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RIPETIAMO ANCHE QUI: GLI INTERVENTI DEI NOSTRI LETTORI LI RIPORTIAMO "LIBERAMENTE", NON PER PARTITO PRESO O PER ATTRIBUIRE TORTI O RAGIONI  MA PERCHE' E' GIUSTO CERCARE DI CAPIRE - QUINDI LI OSPITIAMO ANCHE SE HANNO UNA TESI DIVERSA DAGLI ALTRI PRESENTI SUL NOSTRO STESSO SITO. OGNUNO DI NOI SA, CHE ESISTONO DIFFERENTI STORIOGRAFIE E DIFFERENTI INTERPRETAZIONI DEI FATTI STORICI. DIFFICILE FARLI CONDIVIDERE O TENTARE DI METTERE D'ACCORDO CULTURE DIVERSE. MA NON PER QUESTO DOBBIAMO RINUNCIARE A TENTARE DI CAPIRE, A COSTO DI RIBALTARE CONTINUAMENTE LA STORIA CHE CONOSCIAMO CHE SPESSO E' NEL SUO ROVESCIO. IMPORTANTE E' INFATTI, METTERE IN DUBBIO LE NOSTRE CONOSCENZE, SOPRATTUTTO QUANDO LA NOSTRA TRACCIA "DIDATTICA" E' IMPOSTA E IMPEDISCE DI FARE UN'ALTRA SCELTA; SCELTA DI CONOSCENZE CHE DOVREBBERO ESSERE TESTIMONIANZA DI LIBERTA', IN CASO CONTRARIO SIGNIFICHEREBBE CHE "LA NOSTRA DEMOCRAZIA LIBERALE NON E' ANCORA COMPIUTA". E QUESTA NON E' UNA INTEPRETAZIONE!.

RESISTENZA

FRA MITO E STORIA

Giovanni De Sio Cesari
( http://www.giovannidesio.it/)

Certo Evviva i Partigiani: la celebrazione della Resistenza è un momento alto della nostra democrazia ed è importante, opportuno, giusto ricordare la Resistenza celebrare i suoi ideali così come si è fatto per tanti anni per la celebrazione della Risorgimento. E’ necessario che un popolo abbia delle feste che celebrino gli ideali ai quali la nazione tutta e lo Stato possano riconoscersi.

Tuttavia come in tutte le celebrazioni la verità storica passa in seconda piano. Vogliamo in questa sede invece evidenziare la effettiva realtà storica di quel 25 aprile trasfigurato nei ricordi e nel suo assurgere a simbolo.

Io naturalmente per ragioni anagrafiche non ho vissuto il periodo della Resistenza e del dopoguerra: tuttavia quando ero ragazzo ero particolarmente interessato a questi avvenimenti e ascoltavo con grandissimo interesse tutti i racconti che facevano gli adulti (a me apparivano vecchi) che vi avevano partecipato. In questo modo è come se io avessi vissuto personalmente anche guerra e dopoguerra.

Ma a scuola, nei libri, nelle celebrazioni leggevo cose diverse : più precisamente i fatti erano gli stessi ma venivano presentati in modo che sembrassero molto diversi: solo in seguito sono riuscito a capire e metter insieme le due versioni rendendomi conto che era nata una "mitizzazione" un agiografia della Resistenza ( e della guerra) simile a quanto era avvenuto per il Risorgimento. Si tratta di un fatto di grande importanza civile e politico sociale come prima ho ribadito, certamente, ma la verità storica è diversa: ogni volta che mi capita di dire "ovvietà storiche" (come che i tedeschi non furono sconfitti dai Partigiani) che tutti quelli che hanno partecipato sanno perfettamente, accade che tutti quelli che non hanno esperienza diretta di quegli avvenimenti ( o non si sono storicamente interessati) appaiono stupiti, indignati. Pensano a chi sa a quale strana manovra, gridano al ”revisionismo”.

Non credo nemmeno che si possa dire che questo o quello diminuiscono il valore della Resistenza, e cose del genere: un fatto può essere vero o falso ma non ha senso pensare che non si debba dire perchè avrebbe questo o quell'effetto negativo.

Nella presentazione scolastica celebrativa della Resistenza io avevo capito questi punti essenziali:

1. i tedeschi avevano invaso l'italia
2. c'era stata una rivolta ( Resistenza e partigiani)
3. alla fine i partigiani avevano sconfitto i tedeschi
4. e restaurato libertà e democrazia

In realtà tutti questi punti se non proprio falsi sono comunque enunciati in modo tale da dare una idea diversa
Schematicamente vediamo la realtà, non opinioni, ma fatti scontati:

1) a invadere l'italia erano stati gli Americani. I tedeschi vi si trovavano come alleati: quando l'Italia cessò la guerra, per i Tedeschi sarebbe stato una grande vantaggio che l'Italia fosse diventata neutrale perché avrebbero potuto sguarnire il fronte meridionale. Ma in realtà gli alleati non lo avrebbero certo permesso e i Tedeschi non potevano certo lasciare l'Italia agli alleati: sarebbe stato assurdo e infatti nessuno propose una cosa del genere. Quindi non poterono fare a meno di occuparla e disarmare l'esercito.

