isaf will tackle counter-insurgency and counter-narcotics once most of 4,000 US troops in the south withdraw next spring has sparked intense debate in Nato. Sensitivities at Washington's "war on terror" mean some European allies will stick to peacekeeping and reconstruction. But Britain, which takes command of Isaf in May, also needs help in Helmand. It is in talks with a putative "old empire" alliance of Australia, Canada, and New Zealand. Uncertainty about whether backing will be forthcoming is causing concern. "The announcement of the deployment seems to have been delayed because there is disagreement about operational issues and rules of engagement," Michael Ancram, shadow defence secretary, said yesterday. "My guess is that there is a dispute about what Isaf will do. If not careful, they could end up with two sets of rules: one for peacekeeping, and one for counter-insurgency. That would court disaster." He said the mission was worthwhile. "Sixty percent of Afghanistan's economy is drug-based. There'll never be stability until that changes. And we've always said, when it comes to fighting al-Qaida and the Taliban, we'll do whatever it takes."

 

"NON POSSIAMO ABBANDONARE UN PAESE CHE STA RINASCENDO"

La Repubblica - 26 giugno 2006


Emma Bonino: se l´Italia vuole avere un ruolo internazionale deve prendersi le sue responsabilità


di Francesca Caferri


SANA´A - Il viso di Emma Bonino si fa serio quando da poco sono passate le dieci. Dal palco della conferenza di Sana´a sulla libertà di stampa a cui il ministro partecipa prende la parola Abdullah Saleh, da 28 anni presidente dello Yemen. Saleh inizia a parlare di doppio standard dell´Occidente sul conflitto arabo-israeliano, di occupazione americana dell´Iraq, di necessaria reazione del mondo arabo alle pressioni esterne. Bonino, che dell´ingresso dello Yemen nel Dad - l´iniziativa del G8 Democracy assistance for dialogue, che mette insieme governi e società civile dei paesi del mondo arabo - è sempre stata sostenitrice, si rabbuia. Improvvisamente, una strada che sembrava in discesa è tornata ad essere piena di ostacoli.

Che succede ministro Bonino? Nel mondo arabo torniamo indietro anche nei paesi dove si pensava che i concetti di dialogo e apertura fossero già accettati?

«Non direi questo. Piuttosto che un processo come il Dad, che nasce dall´idea che i paesi coinvolti siano disposti ad accettare che i molti problemi della regione non siano più un alibi per fermare il cammino delle riforme, ha bisogno di essere rafforzato. Le parole di Saleh ci hanno molto sorpreso: poi mi ha detto di essere stato frainteso. Ne traggo una lezione: che occorre sostenere e premiare i paesi che si aprono per bilanciare eventuali momenti di smarrimento. Sono in Yemen anche come ministro per il Commercio per l´estero: voglio capire se è possibile "agganciare" il paese anche dal punto di vista del commercio e dello sviluppo industriale. Non possiamo abbandonare i paesi che hanno intrapreso un certo cammino».

Compreso l´Afghanistan?

«Certo, l´Afghanistan ha intrapreso un cammino, ma non lo ha completato. Da una parte ci sono quelli che si aspettano che nel giro di due anni si trasformi in un modello di democrazia, dall´altra quelli che dicono che tutto va male e andrà peggio. Io dico che gli afgani sono a metà del guado e lasciarli ora sarebbe irresponsabile».

Nel governo non tutti sono d´accordo con lei. Rischiate la prima battuta d´arresto sul rifinanziamento della missione.

«Nella coalizione occorre un po´ di rigore. Questa è una missione delle Nazioni Unite, in cui un governo eletto democraticamente ci chiede di restare e anzi di fare di più. Lo stesso chiede la società civile. Quali sono allora le motivazioni per cui dovremmo andarcene? Solo quelle ideologiche? Io credo che un Paese che vuole crescere sulla scena internazionale deve prendersi la responsabilità di non abbandonare a metà strada una nazione che sta cambiando».

Sta cambiando davvero l´Afghanistan? Dalle ultime esplosioni di violenza non sembra che sia stata fatta molta strada negli ultimi anni.

«Sono stata in Afghanistan per la prima volta nel 1997: da allora non c´è mai stato giorno in cui il dossier Afghanistan non sia stato, per un motivo o per l´altro, sulla mia scrivania. Chi non vuole vedere il cambiamento lo fa solo per motivi ideologici. Basta fare uno sforzo e parlare con la gente per vedere cosa c´è di diverso rispetto al passato: non tutto è risolto, ma almeno le donne vanno a lavorare e i ragazzini a scuola. Ci vorrà una generazione per arrivare a progressi completi, sono processi lenti. Le proteste ci sono state perché gli afgani avevano grandi aspettative e in parte sono delusi. Ma già vedere migliaia di bambine con il grembiule e la cartella è una cosa bellissima».

Che contributo dà l´Italia a questo cambiamento?

«Inanzitutto siamo leading country in un progetto fondamentale, come quello sulla riforma della giustizia. E poi l´Italia, insieme al resto della comunità internazionale sta dando un sostegno fondamentale al presidente Karzai, che in un contesto regionale non proprio benevolo come quello in cui si trova ad operare da solo non avrebbe certo un gran peso».

Il ministro D´Alema ha detto ieri a Repubblica che la presenza italiana in Afghanistan non deve cambiare. Condivide?

«Senza dubbio. Non sono io a poter dire se servono più carri armati o più militari, ma è certamente importante incrementare la nostra presenza sul piano diplomatico, su quello istituzionale e in settori come quello della formazione e dell´istruzione: il futuro dell´Afghanistan è la prossima generazione, dobbiamo sostenere loro».

Significa che dovremo rimanere in Afghanistan fino a che la prossima generazione non sarà cresciuta?

«Magari non militarmente. Appena sarà possibile credo che saremo tutti contenti di venire via. Ma spero che dal punto di vista dello sviluppo economico e sociale non ci stancheremo tanto presto di sostenere l´Afghanistan».

Crede che puntando su una maggiore presenza civile riuscirete a convincere la parte più recalcitrante della coalizione ad appoggiare il rifinanziamento?

«Non lo so. Ma spero che anche la parte più massimalista della coalizione sappia capire che il mondo globalizzato non è solo uno slogan e che se lasciassimo l´Afghanistan oggi ci troveremmo nei guai nel futuro. Questa è un´operazione della Nato e delle Nazioni Unite: se un paese che è la settima potenza industriale del mondo decidesse, come vorrebbero loro, di dire no a tutte le missioni di questo tipo, di non assumersi più responsabilità fuori dai confini ci troveremmo di fronte a una situazione grave».

Se quella sinistra non cambierà posizione, il governo cercherà l´appoggio dell´opposizione?

«Questo non lo so. Posso solo dire che su cose come queste ci si augura che la destra giochi in modo responsabile e faccia gli interessi di tutto il paese».