Pubblicato in "Osservatorio intenazionale  " marzo   08,n 54  ,anno V                    HOME 

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MEDIO ORIENTE:  CHE FARE ?

 

di Giovanni De Sio Cesari

 

La situazione politica in M O non sembra sulla sperata via della  stabilizzazione e le operazioni militari sembrano non portare soluzioni concrete  L’Iraq è in pieno  caos, nell’Afganistan  vaste zone sfuggono di fatto al controllo del governo centrale,  in Palestina la via della pacificazione pare che si sia proprio smarrita, l’Iran vuole accedere al nucleare, in tutta l’area la tensione è sempre altissima

Ogni occidentale si chiede allora: che fare?

 Diciamo meglio: quali sono le opzioni possibili ,effettivamente  praticabili

 Sono tante ma si possono ricondurre a tre poli fondamentali: ritirarsi, insistere nella attuale politica, passare a una realpolitik

Non ci poniamo il problema di quale sarebbe la miglior ma semplicemente di quale sarebbe quella effettivamente praticabile 

 

 RITIRARSI

Un prima risposta potrebbe essere: ritirarsi dall’area , non interferire politicamente e soprattutto militarmente

Tale opzione è sostenuta da quanti ritengono che  gli interventi politici e militari siano dovuti sostanzialmente alla politica egemonica  degli USA  ad interessi economici delle grandi multinazionali e anche  di singoli personaggi dell’amministrazione americana ; non esisterebbe quindi un pericolo fondamentalista per l’Occidente , l’11 settembre è stata una  solo un pretesto, forse una macchinazione della CIA, gli insurgeant sono dei “resistenti” all’invasione americana: basta cessare l’invasione e il problema è risolto

Notiamo pero che essa, anche se non manca di popolarità presso il grosso pubblico, in realtà è confinata in ambienti cosi detti alternativi di contestazione, per definizione lontani  dai centri del potere  e non è condivisa da nessuna delle forze politiche al potere in Occidente ,

L’Italia costituisce in questo  una  eccezione legata al particolare sistema elettorale: tuttavia anche in Italia, se il governo dovesse inclinare verso una tale opinione  sarebbe immediatamente travolto come le crisi dovuta alla base di Vicenza e al rifinanziamento della missioni in Afganistan hanno chiaramente evidenziato 

Le forze politiche che governano l’Occidente concordano invece che effettivamente il fondamentalismo islamico è un reale pericolo, che non è pensabile che si lasci che esso conquisti  a mano armata tutto lo sterminato mondo mussulmano: interessi personali e commerciali non vanno enfatizzati e comunque sono presenti in tutti  gli avvenimenti storici. Le differenze fra le forze politiche  nascono sui mezzi per combatterlo non sul fatto che debba essere combattuto.

Non entriamo nel merito della fondatezza di tali teorie che chiamano in causa complesse interpretazioni di tutta la realtà moderna : basta constatare  che la concezione  che è sottesa la ritiro  non è condivisa e non ha possibilità di essere condivisa a breve ( diciamo, almeno per una generazione) dalle forze politiche maggioritarie in Occidente.

Pertanto non può essere presa realisticamente in considerazione

 

INSISTERE NELLA ATTUALE POLITICA

La cosi detta dottrina di Bush intendeva risolvere alla radice  ll fenomeno del terrorismo e del fondamentalismo: questi  nascono  dalla arretratezza del mondo medio orientale: portare la democrazia ( meglio:la modernità) è l’unico mezzo veramente efficace L’intervento in Iraq risponde a questo criterio  dell’Iraq:  il fine principale era di instaurare una democrazia che poi si sarebbe allargata con effetto domino a tutto il medio oriente.

Dopo cinque anni questa politica non sembra dare  risultati.

 In Iraq si è sciolta la polizia, l’esercito,  l’apparato dello stato legato a Saddam con la speranza che si facesse avanti la cosi detta  società civile e democratica. Questa però si è rivelata troppo debole e sottile,  mentre invece sono esplose ogni sorta di violenze ed estremismi  e poi una guerra civile  etnica che pare inarrestabile

 In Afganistan  il governo Karzai, pure eletto democraticamente, non riesce a controllare il territorio nazionale e i talebani sembrano riprendere vigore,

Anche in Palestina si riteneva che dalle  elezioni democratiche sarebbe nato un governo moderato disposto a negoziati invece la maggioranza è andata all’intransigente HAMAS 

I sostenitori ribattono che si sono fatti grossi passi nella direzione della democrazia e della modernità :occorre però tempo per un processo che è lungo,complesso,difficile. non bisogna  lasciarsi scoraggiare dagli insuccessi che sono inevitabili. Bisogna quindi insistere e con il tempo e la tenacia i risultati non mancheranno

Le opinioni pubbliche occidentali pero non sembrano però disposte a sopportare nè lo stillicidio dei propri  militari caduti, nè le stragi di civili inevitabili in una guerra del genere

 Insomma lo spettacolo delle bare  che tornano o dei bambini bruciati dal fosforo non possono essere tollerate a lungo

Non pare quindi che si possa insistere ancora a lungo in questa direzione

 

 REALPOLITIK

L’alternativa può essere una realpolitik simile a quella adottata nella lotta di contenimento al comunismo internazionale : il principio è  che il nemico del mio nemico è mio amico o meglio alleato,chiunque esso sia: Infatti gli americani appoggiarono apertamente o  tacitamente tutti quelli che si opponevano al comunismo senza badare se fossero  democratici, fanatici religiosi, dittatori sanguinari. Hanno appoggiato infatti non solo le  grandi democrazia europee  ma anche Pinochet, ngo-diem, lo Scia e anche i fondamentalisti islamici in Afganistan. Questo politica ha avuto una indubbia efficacia comunque la si voglia poi giudicare dal punto di vista etico. Anche l’estremismo sciita di Khomeini  (che poi ha dato lo spunto a tutti gli altri estremismi islamici) è stato contenuto e spezzato nel suo slancio espansionista  da otto anni di sanguinosa guerra  contro l’Iraq di Saddan Hussein che era già allora un dittatore sanguinario ma che ebbe l’aiuto dell’Occidentale  (oltre che russo e arabo)

In questa prospettiva, per esemplificare,  gli americani avrebbero potuto mettere al posto di Saddam Hussein qualche suo generale che si dichiarasse filoamericano mantenendo inalterato l’apparato di potere dello stato iracheno  in Afganistan potrebbero appoggiare questo o quel signore della guerra  che eliminasse  i talebani e al qaeda senza pretendere di modernizzare lo stato e cosi via

Il mondo  mediorientale è instabile, pieno di rivalità interne di ogni genere : è sempre possibile far leva su questo o quel contrasto  etnico-religioso per trovare preziosi alleati. D’altronde gia in Afganistan si è utilizzata l’alleanza de nord ( Usbeki e TYagiki), in Iraq Curdi e sciiti che in  verità di democratico non avevano molto

In questo modo la guerra al terrorismo continuerebbe  come vogliono i governi e le opinioni pubbliche non si sentirebbero troppo colpevoli dei tanti morti. Il numero di  morti nella guerra Iraq –iran è stata dieci o venti volte superiore a quello seguente l’intervento americano e in Afgnistan quello delle vittime delle lotte fra le fazioni sarà stato forse  cento volte superiore a quello dell’intervento occidentale:  ma  l’opinione pubblica occidentale non si sente responsabile di quelle morti

La realpolitik in conclusione ci sembra   veramente la soluzione peggiore dal punto di vista umanitario e anche la meno risolutiva: tuttavia temiamo che sia l’unica che sia effettivamente percorribile