2) la lotta fu in effetti anche una guerra civile. Non tutti gli italiani furono contro i tedeschi: gli aderenti a Salò furono più numerosi dei partigiani, i bombardamenti alleati (sull'Italia del nord) fecero quasi tanti morti che la guerra partigiana. Diciamo realisticamente che la grande maggioranza della popolazione, stretta fra rastrellamenti tedeschi e bombardamenti americani, cercava di sopravvivere, era alla ricerca disperata di cibo, anelava soprattutto alla fine della guerra.

3) non furono i partigiani a sconfiggere i tedeschi ma le armate alleate: il contributo partigiano fu praticamente irrilevante sul piano militare e osteggiato dagli americani stessi. Quando si dice che i partigiani liberarono l'Italia del nord alla fine di aprile del 45 si dice una cosa verissima, ma detta così può dare adito a fraintendimenti: infatti quando me lo dissero a scuola io capii che i partigiani avevano sconfitto i tedeschi.
In realtà la Germania era stata investita dall'est e dall'ovest da potentissime armate di milioni di uomini, colpita da bombardamenti devastanti. In quell'aprile ormai era quasi tutta occupata, assolutamente e irrimediabilmente sconfitta: per questo i reparti tedeschi in Italia cercavano di fuggire per ritornar a casa. In questa situazione i partigiani allora occuparono le città dando nel contempo la possibilità ai tedeschi di ritirarsi e di mettersi in salvo.
Non avvenne come era avvenuto per esempio nel 1848 a Milano quando gli austriaci dovettero abbandonare la città sotto la pressione della rivolta popolare: i tedeschi si ritiravano perchè la guerra era persa non certamente perché messi in fuga dai partigiani.

4) Il problema più importante pero è se La Resistenza può considerarsi la matrice della nostra democrazia nella forma della Costituzione, se cioè siano stati realmente i partigiani a restaurare la libertà in Italia.

Occorre allora qui fare un discorso molto più ampio e articolato.

Innanzi tutto facciamo chiarezza linguistica: democrazia significa tante cose e le più diverse: quella pero che noi celebriamo il 25 aprile è quella parlamentare con pluralità di partiti e libertà di dissenso nella quale tutti i partiti possono governare se hanno la maggioranza dei voti degli elettori: un governo democratico quindi è semplicemente un governo eletto liberamente, di destra, centro o sinistra che sia e non si può dire che un governo eletto sia “più” democratico di un altro. Vi è però correntemente un altro significato di “democratico “ in uso soprattutto in alcune componenti della sinistra. Per “democratico” si intende un partito che faccia gli interessi dei lavoratori (popolo, proletariato, e quanto altro). Quindi alcuni partiti e alcuni governi sono considerati democratici o più democratici di altri: in termini semplici democratico diventa sinonimo “di sinistra” Non vogliamo discutere ora questa accezione che può essere anche valida; ci basti pero mettere in luce che essa non corrisponde a quello che il nostro ordinamento costituzionale prefigura.

Ma quale era il modello di democrazia diffuso fra i partigiani?

Parlare di antifascismo come un ideale unico non ha fondamento: in realtà vi era una opposizione democratica (borghese, liberale) e una comunista .

In tutto il mondo d'altra parte democrazie liberali e comunisti si unirono occasionalmente contro il nazismo per dividersi subito dopo nuovamente (guerra fredda).

La storia del 900 per 70 anni è stata dominata dallo scontro fra comunismo (proletariato, democrazia popolare, dittatura, come preferite) e capitalismo (borghesia, democrazia formale , parlamentare, libertà, libera iniziativa, come preferite).

ll fascismo era visto dai comunisti come una variante della democrazia liberale (borghese) . La teoria era che laddove la borghesia non riusciva a dominare i proletari con la "truffa" parlamentare ricorreva alle dittature fasciste. Non so se la teoria fosse esatta: tuttavia è indubbio che il fascismo fu favorito essenzialmente da tutti quelli che temevano la rivoluzione comunista ( borghesia, ricchi, conservatori, e anche la chiesa) : solo così si spiegano il successo di movimenti così inconsistenti e insulsi come il fascismo e il nazismo.

