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La Sentinella

Martedì 27 luglio 2004

 

11 settembre: un colpo di genio?

 

Ci poniamo innanzitutto il problema di quali fossero i motivi profondi, non occasionali, che spinsero un gruppo di islamici all’attacco all’America dell’11 settembre 2001.

 

Possiamo attribuire l’azione a una reazione contro la politica USA, ma solo a livello generale, cioè non a particolari atti politici ma alla presenza stessa degli USA e degli Occidentali nel mondo islamico.

 

Negli anni precedenti infatti, gli Usa erano stati alleati dei movimenti più religiosi in funzione anticomunista, mentre i movimenti laici guardavano in genere alla Russia. Gli USA avevano addirittura appoggiato lo stesso bin Laden in Afghanistan.

 

Non a caso il più fedele alleato degli Usa è stata la monarchia wahabita dell'Arabia (i wahabiti sono il movimento di riferimento di bin Laden.), l'unica ad avere osservata sempre la shari'ah. La politica Usa era fortemente sbilanciata verso l'Islam più integralista e di questo infatti viene accusata. Perchè mai allora l'incredibile attacco alle Torre Gemelle e al Pentagono?

 

Bisogna partire dal mondo arabo per spiegare un fenomeno tutto interno al mondo arabo-islamico.

 

Da modello a “Satana”

 

Prima degli anni 80 prevalsero nel mondo arabo correnti che più o meno esplicitamente si ispirarono alla cultura occidentale, in genere al modello socialista. Basterà ricordare  il Nasserismo, ma anche i Morabitum del Libano, gli stessi Palestinesi di al Fatah e i partiti Baath di Siria ed Iraq  (il partito Baath era un partito socialista). Ma questa opera di modernizzazione non ha dato i frutti sperati per motivi che qui non esaminiamo.

 

Correnti allora integraliste islamiche che qui indichiamo con il temine generico e improprio di "fondamentalismo" hanno preso consistenza e rilievo, ed é nata quindi una lotta tutta interna al mondo arabo-mussulmano fra coloro che intendevano portare avanti l'opera di modernizzazione in senso occidentale e coloro che invece ritenevano che il rinnovamento poteva venire solo da un ritorno integrale all'Islam.

 

In particolare, Khomeini definì l'America il "grande Satana". Il termine “Satana ", più ancora che  "nemico", può essere inteso come "tentatore". Infatti l'Occidente, con il suo benessere, con le sue vetrine scintillanti e con la sua potenza economica, può rappresentare la tentazione di seguire una via diversa da quella indicata da Allah.

 

L'Occidente, da un punto di vista del rigorismo islamico, è  il "male": è egoismo eretto a sistema, immoralità contrabbandata come libertà, prostituzione come costume abituale. Bisogna allora contrapporre a tanto  male il ritorno integrale al Corano, la purificazione da ogni influsso occidentale. Come è stato autorevolmente affermato, il fondamentalismo avversa l'America e l'Occidente non per quello che " fa",  ma per quello che "è'", dato che potrebbe contagiare anche l'Islam : questo è il punto fondamentale.

 

Si alza il tiro

 

Il conflitto fra le due fazioni arabe – come era forse inevitabile in un mondo come quello arabo, non democratico,  è passato dal piano puramente culturale al confronto politico e militare. In Iran esplose la rivoluzione sciita, una vera rivoluzione popolare, come concordano tutti gli osservatori.

 

In qualche altro paese prevalse qualche regime integralista, ma nel complesso le élites rivolte all'occidente hanno mantenuto il potere. Anche nei paesi dove il fondamentalismo si era affermato, i frutti non erano stati quelli sperati, e alla fine degli anni 90 l'integralismo politico ispirato all'Islam sembrava in declino.

 

L' Iran si era impantanato in una guerra inutile contro l'Iraq costata un milione di morti, il Fronte Islamico di Salvezza (Front Islamique du Salut - FIS) in Algeria si era ridotto a  puro terrorismo ed in Afghanistan i Talebani arrivarono alla distruzione dei  televisori.

 

A questo punto alcuni gruppi hanno ritenuto che il vero nemico da colpire non fosse rappresentato dai regimi arabi laici, ma dagli occidentali considerati loro protettori. Gruppi come quelli di al Qaeda hanno cioè alzato il tiro colpendo gli USA nella speranza di unire tutti il mondo arabo mussulmano in una guerra comune contro l'Occidente e di fare apparire i regimi arabi non islamici come una emanazione dell'Occidente, del grande Satana, regimi collaborazionisti.

 

Il conflitto  è tutto interno al mondo mussulmano ed è debordato al di fuori di esso quando la parte soccombente ha tentato di riprendere vigore coinvolgendo gli occidentali in un conflitto che non li riguardava e che essi difficilmente riescono anche a comprendere. 

 

Il fondamentalismo ha conseguito così il risultato che si era prefisso: l’America ha portato la guerra in Medio Oriente e il fondamentalismo, che ormai andava spegnendosi, ha ritrovato nuova forza e vigore, si è potuto congiungere al nazionalismo arabo – che è un movimento diverso e per molti tratti antagonista – ha innalzato la bandiera della resistenza all’invasione, della lotta contro i “crociati”, secondo la incauta definizione suggerita proprio da Bush, ha perfino trovato ampia comprensione nella sinistra occidentale, che invece per essi è il “male” in assoluto.

 

L’invasione dell’Iraq ha coronato il sogno di ogni fondamentalista: una guerra grande e generale di resistenza del popolo islamico contro l’invasore cristiano, senza perdersi in guerre inconcludenti e fratricide nell’ambito stesso della Umma (comunità dei fedeli).

I pasdaran iraniani morivano lottando contro l’esercito iracheno, anche esso islamico, così come i talebani Pashtun lottavano contro Tagiki e Uzbeki, anche essi fervidi mussulmani: potevano questi fatti essere considerati jihad? Era poco convincente, ma lottare contro un esercito crociato che marcia in “dar al islam “ (terra dell’Islam), questo si che è facile dichiarare“ jihad”.

In questa prospettiva, l’11 settembre può essere considerato come una grande vittoria del radicalismo islamico, un vero colpo di genio che ha trasformato una guerra interna in una grande guerra religiosa e nazionale.

 

Giovanni De Sio Cesari