Non tutti i partigiani erano comunisti , è vero, ma i comunisti erano la parte non tanto più numerosa quanto la più decisa e la più organizzata.

I comunisti naturalmente aspiravano a un regime comunista: sarebbe stato ben strano il contrario. Quindi se avessero preso il potere i partigiani è presumibile che in Italia si sarebbe instaurato un regime comunista come avvenne in tutta l'Europa orientale dalla Polonia alla Romania all’Albania fra l’entusiastica approvazione dei comunisti italiani.

Mettiamoci nella prospettiva di un partigiano comunista ma comunista del 1945 non un DS del 2005 come Fassino o D'Alema.

Il comunista era preso da un grande sogno che gli sembrava però reale, a portata di mano: un mondo libero, di uguali senza sfruttati e senza sfruttatori, pacifico e prospero. Egli credeva fermamente che quel modo si stava gia realizzando in Russia, che Stalin era la grande guida, che aveva la forza e la determinazione per schiacciare senza pietà traditori, provocatori, spie che assediavano e si infiltravano da ogni dove con diabolica astuzia.

Per questo ideale il comunista era pronto a uccidere e a morire e far morire anche i suoi. per questo combatteva i nazisti, l'ultima estrema espressione dell'oppressione borghese capitalistica. E quando dopo due anni di stenti e pericoli e sangue , nella primavera del 45 i tedeschi fuggivano e le città erano liberate pensava che il sogno si stava realizzando. Ma poi vedeva che, fuggiti i Tedeschi, da ogni dove uscivano i nemici del proletariato: dalle sagrestie uscivano gli agenti piu subdoli (nulla contro Dio ma i preti erano gli strumenti della borghesia, lo sapevano tutti) ) , dal Vaticano saltava fuori De Gasperi conservato da 20 anni, i fascisti si riciclavano, e i podestà si improvvisavano sindaci democratici, i borghesi imboscati si davano aria di antifascisti e reclamavano il potere. Tutti poi erano sostenuti dall'esercito dell'America, caposaldo per definizione del capitalismo.

Il partigiano comunista avrebbe spazzato tutti con una sventagliata di mitra, non capiva perchè non avrebbe dovuto farlo: però Togliatti che sapeva le cose perchè veniva da Mosca ed era il più vicino a Stalin, diceva che non si doveva usare le armi, che bisognava accettare il Concordato con i preti, che bisognava amnistiare i fascisti, che la rivoluzione comunista era rimandata ad altri tempi e che ora invece bisognava accettare una costituzione borghese e liberale.

Il comunista che aveva fede nella guida del Partito, di Togliatti e di Stalin: depose le armi . Ma  il comunismo non venne: venne invece la democrazia cristiana, il predominio della chiesa, governi di centro e centro destra, il liberismo economico, il capitalismo.

Ma la cosa più strana fu che si disse che tutto questo era il risultato della lotta partigiana, che i valori della democrazia borghese erano quelli dei partigiani.

Ma il comunista voleva il comunismo, non il capitalismo. Gli si disse che li avrebbe avuto in seguito ma più gli anni passavano più il comunismo si allontanava finchè pure il comunismo spari: che tristezza.

Quando noi diciamo che la nostra democrazia nasce dai Partigiani (in maggioranza comunisti) è come se dicessimo che i comunisti fondarono una democrazia parlamentare (da essi definita: borghese, capitalistica ) il che appare ben strano.

Bisogna anche bene intendere il fatto che Togliatti con la svolta di Salerno collaborò con gli altri partiti (borghesi secondo la definizione del tempo) e che bloccò anche lo scoppio di una rivoluzione comunista in occasione dell’attentato di un estremista contro la sua persona . Detto cosi sembrerebbe che Togliatti e il gruppo dirigente comunista non vollero usare la forza per impadronirsi del potere cosa che suonerebbe veramente strana nel momento in cui invece applaudivano entusiasticamente all’instaurazione del comunismo con la forza e senza legittimazione elettorale in tutti i paesi dell’est .

In realtà Togliatti semplicemente valutò che in Italia non sarebbe stato possibile la rivoluzione per il rapporto di forze. I detrattori di Togliatti dissero che egli ubbidiva semplicemente agli ordini di Stalin , i fautori invece che era una sua opportuna valutazione: in effetti una teoria poi non esclude l’altra ma certamente nessuno dirigente comunista avrebbe potuto dire ai partigiani comunisti o agli operai in rivolta dopo l’attentato a Togliatti che non avrebbero dovuto usare la forza perchè contrarie alle regole della democrazia borghese; sarebbero stata una impensabile follia.

In realtà democrazie e libertà ( secondo la nostra costituzione) si sono affermate proprio perchè i Partigiani NON presero il potere. Esse poterono affermarsi in Italia perchè negli accordi fra Russi e Americani l'Italia restò nella sfera di influenza americana e non fu possibile ai comunisti (praticamente ai partigiani) di prendere il potere con le armi.

Come abbiamo visto libertà e democrazia erano valori solo di una parte (minoritaria ) dei partigiani: dopo la guerra infatti essi furono accuratamente emarginati dai centri del potere perchè sospetti di essere democratici solo per motivi tattici.

In realtà furono le elezioni del '48 che sancirono con il voto popolare la formazione di una democrazia di carattere occidentale liberale e parlamentare. Anzi l’opposizione comunista che per oltre 30 anni non riuscì a distaccasi del tutto dal modello sovietico (del partito unico) finì con rendere la nostra una “democrazia imperfetta” e solo dopo il crollo del muro di Berlino e l’implosione del comunismo abbiamo effettivamente la possibilità di una vera alternanza al governo.

Alcuni (Rifondazione e dintorni) ritengono che il fallimento del comunismo (reale) sia dovuto a gravi errori, a deviazioni, a circostanze varie e sostengono che le ragioni teoriche non siano venute meno: pensano allora che il comunismo si affermerà un giorno, magari fra qualche generazione. E' una rispettabilissima opinione, che ha il suo fondamento.

Ma non bisogna dimenticare la mentalità del tempo della lotta partigiana: il comunismo staliniamo appariva a tanti come la più grande conquista dell'umanità, lo stesso Stalin come il più grande uomo mai vissuto e la gente diceva "adda veni Baffone": solo con il senno di poi abbiamo capito chi era Stalin e cosa è stato il comunismo.

Questo non significa non condannare il nazismo, non ammirare i partigiani, non dare importanza alla Resistenza , non essere per la libertà e la democrazia: ma i fatti sono fatti e devono essere rispettati.

Non significa nemmeno che il singolo combattente partigiano volesse personalmente prendere il potere: ma evidentemente voleva che lo stato si formasse secondo gli ideali che riteneva più giusti: sarebbe veramente strano il contrario.

Ribadisco ancora che io non sono un nostalgico del fascismo, non ho nessuna simpatia per il fascismo o il nazismo, sono contrario a qualunque forma di nazionalismo e anzi non condivido nemmeno l'idea stessa di nazione.

Ritengo che i partigiani siano persone da ammirare e da lodare, non nego affatto il valore della Resistenza , penso che BISOGNA festeggiare con gioia il 25 aprile.

Non credo di aver detto cose opinabili, o strane o nuove ma solo delle semplici constatazioni di fatto che tutti quelli che avevano vissuto quel periodo, di qualunque tendenza fossero condividevano pienamente.

Non si tratta di revisionismo ma semplici, banali fatti di cui non vedo come si possa dubitare.
La realtà è sempre estremamente complicata , è sempre indefinitivamente interpretabile e quindi in campo pedagogico e politico occorre pur sempre semplificarla. Si presentano da una parte i "buoni" ( i patrioti, i partigiani ) e dall'altra i "cattivi" (i tedeschi , i fascisti ) perchè solo cosi i ragazzi possono comprendere e condividere i valori della libertà. Lo stesso avviene nelle celebrazioni ufficiali di carattere patriottico e politico.

Il problema è che quando si passa poi all'esame delle situazioni oggettivo, non celebrativo, non agiografico cioè alla “storia”, la prima cognizione che abbiamo ricevuto (semplificativa) ci rimane addosso, nel fondo, e ci è difficile vedere poi le cose per come sono.

Ma sarebbe tempo che vedessimo veramente i fatti che sono avvenuti: accade invece che per motivi politici e propagandistici di questa o quella parte politica man mano che passa il tempo quei fatti vengano sempre più dimenticati e sostituiti con fantasie.

Nei primi anni del dopoguerra infatti la letteratura e anche il cinema furono più aderenti alla realtà. Basta, ad esempio ricordare "La ragazze di Bube" del partigiano Cassola, anche molto esaltato dalla sinistre che tratta del problema degli assassini politici e comuni avvenuti dopo la Liberazione: parlare di questi argomenti sembra oggigiorno un attentato alla Resistenza.

Anche nel cinema ad esempio nel "Le quattro giornate di Napoli" si riporta molto fedelmente l’avvenimento come una spontanea rivolta scoppiata soprattutto per la pretesa dei tedeschi di deportare gli uomini come lavoratori in Germania mentre il significato politico restava molto in secondo piano: poi in seguito lo scugnizzo è diventato un combattente antifascista della libertà.

Giovanni De Sio Cesari

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